Con l’apertura di un nuovo processo per l’omicidio a Istanbul di Jamal Khashoggi, il prossimo 3 luglio si rinnova la richiesta di giustizia per il brutale assassinio dell’editorialista saudita del Washington Post.
Reporter senza frontiere e la fidanzata di Khashoggi, Hatice Cengiz, si costituiranno parte civile.
Articolo 21, con i partner internazionali che si occupano di libertà di informazione, sin dal primo momento si è mobilitata per chiedere verità e giustizia per Jamal Khashoggi con iniziative e sit-in davanti all’ambasciata dell’Arabia Saudita a Roma, promosse con Usigrai, Federazione nazionale della stampa, Amnesty International.
Il sindacato delle giornaliste e dei giornalisti della Rai aveva anche promosso la campagna #UnCalcioAiDirittiUmani per chiedere che la partita di Supercoppa prevista in Arabia Saudita non si giocasse a Riad.
Da domani, grazie a RSF parte in causa nel processo, monitoreremo tutte le udienze che vedono imputati 20 funzionari e agenti dei servizi sauditi.
A seguito del nulla di fatto nei tribunali di Riad, il procedimento giudiziario turco rappresenta ora l’unica possibilità di tenere ancora viva una speranza di individuare e condannare i responsabili dell’uccisione di Khashoggi.
La Corte si riunirà per la prima volta venerdì prossimo dalle 10 nel Tribunale di Çağlayan a Istanbul. Sul banco degli accusati, seppure in contumacia, 20 cittadini sauditi coinvolti a vario titolo nel rapimento, l’omicidio e la sparizione del giornalista entrato nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul il 2 ottobre 2018 per non uscirne più.
Il pubblico ministero ha accusato due ex funzionari di altro profilo di incitamento all’uccisione di Khashoggi e altri 18 imputati di aver compiuto “un delitto deliberato e mostruoso”. Se condannati, la sentenza sarà di ergastolo.
“L’assassinio di Jamal Khashoggi rimane uno dei crimini più orribili contro un giornalista che abbiamo mai visto. Altrettanto scioccante è il fatto che a quasi due anni dalla sua uccisione, sia stato fatto ben poco per garantire giustizia, soprattutto a fronte delle responsabilità del governo saudita, che attualmente preside del G20. Speriamo che il procedimento di Istanbul non apra solo una nuova strada verso la giustizia, ma funga da campanello d’allarme per la comunità internazionale sull’urgente necessità di porre fine all’impunità per l’omicidio di Khashoggi e garantire migliori protezioni per i giornalisti di tutto il mondo” afferma il segretario di RSF Generale Christophe Deloire.
Il procedimento turco segue un processo farsa tenuto a porte chiuse in Arabia Saudita, in cui 11 uomini sono stati processati, 5 condannati a morte e altri 3 a pene detentive. Ma grazie al “perdono” dei figli di Khashoggi si è aperta la strada a una probabile amnistia e alla conseguente scarcerazione.
La fidanzata di Khashoggi ha dichiarato che “nessuno ha il diritto di perdonare i suoi assassini” e continua la sua battaglia per ottenere giustizia.
“Questo processo a Istanbul rappresenta la migliore speranza di giustizia per Jamal Khashoggi a seguito di un vero e proprio aborto giudiziario nei tribunali sauditi. Monitoreremo attentamente il processo e chiederemo che i procedimenti si svolgano in modo trasparente, nel pieno rispetto delle norme internazionali in materia di giusto processo ” ha sottolineato il rappresentante di RSF Turchia Erol Önderoğlu.
La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie Agnès Callamard ha condotto un’indagine sul delitto Khashoggi e ha pubblicato un rapporto completo sull’omicidio, accertando e dichiarando che il giornalista è stato vittima di una “esecuzione deliberata e premeditata”.
Callamard il 3 luglio sarà a Istanbul all’apertura del processo, così come Hatice Cengiz che mai smetterà di reclamare giustizia per l’uomo che amava.
E noi, seppur solo virtualmente, saremo lì accanto a loro.