Con l’arrivo dell’epidemia di Covid-19 in Europa, il mercato dei traffici illegali di rifiuti è diventato sempre più florido. Negli ultimi mesi, a causa del forte coinvolgimento delle mafie italiane nel settore, si registrano alcune anomalie. La gestione dei rifiuti, in particolare di quelli pericolosi, è pertanto un settore da sorvegliare con attenzione giacché essi hanno anche un enorme impatto negativo sull’ambiente naturale. Gli Stati membri dell’Unione europea investono miliardi di euro, per cui, la gestione dei rifiuti ha offerto immediatamente alle reti criminali mafiose l’opportunità di incrementare le loro attività economiche infiltrandosi nella cd. green economy. L’enorme quantità di rifiuti pericolosi lasciati dai processi di produzione industriale in Europa sta alimentando una domanda crescente dei servizi di smaltimento. Ogni anno in Europa si producono oltre duemila milioni di tonnellate di rifiuti di cui oltre quaranta milioni di tonnellate sono classificati come pericolosi. Le nuove norme meno rigorose, l’aumento dei prezzi per smaltire legalmente i rifiuti e le restrizioni dovute al Coronavirus, portano le mafie a inserirsi più facilmente nel settore proponendo alle industrie condizioni e prezzi allettanti che creano poi un mercato illecito, parallelo e occulto. In questo contesto le mafie giocano un ruolo decisivo: si accordano con le imprese fornendo loro l’opportunità concreta di massimizzare i profitti, riducendo al minimo i costi.
Le nuove mafie, oggi non operano più con violenza e intimidazioni ma si servono dei colletti bianchi e di strumenti corruttivi. I nuovi mafiosi operano legalmente attraverso loro aziende e si presentano come “mediatori” per i servizi di gestione e smaltimento dei rifiuti offrendo prezzi molto più bassi rispetto ad altre società esistenti sul mercato legale. I rifiuti pericolosi, spesso altamente tossici, che fingono di riciclare finiscono poi in discariche illegali sparse attualmente in tutta Europa. Il rischio più grave è che con questo metodo i rifiuti ritornino nell’ambiente in forma diversa e con potenzialità tossiche pericolosissime (pensiamo a un campo ortaggi su terreno adibito a discarica occulta). Gli stessi materiali plastici o affini, possono costituire una minaccia per la salute umana se non sono sottoposti al corretto processo di riconversione. In periodo di Covid-19, quindi, di crisi economica, risparmiare può essere una necessità, per cui, nei diversi settori industriali cresce la richiesta dei servizi di smaltimento illegale di rifiuti. Le mafie sanno cosa e come fare per individuare le imprese e le industrie in crisi offrendo loro servizi specializzati proprio nella gestione dei rifiuti a basso costo. Le società coinvolte in tali attività sono spesso complici – in alcuni casi in accordo preventivo – della criminalità organizzata. Le nuove mafie sono ben organizzate fra loro e le nostre, ad esempio, hanno contatti stretti con tutte le altre associazioni criminali radicate negli Stati membri dell’Unione europea. I rifiuti pericolosi sono in genere trasferiti in uno Stato membro compiacente (es. Slovenia, Bulgaria, Romania).
Le mafie per non destare sospetti pagano addirittura le tasse di riciclo o altri costi associati al corretto smaltimento dei rifiuti che in realtà poi sono stoccati in modo illegale. Europol ed Eurojust assieme alla polizia italiana, circa un anno fa, con l’operazione denominata “Green Tuscany”, hanno scoperto un’associazione criminale che trafficava in rifiuti di plastica dall’Italia verso Cina tramite la Slovenia. L’inchiesta era collegata a un’indagine della Procura Nazionale Antimafia italiana sul traffico illecito di rifiuti tessili che partivano dai porti di Genova, Livorno e Trieste per giungere in Africa. Le società coinvolte in quest’attività illegale operavano anche come mediatori e trasportatori nell’ambito di un sistema parallelo di traffico di rifiuti di plastica. I nuovi mafiosi erano riusciti a trovare diversi tragitti scegliendo la Slovenia come paese di transito verso la Cina. Le società slovene erano in combutta con le mafie per cui hanno fornito alle aziende italiane documenti falsi attestanti il corretto riciclo dei materiali. I membri della rete criminale erano di origine italiana, slovena e cinese. Tra questi, c’erano anche due affiliati alla camorra dei Casalesi, attivi sia in Campania sia in Toscana, operanti nel settore dei rifiuti tessili, precursori ed espertissimi in quest’ambito criminale. L’operazione Green Tuscany e il relativo processo penale tuttora in corso, hanno consentito di rivelare due aspetti fondamentali a noi noti da tempo: esistono contatti tra le mafie in ogni parte del mondo; l’indispensabilità della collaborazione internazionale per il successo nella lotta alle mafie transnazionali. Possiamo ancora battere queste nuove mafie solo se comprenderemo che occorrerà coinvolgere in questa lotta tutte le istituzioni, nazionali, europee, internazionali e sensibilizzare assiduamente l’opinione pubblica.
Vincenzo Musacchio, giurista e professore di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). E’ ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.