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#BOLOGNA2AGOSTO1980 Un tratto nero. Intervista a Paolo Bolognesi

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«Hanno depositato solo cartacce, pensi che per la Strage di Piazza della Loggia buona parte dei documenti “segreti” depositati sono di fatto una rassegna stampa. I governi Renzi e Gentiloni si sono dimostrati insensibili; non sono mai riuscito neanche a farmi ricevere dall’allora Premier Paolo Gentiloni…».
È un fiume in piena, Paolo Bolognesi, Presidente dell’Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage della Stazione di Bologna del 2 Agosto 1980. A mandare su tutte le furie l’ex Deputato, i file consegnati dai servizi segreti agli archivi pubblici e alle associazioni che si battono per trovare la verità sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia del dopo-guerra, fino agli anni Ottanta. L’abbiamo raggiunto al telefono proprio mentre riceveva da Roma la notizia che il prossimo 30 luglio il Presidente Mattarella sarà a Bologna, per commemorare i quarant’anni delle stragi di Ustica e della Stazione.
«Abbiamo ricevuto pagine e pagine di documenti “pecettati”, con tratti neri sui nomi dei protagonisti di interrogatori e comunicazioni; materiale inutilizzabile. Abbiamo chiesto che ci venissero forniti i curriculum dei terroristi, ma ci è stato risposto che la Direttiva Renzi, quella che doveva autorizzare la desecretazione, prevedeva che fossero fornite informazioni sugli eventi; e non sui nominativi».
Il Segreto di Stato dovrebbe decadere dopo trent’anni, ma per le stragi questa scadenza non è stata automatica; come avete ottenuto il deposito dei documenti?
«Ci siamo costituiti come associazioni, per chiedere che venisse rimosso il Segreto di Stato e ‘solo’ nel 2014 l’abbiamo ottenuto; sono passati 34 anni, dal 2 agosto 1980. Hanno costituito un Comitato a cui non sono state chiamate a sedere le associazioni dei familiari; e hanno deciso cosa doveva essere desecretato e cosa no. Così, alla fine, hanno depositato solo cartacce. Nel 2017 abbiamo elaborato una richiesta in dieci punti, per avere tutto il materiale necessario a perseguire la verità; e oggi ci troviamo in mano documenti in cui sono stati coperti nomi e cognomi. Cosa ce ne facciamo?».

La questione, secondo Bolognesi, è squisitamente politica; in quanto l’accelerata sulla ricerca dei documenti è arrivata solo dopo il 2017, con l’arrivo di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi.
«Quando Vito Crimi, nella sua qualità di Sottosegretario con la responsabilità sui servizi segreti, ha preso in mano la partita, la pratica aveva preso una decisa accelerata; poi, dopo l’estate scorsa e il cambio ai vertici, le cose si sono un po’ congelate. Ora Crimi è tornato all’incarico e speriamo che sia possibile riprendere un dialogo costruttivo. Certo è che decidere di convocare una riunione, per parlare della Strage di Bologna, il 30 luglio, a pochi giorni dal quarantesimo anniversario, non è un segno di delicatezza e attenzione nei confronti di chi è impegnato a organizzare gli eventi…».

Ma secondo lei, come mai si è arrivati a una desecretazione così parziale?
«Guardi, è molto semplice. Quando i documenti ci sono stati presentati abbiamo fatto presente il problema a Gennaro Vecchione, Capo del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza. Lui ci ha spiegato che è stato fatto tutto quello che diceva e permetteva la direttiva Renzi, dell’aprile 2014. Se volevamo altro, loro erano pronti a fare quello che chiedevamo; ma a condizione che fossero modificate le indicazioni impartite con la direttiva».

Quindi, è necessario un nuovo intervento politico…
«Certamente; quando per esempio chiedemmo di ricevere la documentazione sul delitto Mattarella, per comprendere il grado di coinvolgimento di Fioravanti nell’omicidio del Presidente della Regione Sicilia, fu l’intervento di Rosy Bindi, nella sua qualità di Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, a favorire la ricerca dei documenti. Diverso l’atteggiamento della Presidente Casellati, la quale ha annunciato con soddisfazione la desecretazione degli atti delle commissioni d’inchiesta sulle stragi. Documenti inutili, perché le ricerche si fanno per nome e per date, ma se questi dati sono stati cancellati, averli digitalizzati è assolutamente inutile. E pensare che con lo studio dei documenti dell’epoca disponibili, siamo riusiti a far riaprire il processo a Cavallini…».

Il Segreto di Stato è prerogativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la vostra associazione, sul manifesto per i quarant’anni della Strage, scrive: La strage è stata organizzata dai vertici della loggia massonica P2 protetta dai servizi segreti italiani eseguita da terroristi fascisti. Non è imbarazzante che per tanti anni il titolare della tessera 1816, della P2, fosse anche Presidente del Consiglio dei Ministri?
«Certo, ma l’imbarazzo non deve di certo essere mio o dei familiari delle vittime delle stragi».

Perché siamo ancora qui, a quaranta e passa anni dalle bombe, a vedervi battagliare per togliere un Segreto di Stato che dovrebbe essere interesse dello Stato togliere?
«Si ricorda le parole di Tina Anselmi, quando disse che presto ci saremmo imbattuti in una P3 e poi in una P4 e così via? Ecco, di generazione in generazione, il sistema si perpetua. E le persone di fiducia continuano a garantire la copertura di segreti inconfessabili. Si tenga presente che nel corso del Processo Cavallini si è registrato il depistaggio da parte di 3 soggetti che la loro azione l’hanno compiuta meno di un anno fa; e non quarant’anni fa. Probabilmente, per qualcuno il giuramento nei confronti della P2 vale di più di quello prestato alla Repubblica Italiana. Spesso dietro fatti e misfatti degli anni bui della Repubblica si celano retroscena inconfessabili; come dietro al rapimento e all’assassinio di Aldo Moro. O l’omicidio di Pier Paolo Pasolini».

Portavoce Circolo Articolo21 Emilia Romagna


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