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Good morning America! Elezioni Usa: il voto per corrispondenza, mail – in – ballots

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Elezioni Usa: dall’account Twitter @realDonaldTrump, il Presidente grida al complotto internazionale ed a presunte ingerenze sul mail – in – ballots, il voto per corrispondenza. Secondo Trump sarà un’elezione disastrosa e manipolata, che per via di questo assurdo sistema di voto “decreterà la fine del grande partito Repubblicano“.

William Barr, il suo Attorney General, in una recente intervista rilasciata a Fox News, andando a sostegno delle dichiarazioni del Tycoon ha affermato che: “il voto per corrispondenza su larga scala apre assolutamente le porte alle frodi“. Peccato però che Barr sembri aver dimenticato che questa stessa modalità di voto sia stata quella che usò per votare nel 2012 e nel 2016.

In un clima incandescente e non scevro da paradossi, gli Stati Uniti si preparano al voto del 3 novembre. In 34 stati americani e nella capitale Washington D.C. è già consentito votare per posta e senza dovere rilasciare alcuna motivazione, il cosidetto “no-excuse absentee ballot”. In Colorado, California, Utah, Oregon, Washington e Hawai è perfino il metodo principale. Nei rimanenti 16 stati che rendevano possibile questa modalità di voto esclusivamente se giustificato da motivi validi, hanno ridotto le limitazioni per via della pandemia. Più in generale la sfida è quella di raggiungere il maggior numero di votanti ed estendere così la partecipazione, che storicamente ha sempre registrato basse percentuali di affluenza alle urne rispetto al ranking demografico.

Anche la no-profit When we all vote, lanciata nel 2018 da Michelle Obama, Tom Hanks, Selena Gomez, Lin-Manuel Miranda, Janelle Monae, Chris Paul, Faith Hill e Tim McGraw, si sta muovendo per promuovere la cultura del voto ed accrescere la partecipazione alle elezioni, colmare il divario di voto per età ed etnia. Si legge sul sito dell’organizzazione che nei mesi immediatamente precedenti alle elezioni del midterm, When We All Vote ha organizzato 2.500 eventi di registrazione degli elettori in tutto il paese, coinvolto online 200 milioni di americani sull’importanza del voto.

Nonostante le campagne di sensibilizzazione per l’esercizio di voto tra gli aventi diritto, resta tuttavia accesa la disputa tra democratici e repubblicani, i primi si starebbero battendo per allargare il più possibile la portata del mail – in – ballots, i secondi la starebbero ostacolando, perché secondo Trump molto rischiosa e fraudolenta. Le stime riportate da studi di settore ed Istituti molto quotati fanno rilevare percentuali irrisorie di casi in cui si sono registrati doppi voti, preferenze espresse al posto di persone decedute e quindi frodi nel voto. Infatti, con le dovute misure, viene considerato un metodo di voto piuttosto sicuro e che aumenterebbe la base dei votanti, considerata anche l’opportunità di evitare assembramenti ai seggi visto il persistere del coronavirus.

Un dato da considerare riguarda alcuni stati a trazione repubblicana e soprattutto quelli conservatori del sud, in cui per potere esprimere la propria preferenza è necessario registrarsi nelle liste elettorali prima del voto e versare una tassa d’iscrizione. In alcuni casi molti cittadini perdono la possibilità di votare, perchè cancellati dalle liste elettorali per non avere risposto alle lettere inviate dalla commissione elettorale. Pare evidente che queste misure rendano più difficoltoso l’accesso agli elettori rientranti nelle fasce più deboli della popolazione, le classi più povere. E comunque i veti repubblicani sul voto per posta derivano anche dal fatto che la tendenza di voto per gran parte di afroamericani è a favore del frontrunner democratico, Joe Biden. Sembra infatti dai sondaggi degli ultimi giorni che il candidato Dem sia dato in vantaggio negli Stati solitamente in bilico, i “battleground States” come Pennsylvania, Michigan, North Carolina, Wisconsin, Arizona e Florida.

Lo scacchiere politico di Mr. Trump

Il Presidente, sotto gli slogan di America First e Make America Great Again, sta portando avanti la sua personale campagna di comunicazione a suon di tweets e muovendo le sue pedine.

Se da un lato mediaticamente contesta il voto per corrispondenza “the Postal Service is a joke” e ritiene i media impazziti, dall’altro si mette al sicuro e muove il suo alfiere, Louis DeJoy, ponendolo alla guida dell’agenzia postale americana, in crisi da anni.

Il The Guardian annovera DeJoy tra i sostenitori finanziari del presidente Trump e donatore repubblicano di lunga data,  evidenziando le preoccupazioni  dei democratici riguardo la nomina di DeJoy a Postmaster General e la presunta politicizzazione dell’agenzia.

Lo stesso Mark Dimondstein, presidente dell’American Postal Workers Union, che rappresenta oltre 200.000 dipendenti, ha affermato che l’amministrazione Trump sta “tentando vergognosamente di usare la crisi per realizzare un piano di privatizzazione e svendita del servizio postale”.

Chi deciderà chi sarà l’inquilino della White House?

 

In America è previsto un sistema elettorale indiretto secondo cui i cittadini recandosi alle urne sceglieranno i 538 grandi elettori che andranno a sostenere il candidato a presidente.  Si tratta per lo più di un sistema di voto a stampo maggioritario, tranne che nel Maine e in Nebraska, in cui l’elezione dei presidential electors avviene con il metodo proporzionale.

Il numero dei grandi elettori assegnati da ogni Stato è stabilito in proporzione agli abitanti, con i più popolosi che hanno dunque un peso maggiore sull’esito delle elezioni, rispetto a quelli con meno abitanti: i più influenti sono la California, il Texas, New York e la Florida.

I grandi elettori andranno così a formare la Camera dei rappresentanti (United States House of Representatives) e del Senato (Senate), rispettivamente distinti in 435 deputati e 100 senatori (2 senatori per ogni stato), oltre ai tre rappresentanti del District of Columbia, dove si trova la capitale Washington.

Le due Camere vanno a comporre il Congresso degli Stati Uniti d’America.


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