Mentre in tutto il pianeta i contagi al Covid-19 sino ad ora accertati hanno superato i sette milioni e mezzo di persone e i morti sono ormai oltre quattrocentoventitremila, un quarto dei quali solo negli Stati Uniti, l’Italia, per settimane al primo posto di questa drammatica classifica, è progressivamente scesa al settimo ed è stata superata ormai oltre che dagli Usa anche da Brasile, Russia, India, Gran Bretagna e Spagna. In molti Paesi, o a causa della sottovalutazione e dei ritardi dei governi o per le difficoltà strutturali che li contraddistinguono o per le due cose insieme, il contagio purtroppo continua a crescere e con esso le vittime. Il fatto che in Italia la fase più critica sembra, finalmente, alle nostre spalle, si riaprono progressivamente tutte le attività e si comincia a ragionare sul futuro non può farci distogliere l’attenzione da quanto ancora sta avvenendo nel resto del mondo e sui pericoli che tutto questo può ancora comportare anche qui da noi. Mentre le conseguenze economiche e sociali sull’immediato e nei diversi Paesi sono evidenti e pesantissime, lo scenario globale e nel medio periodo è ancora in divenire e pieno di incognite. Una crisi senza precedenti e per la quale al momento sono state adottate solo misure tampone, e non da tutti, ma che ha messo a nudo i punti critici dell’attuale modello di sviluppo: dai cambiamenti climatici alle crescenti disuguaglianze sociali, dalla concentrazione delle ricchezze in un numero ristrettissimo di super ricchi all’aumento della povertà anche nei Paesi ricchi e in settori sociali che si consideravano protetti, dagli squilibri tra continenti e tra Paesi diversi con i relativi fenomeni migratori. Tutti aspetti già tra loro collegati e che sono andati nel tempo alimentandosi in un circolo vizioso che il coronavirus non ha fatto che aggravare.
Non è sbagliato allora aver voluto, da parte del Governo italiano, costruire una occasione di riflessione ampia sulle scelte da adottare in prospettiva e in un contesto europeo e sembrano stucchevoli le prese di distanza o i tentativi di boicottaggio. Semmai il confronto andrebbe portato avanti nel merito di quelle scelte, sui loro contenuti e sulle priorità che si vogliono definire. A “stati generali” avviati e ancora in corso semmai il pericolo da evitare è che la montagna alla fine partorisca l’ennesimo topolino. O che ci si arrenda al solito potpourri con dentro un po’ di tutto, senza vere discontinuità e addirittura riesumando vecchie illusioni (per di più sbagliate) come il ponte sullo stretto di Messina. E’ invece l’ora di scelte chiare, nette, su ciascuno di quei punti critici oggi particolarmente sotto stress, andando nella direzione opposta rispetto a quella suggerita dalla destra: lotta ai cambiamenti climatici e green new deal, difesa e crescita del lavoro, della sua qualità e sicurezza, un nuovo welfare e un sistema sanitario pubblico rafforzato, lotta all’evasione fiscale e progressività nelle imposte (altro che flat tax), riduzione delle spese militari e un piano di opere utili al Paese a partire dalla tutela del territorio, investimenti, correggendo gli errori del recente passato, nella scuola, nell’università e nella ricerca, la regolarizzazione dei migranti e canali umanitari con accessi legali in grado di indebolire e stroncare il traffico di esseri umani, lotta alle mafie e alla corruzione.
Oggi le risorse rese disponibili dall’ Italia e dall’Europa devono essere spese subito e bene per dare risposte ai cittadini in difficoltà e costruire il passaggio ad un nuovo modello di sviluppo. Bisogna fare presto, come sollecitano tutti i tentativi di strumentalizzare e soffiare sul fuoco del disagio sociale da parte di tutte le destre, grandi e piccole, vecchie e nuove, estremiste e non, e bisogna farlo non solo nelle sedi istituzionali, ma nel Paese. Occorre trasformare la maggioranza che sostiene l’attuale governo, nata in uno stato di necessità la scorsa estate, in un nuovo progetto politico che indichi una prospettiva e lo faccia da subito, a partire dalle prossime regionali. E bisogna farlo a maggior ragione ora che settori di quella maggioranza (Renzi da un lato e alcuni esponenti dei cinque stelle dall’altro) sembrano voler andare in un’altra direzione, vaneggiando di governi istituzionali, strizzando l’occhio a Berlusconi, o mostrando nostalgia per il governo con Salvini. Questa iniziativa devono prenderla innanzitutto la Sinistra e il Pd, rompendo gli indugi e lasciandosi alle spalle tatticismi inutili e aprendo invece un vero confronto nel Paese, chiamando i cinque stelle ad una scelta di campo. Come la storia recente ci ha insegnato non serve per timore o eccesso di prudenza fare le cose a metà, anzi risulta dannoso. E non bisogna essere subalterni alle paure alimentate e alle parole d’ordine portate avanti dalla destra, che oltre ad essere sbagliate (e già solo questo sarebbe di per se sufficiente) portano, come si è visto, consenso solo agli avversari. Che cosa si aspetta?