‘Eredità’, verità taciute e segreti di famiglia nel nuovo romanzo della Hjorth

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La notte di Natale una donna si rigira nel letto ossessionata dalla paura di morire, sopraffatta dal timore, non tanto della fine, quanto dall’esser seppellita dalla sua famiglia di origine e dai susseguenti discorsi di commiato e dalle bugie che racconterebbero su di lei.

Suo padre era morto pochi giorni prima a seguito di una caduta accidentale dalle scale.

Bergljot è una donna sulla cinquantina, redattrice di una rivista a Oslo. La notizia le viene comunicata in modo strano da sua sorella Astrid. Il testamento è chiaramente in favore delle due sorelle minori, Asa e Astrid, mentre Bergljot e suo fratello Bard ne vengono di fatto esclusi. Se Bard vive questo gesto come un’ennesima ingiustizia, Bergljot, viceversa, non se ne cura, avendo da tempo interrotto ogni rapporto con tutti i suoi familiari. A differenza delle sorelle minori, Bard e Bergljot non hanno avuto la stessa infanzia, condividendo il più doloroso dei segreti. Il confronto sulla divisione dell’eredità di famiglia diventa dunque l’occasione per far tornare a galla storie taciute, rispetto alle quali si era preferito il silenzio alla denuncia del dramma familiare. Cruciale nella narrazione la contrapposizione tra i membri della famiglia, ciascuno chiuso nella propria verità e all’ascolto dell’altro. Un romanzo scandinavo impetuoso – che sembra riprendere le atmosfere di ‘Festen’, il film di Thomas Vintenberg del 1998 – denso di colpe e di silenzi, che non si sofferma tanto sulla violenza perpetrata dal capofamiglia, taciuta, ma che insiste sul dolore di non essere né creduti né ascoltati. Un libro che parla di verità rimosse che devono essere gridate per poter voltare pagina, per liberarsi finalmente di un fardello troppo gravoso.

L’occasione che viene offerta a Bergljot di liberarsi dal suo insopportabile peso sarà proprio la lettura del testamento di suo padre, dove, in presenza del notaio, leggerà lei stessa un proprio scritto in cui racconta la sua triste storia, costringendo anche la madre – “Non era in grado di rendersi conto e di accettare che quella famiglia, che lei aveva contribuito a creare, non era così, normale, ma anormale, distrutta” – che aveva sempre dissimulato quella triste verità, ad ascoltarla e a prendere atto della violenza subita all’età di cinque anni.

Vigdis Hjorth, che condivide con Bergljot molti aspetti della propria autobiografia, con “Eredità”, in libreria con Fazi dallo scorso 21 maggio (400pp, 18,50 Euro), attraverso una narrazione non lineare, continui flashback e informazioni ripetute e ripetitive ci consegna un ritratto doloroso e liberatorio di una famiglia profondamente disfunzionale.

“Non si diventa buoni quando si soffre. Di norma, quando si soffre, si diventa cattivi. La discussione su chi abbia sofferto di più è puerile”.


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