Nedim Türfent è un giornalista curdo che da 1500 giorni è rinchiuso in una cella di un carcere di massima sicurezza in Turchia.
Articolo 21, IPI, Pen Internarional, Media and law studies association, Obct altre 39 organizzazioni per la libertà di stampa hanno sottoscritto una lettera aperta inviata alle autorità turche per chiedere il suo rilascio e porre fine a questa ingiustizia.
Arrestato il 12 maggio del 2016 è stato accusato di “far parte di un’organizzazione terroristica”.
Le prove? Le notizie scritte per l’agenzia curda Diha e le dichiarazioni di un testimone le cui ‘confessioni’ sono state estorte sotto tortura.
Il 15 dicembre del 2017 è stato condannato a 8 anni e 9 mesi di prigione. La sua vera ‘colpa’? Aver rivelato abusi della polizia nei confronti dei detenuti di un carcere ad Hakkâri, città nell’est del paese.
In un filmato pubblicato da Türfent si sente un comandante delle forze speciali urlare minacce contro un gruppo di detenuti faccia a terra e con le mani legate dietro la schiena.
Oggi il prigioniero è lui e come molti altri compagni di detenzione è stato sottoposto a soprusi e sevizie.
Con la pandemia di Covid 19 la situazione è ulteriormente peggiorata.
In una lettera inviata alla famiglia, il fotoreporter ha raccontato di come le condizioni in carcere durante l’emergenza siano insostenibili.
Oltre all’interdizione delle visite e la sospensione dello atrocità sportive sono ormai precluse tutte le attività che rappresentavano l’unica possibilità di sottrarsi alla pesante vessazione dell’isolamento a cui i detenuti del carcere di massima sicurezza di Van sono sottoposti.
Türfent descrive anche le violazioni dei diritti e dell’assenza di misure sanitarie adeguate per i detenuti che appartengono a categorie a rischio, in particolare i malati immunodepressi.
Il giornalista racconta anche di come i prodotti per l’igiene e i disinfettanti necessari per difendersi dal Covid-19 siano insufficienti e che le mascherine non vengono fornite gratuitamente ma vendute.
Insomma, durante la pandemia nuove violazioni dei diritti umani si sono aggiunte a quelle già esistenti.
Nedim spiega che “l’isolamento è arrivato a un livello superiore e le pratiche arbitrarie non cessano. Il fatto di non applicare alcuna misura sanitaria per i detenuti con più di 65 anni e per i prigionieri malati, fa sì che queste persone siano in qualche modo abbandonate alla morte”.
Nella stessa situazione si ritrovano altre decine di giornalisti, tra cui lo scrittore ed editorialista Ahmet Altan e la veterana della stampa Tuca Nazli Ilicak.
La Turchia è al 157° posto su 180 Paesi nel World Press Freedom Index.
Nei confronti dei media la reazione governativa all’indomani del golpe sventato nel 2016 è stata spropositata. Sono state chiuse 45 testate giornalistiche, 15 riviste patinate, otto agenzie di stampa, 16 canali televisivi e decine di case editrici, per un totale di 160 aziende editoriali.Oltre a Türfent, molti altri giornalisti sono stati accusati di avere legami con il gruppo militante curdo PKK o di aver supportato la presunta rete golpista denominata Fetho, guidata dall’imam in auto esilio negli Usa Fethullah Gülen. Tra questi, 18 tra redattori, collaboratori e vertici editoriali e amministrativi di Cumhuriyet, storico quotidiano di opposizione, arrestati nel novembre del 2016 e tenuti per mesi in detenzione preventiva. Per otto di loro, il 20 febbraio del 1018, la terza Corte di Appello di Istanbul ha confermato il verdetto di condanna emessa in primo grado. Musa Kart, Bülent Utku, Hakan Karasinir, Kadri Gürsel, Guray Tekin Oz, Oder Celik, Emre Iper e Mustafa Kemal Güngör sono tutti di nuovo in carcere per scontare il resto delle pene, tra i 2 anni e mezzo e i 7 anni e otto mesi, inflitte lo scorso aprile anche ad altri sei tra redattori e membri del Consiglio di amministrazione del giornale, sui quali si dovrà esprimere un altro Tribunale. Cinque gli assolti. Il processo, in cui erano imputati anche il direttore della testata Murat Sabuncu, l’amministratore delegato Akin Atalay e il reporter investigativo Ahmet Sik, oggi parlamentare dell’Hdp, è l’emblema delle limitazioni imposte alla stampa dal governo del presidente Receip Tayyip Erdogan.
