Il 23 giugno 1980 cadeva sotto il piombo dell’estremismo nero, un P.M. di Roma, un esemplare servitore dello Stato, Mario Amato “colpevole” di fare (solo) il magistrato con coraggio e determinazione.
Oggi, a distanza di quarant’anni, si assiste all’ignominia di un P.M. di Roma (ma anche, però, ex Presidente dell’A.N.M. ed ex C.S.M.) espulso per indegnità dall’associazione magistrati, preludio della più grave sanzione della destituzione dell’ordine giudiziario che presumibilmente la sezione disciplinare gli infliggerà per essere troppo grave la lesione al prestigio della magistratura cagionata dalle “manovre” del Palamara, censurate, addirittura, con toni durissimi e inusuali, dal Capo dello Stato.
I vertici dell’A.N.M. pensano così di chiudere la indecorosa vicenda che, però, non coinvolge il solo Palamara ma l’intera magistratura associata devastata da quello che lo stesso Palamara definisce “il sistema delle correnti” di cui egli era, “non l’unico referente”, ma “uno dei referenti”, sistema che “in una logica di potere serviva per fare carriera”.
Ma quale era questo sistema in cui ciascun gruppo associativo aveva “il suo Palamara”? Le correnti fanno eleggere quei candidati che sono molto attivi in pratiche associative e solitamente i più vicini ai capi-corrente; una volta eletti essi, anziché sentirsi rappresentanti di un organo di rilevanza costituzionale, si sentono portatori degli interessi delle rispettive correnti; si passa così alla logica degli schieramenti: si nominano, in seno al C.S.M., i capi-gruppo (gravissima anomalia) i quali – se non sono essi stessi dei capi-corrente (come Palamara nella consiliatura 2014/2018) – da un lato prendono ordini da questi ultimi, dall’altro cercano accordi (trasversali e sottobanco) con l’uno o con l’altro dei capi-gruppo e con alcuni membri laici, fortemente politicizzati, onde assumere il controllo del C.S.M. (e, quindi, degli incarichi, delle promozioni, delle nomine, “nelle quali il merito viene sacrificato sull’altare dell’appartenenza”).
Ora, a seguito della emersione di tale indegno sistema che ha travolto la magistratura associata, la prima cosa che i vertici dell’A.N.M. dovevano fare era quella di convocare l’assemblea degli associati e chiedere alla base – (l’unica che esprime la reale volontà dell’associazione perché il C.D.M. è inaffidabile per essere diretta espressione delle correnti) – se non fosse giunto il momento di sciogliere le correnti e, cioè, la metastasi responsabile di cotanto disastro. Ma non lo hanno fatto e, per di più, hanno convinto, (insieme al P.D.), il ministro di Giustizia – che, in un primo tempo si era mostrato favorevole al sistema misto del sorteggio integrato con elezione (sempre auspicato da questo giornale, e perfettamente in linea con l’art. 104 Cost. e l’unico in grado di azzerare le correnti), ad orientarsi per un sistema puro di elezione con collegi uninominali a doppio turno di votazione.
Il disegno di legge di riforma del C.S.M. prevede 19 collegi di cui uno costituito dai magistrati della Corte di Cassazione con funzioni di legittimità che esprime due componenti; un altro è costituito dai magistrati della C. di A. di Roma (oltre quelli fuori ruolo, della D.N.A e del massimario) ed altri 17 (con circa 500 elettori) con candidature locali (cioè nel collegio ove esercitano le funzioni) presentate da 10 magistrati; ognuno di tali collegi esprime un componente con eventuale ballottaggio. Tale sistema non convince proprio perché non tiene conto che la A.N.M. e le relative correnti che la compongono hanno una organizzazione capillare estesa su tutto il territorio nazionale: giunte distrettuali, sezioni e sottosezioni – (circa 100 di cui 13 rispettivamente in Sicilia e Lombardia, 11 in Campania, 10 in Toscana, ecc.) – anch’esse organizzate per correnti con relativi comitati di coordinamento. E tali strutture rappresenteranno il punto di riferimento e di forza dei candidati locali che sono, di regola, i più attivi a procurare adesioni e voti alle rispettive correnti e, proprio per questo, potenziali candidati. In tale contesto, nessuna elezione di candidati è possibile senza l’appoggio determinante di un gruppo organizzato (non vi riuscì neanche Giovanni Falcone).
In conclusione, finché continueranno ad esistere le correnti, nessun sistema di elezione sarà in grado – e l’esperienza di 60 anni lo dimostra – di frenare l’invadenza delle stesse sugli esiti elettorali, ma l’A.N.M. non ha alcuna intenzione di sciogliere le correnti.