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Il teatro terapeutico. Parlare di disabilità da un palcoscenico

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«Sono matto come un cavallo e sono onorato di essere matto» diceva Claudio Misculin, fantastico attore che non poteva che vivere e agire dentro il manicomio liberato di Trieste. Che poi quella battuta di Misculin era anche un omaggio al simbolo di quella liberazione: Marco Cavallo, la gigantesca statua in cartapesta colorata di azzurro, costruita dagli internati dell’Ospedale Psichiatrico, è l’icona della rottura dei muri che dovevano isolare i “matti” dai sani.

Teatro e malattia è da sempre un connubio forte. Non tanto perché si mette in scena il malessere, ma per il lavoro preparatorio, l’introspezione, il parlare ad alta voce e l’ascoltare l’altro nel buio accogliente di un teatro. Anche quando non c’è disagio psicologico ma altre forme di disabilità. Disabilità che in quello spazio può diventare drammaturgia e perfino coreografia.

Come Festival dei Diritti Umani siamo molto contenti che sia il teatro il protagonista della seconda serata sulla disabilità che si svolgerà mercoledì 22 luglio all’Estate Sforzesca di Milano, dalle 21. “A far ridere sono bravi tutti” l’abbiamo intitolata, perché insieme alla Piccola Accademia (che è un progetto di Cascina Biblioteca), abbiamo pensato che il sorriso potesse essere il modo migliore per affrontare il tema dell’inclusione. Giulia Donelli e le altre tutor stanno facendo da levatrici per alcuni attori che porteranno i loro corpi e le loro voci sul palco, una sorta di rinascita che usa la poesia e l’ironia per attirare l’attenzione sulla disabilità.

E sull’inclusione. Perché questa è la principale mancanza: le istituzioni – e forse anche ciascuno di noi – sono più attente all’emergenza che all’inclusione. Quella forma di integrazione che permetterebbe a molte persone con disabilità di vivere una vita autonoma, piena, dignitosa. Sentirselo dire da un palco, magari da un attore con il naso da clown, vederlo mentre una ballerina piroetta sulla carrozzina è forse il modo migliore per far arrivare il messaggio a destinazione.

Danilo De Biasio è direttore del Festival de Diritti Umani

(foto di Giovanni Daniotti)


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