Di Beppe Pisa
Sul meccanismo europeo di stabilità, il Mes, le posizioni nella maggioranza restano distanti. E così per il primo voto in Parlamento, che dovrebbe essere il 15 luglio, sulle comunicazioni del presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo straordinario del 17 e 18 luglio, non si discuterà dell’argomento. La riunione di Bruxelles, infatti, vede all’ordine del giorno un generico “piano di ripresa in risposta alla crisi Covid-19 e il nuovo bilancio a lungo termine dell’UE”. E come conferma Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Politiche Ue, “in queste ore stiamo lavorando con i colleghi della maggioranza in un clima di condivisione degli obiettivi e degli intenti e con il ministro Amendola alla risoluzione sulle comunicazioni del premier in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio che si voterà in Aula probabilmente il 15 luglio e che si concentrerà sul quadro finanziario pluriennale e sul piano Next generation Eu”. Al momento infatti sul Mes il premier e il M5s con lui vogliono aspettare settembre, mentre il Pd da giorni incalza per assumere subito una posizione favorevole all’uso di quei 36-37 miliardi per la spesa sanitaria. Il vero punto è se le opposizioni presenteranno mozioni alternative da mettere in votazione e sulle quali la maggioranza potrebbe spaccarsi. “Per adesso il premier Giuseppe Conte dice che il Mes non serve. Abbiamo fiducia in lui”, ha detto la viceministra dell’Economia Laura Castelli, del Movimento 5 Stelle. Sul prestito Mes da 36 miliardi per la Sanità il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha lanciato una sorta di ultimatum ai 5 Stelle: “Basta tergiversare”. “Non stiamo rinviando” ribatte Castelli, “il tempo viene usato per fare quello che serve. A settembre scriveremo la legge di Bilancio, è quello il momento di capire che fare” riguardo al Mes. Per il ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) dà “risorse con un tasso di interesse più basso rispetto alle condizioni di mercato attuali. Su circa 37 miliardi di cui si parla a oggi – ha proseguito l’esponente dell’esecutivo ospite a ‘In onda’, su La7 – si tratta di circa 500 milioni l’anno, che in 10 anni fanno 5 miliardi che si risparmierebbero”. Inoltre, ha aggiunto Gualtieri, “sarebbe opportuno avere un approccio pragmatico” sul Mes, esaminando “nel dettaglio in modo pratico la questione”. Il ministro ha invitato il M5S a fare una “valutazione pratica e pragmatica dei pro e dei contro di tutte le opzioni. Le faremo nel momento giusto e sono certo – ha detto Gualtieri – che tutti insieme raggiungeremo la soluzione più razionale”. Non dello stesso avviso Matteo Renzi che dice: “Non rinviamo ancora”, “è fondamentale chiudere rapidamente la partita del Mes: i 37 miliardi che servono alla nostra sanità e che, per un motivo ideologico, qualcuno vorrebbe buttare via”. Secondo il leader di Italia viva alla fine “sul Mes si inventeranno qualcosa per renderlo digeribile sui giornali. Ma la sostanza è che quei soldi ci servono, punto. E li prenderemo. Questa è politica, non populismo”. Ma sul Mes è diviso anche il centrodestra, con Berlusconi che sostiene che non si possa dire no e Matteo Salvini che invece spera di mettere in difficoltà la maggioranza di governo: “Portino in aula un voto sul Mes e vediamo cosa voterà il Parlamento che è sovrano. Io penso che la maggioranza sia assolutamente a favore dell’interesse nazionale. Importante è il voto, portino il Mes in Parlamento e vediamo che succede”. Il rischio è che Lega e Cinque stelle si ritrovino nuovamente sulla stessa linea, insieme a Fratelli d’Italia, e dall’altro lato ci siano Pd e Iv insieme a Forza Italia, forse anche per questo la maggioranza ha deciso di sminare la discussione parlamentare sui temi europei preparando una risoluzione che non tocchi l’argomento.
Intesa in maggioranza, modifiche ai decreti Salvini (che però andrebbero cancellati)
Le modifiche ai decreti Sicurezza del precedente governo non saranno solo un’operazione di facciata e interesseranno in particolare le politiche migratorie anche più di quanto richiesto dal Quirinale. Alla fine del vertice di maggioranza al Viminale, i toni tra i ‘soci’ di governo sono distesi. La riunione, dicono il viceministro dell’Interno Matteo Mauri, e il responsabile Sicurezza Pd, Carmelo Miceli, è stata “molto utile perché sono stati approfonditi in modo rilevante diversi aspetti e sono stati compiuti passi avanti significativi. Tra le forze di maggioranza c’è stata grande sintonia per intervenire sui decreti e per farlo in profondità, andando ben oltre le osservazioni del Capo dello Stato. Si è inoltre condivisa la necessità di rivedere complessivamente le politiche migratorie”, spiegano. Giuseppe Brescia, M5S e presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, conferma il clima di accordo e afferma: “Il Movimento 5 Stelle è unito e determinato per chiedere una riforma del sistema dell’accoglienza, capace di assicurare sicurezza, legalità e corretta gestione del denaro pubblico. Un sistema – spiega l’esponente 5s – con 5000 centri di accoglienza straordinaria è insostenibile. Siamo sempre stati post ideologici nell’affrontare il tema dell’immigrazione e continueremo a farlo perché è la strada giusta. Servono soluzioni pragmatiche e razionali, capaci di risolvere problemi, non annunci vuoti e promesse per alimentare la propaganda”. In realtà, detto così è più allarmante di quanto si creda. Non si può dimenticare l’attacco del ministro Di Maio ai “taxi del mare” contro le navi delle Ong umanitarie, né il consenso di M5S ai decreti Salvini.
E francamente appare quanto meno stonata la “soddisfazione” anche in Liberi e uguali, dal momento che sui decreti Salvini aveva sostenuto decine di petizioni a favore della loro cancellazione. Federico Fornaro sottolinea la “disponibiltà” espressa da tutti “all’ascolto e al confronto”. Rimangono delle divergenze – rimarca – ma le modifiche ai decreti Salvini saranno concrete. “La priorità – prosegue Fornaro – è stata giustamente data alla discussione sul merito dei temi delle politiche sull’immigrazione che vede tutti concordi nell’andare oltre le autorevoli osservazioni del Presidente della Repubblica ai decreti sicurezza di Salvini”. Italia viva, con Davide Faraone, capogruppo in Senato, rileva però che i passi avanti compiuti “non sono ancora sufficienti: abbiamo rappresentato alla ministra Lamorgese la necessità di reintrodurre lo ius culturae. Vogliamo riprendere il percorso della legge sulla cittadinanza da dove era stato interrotto, alla fine del governo Renzi: ora come allora pensiamo che una vera integrazione si faccia a partire dai banchi di scuola”. Come si evince da queste dichiarazioni, c’è “soddisfazione” ma non si è capito nulla dei punti sui quali si è stabilita un’intesa, dal momento che ogni forza politica di maggioranza mantiene ferma la propria posizione. Nel frattempo, come spesso denuncia Soumahoro, nelle campagne italiane e non solo, sono sempre più diffuse le pratiche di neoschiavismo nei confronti di chi è più debole, non è tutelato, e manca di diritti essenziali.