Obiettivi declamati: innovazione, digitale, economia verde. Interventi concreti: mattone e auto. Giuseppe Conte batte e ribatte sulla “fase 3”, quella dell’economia sostenibile per ricostruire l’Italia ma poi rispunta, come in passato, solo il mattone e l’auto. Il presidente del Consiglio, superata la “fase 1” (contenimento dei contagi del Coronavirus) e la “fase 2” (la riapertura delle attività commerciali e produttive) cerca di mettere a punto la ripresa.
Con i decreti “Cura Italia” e “Rilancio” ha stanziato oltre 80 miliardi di euro in deficit e punta a recuperarne almeno altri 200 dagli aiuti europei per sostenere le imprese e l’occupazione. Discussioni, riunioni, consultazioni, idee si sono susseguite quasi senza interruzione. A giugno ha convocato gli Stati Generali dell’economia a Villa Pamphilj a Roma. Su “Progettiamo il rilancio” ha ascoltato centinaia di persone per nove giorni. L’obiettivo era ed è di utilizzare la tragica pandemia per cambiare tutto: «Dobbiamo reinventare il Paese che vogliamo».
Però, per ora, si è visto ben poco per arrivare a questi ambiziosi traguardi. I cardini della manovra dell’esecutivo per la ripresa sono soprattutto due: 1) i bonus fiscali al 110% per ristrutturare case-villette in chiave di risparmio energetico o di messa in sicurezza anti terremoti; 2) gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche, ibride o con motore termico euro 6. Sono interventi importanti per rivitalizzare con una “spruzzata di verde” settori rilevanti per l’Italia come l’immobiliare e l’auto (due comparti particolarmente devastati dagli effetti del Covid-19) ma certamente non bastano e non sono le grandi novità annunciate.
La valanga di sussidi e di cassa integrazione (che in molti casi ancora non sono arrivati agli interessati), la cascata dei molteplici bonus fiscali (tipo quello per le vacanze accettati da ben pochi alberghi sia pure in crisi) possono solo tamponare il tracollo dei settori più in ginocchio (dal turismo al commercio, dalla cultura all’industria manifatturiera). Ma senza una strategia industriale di progetti concreti d’investimento nei settori cruciali l’Italia rischia di franare. Di investimenti invece se ne vedono ben pochi: dall’industria verde alle bonifiche ambientali, dall’innovazione tecnologica alle opere pubbliche al turismo. I tentacoli della burocrazia, inoltre, restano soffocanti. L’invito alla “concretezza” lanciato da Sergio Mattarella è rimasto lettera morta.
Conte e i ministri del governo giallo-rosso parlano molto su televisioni, giornali ed Internet ma su tutto aleggia l’incertezza e la tecnica del rinvio (l’utilizzo del Mes per gli investimenti nella sanità, la possibile revoca delle concessioni ai Benetton per le autostrade, l’eternamente commissariata Alitalia, la boccheggiante acciaieria ex Ilva di Taranto).
Conte ha accarezzato il cuore degli italiani, molto sensibile da sempre al mattone e all’auto. Ma il cuore degli italiani batte con forza anche per il taglio delle tasse e per l’ambiente. Il presidente del Consiglio a dicembre aveva promesso il “paradiso fiscale” e una dura lotta all’evasione. Alla fine degli Stati Generali ha ipotizzato la riduzione dell’Iva, poi ha fatto una mezza marcia indietro, quindi ha ribadito la volontà di una «riforma fiscale organica». Tuttavia subito dopo il presidente del Consiglio ha raffreddato le speranze: «Una riforma fiscale non si fa in pochi giorni». Ora tutte le speranze sono appuntate sul Piano nazionale di riforma (Pnr) all’esame del governo.