E’ stato come partire dalla coda avvelenata per risalire lungo la strada, tortuosa, della dignità professionale. Con questo spirito Giuseppe Manzo ha intervistato Giuseppe Giulietti il Sud Reporter, partendo dal caso caldo della Campania in questo momento, quello di Mario De Michele, il cronista di Caserta che ha ammesso di essere egli stesso l’autore degli attentati per i quali la Prefettura gli aveva attribuito la scorta. Per alcuni è stato persino troppo facile allargare, come in una sola melassa, le critiche ai cronisti di frontiera e al movimento antimafia più in generale.
Era doveroso riparlarne su un portale della Campania.
“Parlo con serenità del caso De Michele. – ha risposto il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa alla domanda di Giuseppe Manzo – De Michele è un problema per se stesso, non per la Federazione. Sono stati gli organismi competenti che hanno dichiarato Mario De Michele a rischio di morte e gli hanno dato la scorta. Io dico che è dovere del sindacato abbracciare qualunque collega sia considerato a rischio. Siamo stati noi a chiedere al Ministero dell’Interno di verificare ogni singola smagliatura. Il sindacato non ha amici da proteggere, non ci sono nomi eccellenti. Se ci sono impostori li accompagneremo alla porta della professione e saremo parte civile nei processi perché hanno colpito alle spalle colleghi perbene che ogni giorno seguono vicende di mafia e di malaffare e rischiano fisicamente, rischiano le querele bavaglio. Tutti temi che, unitamente all’abrogazione del carcere per i giornalisti devono diventare i punti cardine di una riforma strutturale. Dobbiamo sempre ricordare il Paese in cui siamo: ci sono stati giornalisti commemorati solo dopo che li hanno ammazzati, uno di questi è Peppino Impastato, da vivo veniva considerato un mezzo matto che urlava contro le mafie. Preferisco una solidarietà in più il giorno prima che una lacrima da coccodrillo il giorno dopo”.