a strada (1954) è il primo tassello di una trilogia con protagonista Giulietta Masina (gli altri sono Il bidone e Le notti di Cabiria). A partire poi da La dolce vita e soprattutto da 8 ½ il cinema di Fellini raggiunge uno stile visivamente più “opulento” e onirico, che gli è valso l’onore di diventare un aggettivo conosciuto in tutto il mondo. Rispetto però agli altri film di Fellini, La strada, che potremmo definire neorealista poetico, ancora oggi colpisce per la sua libertà e modernità. È un film bizzarro dove non sono chiari gli intenti del regista, un’incompiutezza che lo rende unico. Negli anni ’50 uscivano i film di Totò ma anche quelli di Rossellini e Visconti, dove spesso le protagoniste erano donne forti e affascinanti, ma pur sempre conformi ad uno stereotipo. Gelsomina invece è una ragazza “particolare”: androgina con evidenti fragilità psichiche. Ma Fellini invece di renderla una macchietta crea un personaggio complesso, dalle mille sfaccettature. Parte del merito naturalmente va alla straordinaria Giulietta Masina, inizialmente nemmeno voluta dai produttori, i quali avrebbero preferito Silvana Mangano.
La strada ci racconta una storia di emarginazione, artisti di strada che hanno scelto una vita difficile ma votata all’arte. C’è molto poesia in queste esistenze precarie che vivono insieme in una sorta di comunità che accoglie e cura, come dimostrano gli artisti circensi quando Zampanò viene arrestato. Ma il film è anche una storia d’amore atipica, segnata dai rapporti di potere, che ai nostri occhi appare inusuale e per certi versi crudele. Zampanò compra letteralmente Gelsomina dalla madre, come aveva già fatto in passato con la sorella. La giovane, che inizialmente si sente triste e sola, piano piano si affeziona a Zampanò e al suo carattere irascibile. Sembra che grazie all’uomo e a quella vita randagia assapori per la prima volta nella sua vita la libertà. Se infatti a casa sua era costretta all’immobilità e alla miseria, per strada si esibisce, suona la tromba e fa ridere i bambini. Finalmente Gelsomina ha un ruolo, uno scopo, che è anche quello di stare vicino a Zampanò, che ai suoi occhi non è più il rude tiranno ma una persona sola, che nessuno ama. E anche l’uomo, incarnato perfettamente da un animalesco Anthony Quinn, a modo suo sviluppa un legame con Gelsomina, anche se poi i suoi limiti strutturali lo portano ad abbandonarla, decisione di cui si pentirà.
Il film, come suggerisce lo stesso titolo, è un road movie per un’Italia rurale che poi sarebbe scomparsa entro pochi anni. Quell’Italia non ancora omologata dal consumismo, dove prevalgono i dialetti e le usanze paesane, di cui parlerà Pasolini successivamente in alcuni articoli e saggi. Ricordiamo che lo stesso scrittore friulano collaborò con Fellini nella stesura dei dialoghi della sceneggiatura di Le notti di Cabiria.