Di seguito il testo della lettera aperta per chiedere la liberazione di Nedim Türfent tradotto da Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
In carcere da innocente dopo un processo farsa, condannato solo per aver fatto il suo lavoro di giornalista, Nedim Türfent deve tornare libero: lo chiedono più di 40 organizzazioni per la libertà di stampa e i diritti umani in un appello aperto alle adesioni di tutti
In questi giorni l’International Press Institute, PEN International, la Media and Law Studies Association (MLSA) insieme ad altre 42 organizzazioni ricordano il 1500esimo giorno di detenzione del giornalista curdo Nedim Türfent rilanciando l’appello per il suo rilascio immediato e senza condizioni .
Türfent, che si occupava prevalentemente di questioni curde, è stato incarcerato il 12 maggio 2016, poco dopo aver raccontato dei maltrattamenti inflitti dalle forze speciali turche a una quarantina di lavoratori turchi e curdi. Nella città di Hakkari, nella Turchia sudorientale, nella primavera del 2016 gli operai erano stati ammanettati dietro la schiena e costretti a terra. In alcune riprese video fatte da Türfent e pubblicate dall’agenzia filocurda Dicle, ora chiusa, si vede un poliziotto urlare: “Vedrete il potere dei turchi! Che cosa vi ha fatto questo stato?”, apparentemente insinuando che gli operai avessero qualche legame con il PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan, fuorilegge in Turchia.
Subito dopo la pubblicazione delle immagini, Türfent ha iniziato a ricevere minacce di morte da parte della polizia, sotto forma di necrologi. Nell’aprile 2016 è partita nei suoi confronti una campagna di molestie online, con minacce di morte e insulti, e account anonimi che gli chiedevano dove si trovasse.
Un giorno dopo il suo arresto, il 13 maggio 2016, Türfent è stato accusato di “appartenenza a organizzazione terroristica”. L’imputazione è arrivata 13 mesi dopo il suo arresto e la prima udienza il 14 giugno 2017. In quel momento, Türfent si trovava in prigione già da 399 giorni.
Dei 20 testimoni chiamati al processo, 19 hanno dichiarato che le loro iniziali accuse ai danni di Türfent erano state estorte sotto tortura. Eppure il tribunale a dicembre 2017 lo ha condannato a 8 anni e 9 mesi di prigione. Per gli standard turchi, il processo è stato piuttosto rapido e si è trasformato in un processo farsa con l’intento di punire subito Türfent per il suo giornalismo verità. A Türfent è stato negato il diritto di presenziare in aula, e questa è soltanto una delle numerose violazioni del diritto a un giusto processo. Il 21 maggio 2019, la Suprema corte di cassazione ha sospeso la sua condanna. Il suo caso è ora al vaglio della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il 21 giugno saranno 1500 giorni che Türfent ha trascorso dietro le sbarre, privato della libertà e del diritto ad esercitare la sua professione, il giornalismo. Incarcerare i giornalisti è da tempo diventata per le autorità turche la scorciatoia per punire per delle notizie ritenute “scomode”. Processi farsa e spettacolarizzati che equiparano giornalisti a terroristi, e la persecuzione continua specialmente delle testate filocurde, hanno creato una gigantesca pressione e un effetto paralizzante sui giornalisti che lavorano nelle aree popolate da curdi.
