Dev’essere così che ci si sente di fronte a un proprio ritratto: rivelati, illuminati, infiammati. Che un altro da noi abbia saputo cogliere se stesso dentro le nostre forme, ci abbia accesi di una nuova identità rivelandoci una parte di noi stessi, non ci lascia indifferenti.
La luminosità del fuoco, le luci e le ombre di una candela, le gamme dei colori esposti al sole o sottratti nella penombra, giocano un ruolo chiave nella pittura e nell’intera scelta scenografica e di fotografia di Ritratto della giovane in fiamme.
Céline Sciamma crea un’opera che rende omaggio alla grande arte, rintracciando tinte e atmosfere che attraversano il realismo della mistica cristiana ed esoterica di Georges de La Tour e la pastosità del colore dei fiamminghi, uno su tutti quel verde pungente che pare uscire dalla tavolozza dei Van Eyck, o le penombre dense di Caravaggio.
Non banalizzando il doppio ruolo della seduzione offerta dalla vista e dall’intimità intellettuale tra due persone, la regista nutre l’intera trama filmica di quel privilegio che si schiude a chi vive istanti di una intesa privata, di una passione, di una libertà.
Che cosa se non l’audacia rende seducenti? Il guizzo nell’occhio di chi sottrae il proprio destino a regole scritte. Héloïse, che deve ma non vuole sposarsi, e Marianne, che deve ma non vuole più farle il ritratto, riescono a concedersi di vivere intensamente quell’emozione che nasce e si consuma nello slancio più genuino del volersi e riconoscersi, ricordandosi per sempre.
Un film è grande quando non solo è capace di farci sentire come se fossimo noi stessi ad attraversare l’esperienza che si realizza sullo schermo, ma quando è altresì in grado di creare un ricordo. Una immagine che porteremo con noi altrove, una evocazione, diventata eco di momenti vissuti e di desideri che vorremmo realizzare.
Titolo originale: Portrait de la jeune fille en feu
Regia di Céline Sciamma
2019
con Noémie Merlant, Adèle Haenel, Luàna Bajrami, Valeria Golino, Cécile Morel