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Elezioni usa: Trump in calo nei sondaggi, lancia la convention di Jacksonville. Ma attenti all’effetto Bradley!

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USA: è ufficiale, la convention del partito repubblicano si terrà alla VyStar Veterans Memorial Arena di Jacksonville, in Florida, e non più a Charlotte, in North Carolina, perché il Governatore Cooper non avrebbe garantito la partecipazione del pubblico per via delle restrizioni legate al coronavirus.

Donald Trump terrà così il prossimo 27 agosto il suo discorso per la nomination alle elezioni presidenziali del 3 novembre, il big Tuesday, e riprenderà i comizi elettorali in Texas, Florida, Arizona, North Carolina e Oklahoma.

Dal quartier generale della Gallupp, alla 901 F Street, NW, di Washington, la società di Analytics & Advice su tutto ciò che conta, però, quotano che la popolarità del Tycoon sia scesa di 10 punti ossia dal 49% al 39%, mentre tra i repubblicani risulta in calo del 7%, pur mantenendo un gradimento pari all’85%.

Il competitor democratico, Joe Biden, invece, sembra in vantaggio su Trump dai 7 ai 10 punti percentuale, secondo le stime del sito che aggrega polling data, RCP, e dai sondaggi della Cnn.

Sulle variabili delle elezioni americane e sul calo del consenso di Trump hanno pesato senza dubbio i decessi per coronavirus, la cui stima oscilla tra i 115 mila e i 135 mila entro la fine del prossimo mese secondo il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), e le vicende razziali legate al caso di George Floyd, ma c’è da chiedersi quanto i sondaggi saranno rispondenti al risultato finale del voto negli USA e quanto giocherà la desiderabilità sociale sulle stime elettorali.

Quando si parla di desiderabilità sociale non si deve pensare ad un’espressione sexy per definire il fascino dell’esistenza sui social, quindi non è assimilabile a K di followers.

La desiderabilità sociale è nella sostanza un’alterazione ed impatta sulla veridicità dei sondaggi.

Questa distorsione idealistica, che in gergo si chiama bias di risposta, riguarda coloro che sono sottoposti ad indagini di mercato, sondaggi elettorali o di costume, a questionari per istituti di ricerca, ma molto spesso intacca anche la diffusione o l’adesione a post e contenuti sui social.

La scena è quella di un soggetto che viene intervistato e dinanzi ad una domanda diretta, che però presenta più alternative di risposta, sia spinto a rispondere con quella “politicamente più corretta” per guadagnarsi o godere di una “buona reputazione”, quindi l’obiettivo è presentare la migliore immagine di sé, sebbene non veritiera, e questo possa significare omologarsi all’opinione pubblica e tradire il proprio pensiero.

Nel 1982 Tom Bradley, sindaco di colore democratico di Los Angeles dal 1973 al 1993, si candidò a governatore della California e, nonostante i sondaggi lo dessero in netto vantaggio, fu sconfitto da George Deukmejian, il rappresentante bianco dei repubblicani.

Quell’episodio, nello speech politico statunitense, portò a parlare anni fa di “effetto Bradley”, riferendosi alla distorsione dei sondaggi ed alla classica situazione in cui, in un sondaggio preelettorale o in un exit-poll, un notevole numero di elettori si dichiari favorevole a votare per un candidato o sostenga di essere ancora indeciso rispetto al proprio orientamento di voto, ma nel momento effettivo di manifestare la propria preferenza, scelga il candidato di cui non aveva fatto menzione.  Questione di desiderabilità sociale o tornaconto post-elettorale?

Nel caso di Bradley un numero cospicuo di elettori bianchi si era detto ben disposto a votare per un candidato non bianco, ma la storia ha raccontato il contrario, rintracciandone le cause in ragioni razziali quanto politiche.

Nel 2016, l’effetto Bradley ha colpito ancora una volta il paese dalla bandiera a stelle e strisce, è il caso appunto delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Infatti, la candidata democratica Hillary Clinton, fino alla sera prima, veniva data vincente dagli analisti dei principali network sul candidato repubblicano Donald Trump. La preferenza apparentemente data alla Clinton oscillava su più punti percentuali e Trump non godeva dell’endorsement di nessun grande giornale. I sondaggi Stato per Stato, davano la Clinton ormai lanciata per il podio della Casa Bianca, ma anche in questo caso, l’election day decretò presidente Donald Trump con una vittoria dirompente. I democratici furono sconfitti nei principali swing states, quali Ohio, Florida e Pennsylvania, ma anche negli Stati storicamente a trazione democratica, come Michigan e Wisconsin. Una fetta di analisti interpellati avrebbe commentato che la falla nei sondaggi sarebbe dipesa dagli “hidden voters”, gli elettori nascosti, che avrebbero mentito sul nome del candidato che erano realmente determinati a votare.

Che si parli di desiderabilità sociale o di effetto Bradley, ciò che rileva è in parte il confine incerto delle stime di alcuni sondaggi e la falsità di molte dichiarazioni, rese per opportunismo o nel tentativo di apparire più socialmente gradevoli o conformi al pensiero dominante. Occorrerebbe bilanciare i contenuti dei sondaggi, ma forse garantire ancor di più la privacy degli intervistati, cercando di superare il fattore distorsivo della desiderabilità sociale attraverso l’anonimizzazione del campione di popolazione interrogato.

La riflessione vale anche per il targeting delle opinioni e delle campagne sulle piattaforme social.

In parecchi casi riguarda un’adesione di comodo ad alcuni post e l’inganno sta nel pensare che il gradimento esternato sui social, comporti comunque consapevolezza e sostegno.


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