Chiediamo alle autorità turche, ancora una volta, di far cessare questa ingiustizia!
Salil Tripathi, direttore del comitato scrittori in prigione di PEN International, ha dichiarato: “Nedim Türfent non avrebbe mai dovuto essere incarcerato, eppure oggi ricorre per lui il 1500esimo giorno in prigione in questa grossolana gestione della giustizia. Evidentemente si trova in galera solo per il fatto di aver fatto il suo lavoro di giornalista, e quindi deve essere rilasciato, senza condizioni e senza ulteriori ritardi”.
Il vice direttore di IPI Scott Griffen ha aggiunto: “Per il ‘reato’ di aver fatto il giornalista, Nedim Türfent ha già trascorso in carcere 1500 giorni. È stato molestato, preso di mira, minacciato e privato della libertà. La Turchia deve cessare questa ingiustizia e rilasciare immediatamente Nedim e tutti gli altri giornalisti che in Turchia si trovano in prigione solo per aver fatto il loro lavoro”.
Il condirettore di MLSA, avvocato difensore di Türfent, Veysel Ok ha detto: “Nedim Türfent è stato arrestato, torturato e incarcerato per aver raccontato della repressione della comunità curda e per averla resa visibile. Decine di testimoni lo hanno accusato ma solo perché erano sotto pressione. Questi stessi testimoni hanno dichiarato che le loro dichiarazioni iniziali erano state estorte con la tortura, ma nonostante le abbiano ritirate il tribunale ha condannato Nedim a 8 anni e 9 mesi di galera, sulla base di quelle dichiarazioni iniziali. Nedim è stato in galera 1500 giorni per il suo giornalismo per cui avrebbe invece dovuto essere premiato. Ci appelliamo alla Corte europea dei diritti dell’uomo perché dia priorità alla sua richiesta di revisione e perché emetta un giudizio su queste violazioni dei diritti. E al governo turco chiediamo che metta fine immediatamente a questa ingiustizia e illegalità. La storia di Nedim è la storia dei giornalisti curdi in Turchia. Per questo, ci aspettiamo una lunga catena di solidarietà per i giornalisti curdi in Turchia”.
Le adesioni a questo appello sono aperte, qui il modulo da firmare.
Mostrate solidarietà a Nedim mandandogli messaggi di sostegno in modo che sappia di non essere solo in questo momento di ingiustizia. La MSLA ha pubblicato il libro di poesie di Nedim, disponibile gratis online in lingua originale.
Firmate questo appello, diffondete il suo lavoro e mostrate solidarietà!
Firmato da:
International Press Institute (IPI)
Media and Law Studies Association (MLSA)
PEN International
Articolo 21
French PEN
German PEN
English PEN
Article 19
European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF)
Freedom House
Index on Censorship
PEN Turkey
Swedish PEN
South East Europe Media Organisation (SEEMO)
P24 (Platform for Independent Journalism)
Wales PEN Cymru
Danish PEN
Georgia PEN
Lithuanian PEN
PEN Ukraine
Scottish PEN
PEN Eritrea
PEN Netherlands
PEN America
Norwegian PEN
Uganda PEN
Icelandic PEN
Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
San Miguel de Allende PEN
Moscow PEN
Independent Chinese PEN Centre
PEN Québec
New Zealand Society of Authors Te Puni Kaituhi o Aotearoa (PEN NZ) Inc
PEN Nicaragua
St Petersburg PEN
Swiss-German PEN
Kurdish PEN
PEN Suisse Romand
PEN Center for German Language Writers Abroad
Romanian PEN
PEN Belgium/Flanders
Confederation of Progressive Trade Unions of Turkey – Turkish Press, Broadcasting and Printer Workers’ Union
Press in Arrest
Human Rights Foundation of Turkey
Life Memory Freedom Association