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ThyssenKrupp, giustizia a mezzo servizio

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Non si è conclusa nel modo in cui tutti si aspettavano la vicenda del rogo alla ThyssenKrupp di Torino del 6 dicembre 2007. O meglio, non si è conclusa come speravano i familiari dei sette operai morti bruciati in acciaieria, come speravano i tanti lavoratori e le tante lavoratrici che hanno subito infortuni, che lavorano in condizioni di insicurezza, che non hanno tutele, che sperano, sperano sempre…
Si è conclusa con una mezza giustizia, con i due manager della multinazionale dell’acciaio, Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, che continueranno a lavorare come sempre per la ThyssenKrupp, di giorno, mentre di notte dovranno dormire in un penitenziario tedesco. In regime di “semi-libertà” (offenen vollzug). Senza mai essersi fatti neanche un giorno filato di carcere. E sarà così per cinque anni, forse meno se si comporteranno bene. E presto probabilmente potranno anche starsene a casa in famiglia nel week-end.
Mezzi colpevoli insomma. Così ha deciso la giustizia tedesca, nonostante la Cassazione italiana avesse condannato (oltre 4 anni fa, il 13 maggio 2016!) Espenhahn e Priegnitz rispettivamente a 9 anni e 8 mesi e a 6 anni e 10 mesi di reclusione, poi ridotti per entrambi a 5 anni, in base alla normativa vigente in Germania.
Per l’ex procuratore Raffaele Guariniello, che aveva coordinato le indagini e chiesto e ottenuto per Espenhahn una condanna in primo grado per omicidio volontario (a 16 anni e 6 mesi di reclusione!), “passare la notte in carcere è comunque una pena”.
Non la pensano così i familiari degli operai, i loro ex colleghi e chi quella notte scampò per miracolo alla morte, come Antonio Boccuzzi. Si sentono abbandonati dallo Stato italiano, che attraverso i vari Ministri della Giustizia, per ultimo Alfonso Bonafede, avevano avuto rassicurazioni e impegni solenni. Traditi da una giustizia europea, che apre le porte del carcere solo ai manager italiani “minori” e che risparmia i potenti “padroni” tedeschi.
Non è una bella pagina per la giustizia del lavoro. Non è un bel segnale nei confronti di chi fa impresa responsabilmente e di chi si impegna ogni giorno per rispettare le norme su salute e sicurezza sul lavoro.
Nel cinquantenario dello Statuto dei Lavoratori, che abbiamo da poco celebrato con uno “speciale” sulla rivista Sicurezza e Lavoro, ci aspettavamo più attenzione alla tutela dei lavoratori e delle lavoratrici e più rispetto per i morti sul lavoro.

*Massimiliano Quirico
direttore rivista Sicurezza e Lavoro


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