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“Valgo più di 7 euro”. Tre giorni di sciopero dei giornalisti del Messaggero

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La categoria stia compattamente con i giornalisti collaboratori del Messaggero che, d’intesa con la Fnsi, hanno proclamato tre giorni di sciopero con la parola d’ordine “Valgo più di 7 euro”, raccogliendo crescenti solidarietà non solo tra i colleghi. Una vicinanza che va espressa anche dando notizia e visibilità nelle cronache alla mobilitazione di questi lavoratori che, da venerdì 10 a domenica 12 luglio, chiuderanno i taccuini perché si apra l’auspicato confronto con la proprietà del quotidiano di via del Tritone.

Evidentemente l’azienda era convinta bastasse una mail per far passare l’aut aut: dal 14 luglio si tagliano i compensi in media del 20%, prendere o lasciare. La risposta dei lavoratori alla comunicazione del 15 giugno scorso, con il sostegno del sindacato unitario, è stata l’organizzazione in assemblea permanente, con la proclamazione dello stato di agitazione il 23 giugno e la richiesta di un tavolo, ignorata fin qui dalla controparte. E allora i collaboratori hanno deciso di fare un passo oltre e incrociare le braccia. Un atto perentorio che dà ulteriore forza a una vertenza di valore generale, perché la precarizzazione e i continui tagli sono un problema che drammaticamente attraversa tutto il Paese. Al centro va posto il lavoro buono, con il rispetto delle regole contrattuali collettive. «È auspicabile – ha dichiarato Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi – che questa vertenza, che la Fnsi continuerà a sostenere e per la quale torna a chiedere all’editore di avviare un confronto nel merito senza pregiudiziali e inutili esibizioni muscolari, possa segnare l’inizio di una più ampia mobilitazione.
L’informazione e la tutela della dignità della persona e del lavoro devono tornare al centro del confronto con il governo e con gli editori. La crescita delle diseguaglianze, che mette sempre più a rischio la tenuta sociale del Paese, interessa da tempo anche il mondo dell’informazione: ne prendano atto anche i cosiddetti giornalisti garantiti, per alcuni dei quali la precarietà da sbattere in prima pagina è sempre e soltanto quella di altre categorie di lavoratori».


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