Peppino Impastato vive ancora e vive sono le sue lotte per la giustizia sociale, per gli ultimi, per la difesa del territorio e contro la mafia. Dal profondo sud della provincia di Lecce parte la proposta di intitolare a lui un luogo da riscattare e sottrarre a degrado e indifferenza, le “aule sociali” di Castiglione d’Otranto, frazione di Andrano, accanto al parco intitolato a Renata Fonte, prima donna salentina vittima di mafia. Ad avanzare l’idea, nel 42esimo anniversario del suo assassinio, è una cordata di realtà locali: associazione Casa delle Agriculture Tullia e Gino assieme all’omonima cooperativa, coop. soc. L’Adelfia, Parrocchia San Michele Arcangelo, Pro Loco Andrano, con il sostegno di Libera Lecce, Associazione della Stampa di Puglia e Federazione Nazionale Stampa Italiana.
Per l’occasione, è nata l’iniziativa “Peppino Impastato, dalla parte giusta”, una due giorni di eventi online – sabato 9 e domenica 10 maggio – trasmessi sulla pagina Facebook Casa delle Agriculture Tullia e Gino. Si comincia sabato 9 maggio, alle ore 16, con “Peppino, l’acchiappagiustizia”: narrazione visiva per i più piccoli, a cura delle volontarie del progetto “Verso l’Agriludoteca di Comunità”. Alle 17, “Con le idee e il coraggio di Peppino noi continuiamo” (frase dello striscione che apriva il corteo funebre di Impastato): Giovanna Nuzzo, vicepresidente di Casa delle Agriculture Tullia e Gino, esporrà la proposta per l’intitolazione delle aule sociali a Peppino Impastato. Poi, il via agli approfondimenti: alle 18, don Raffaele Bruno del coordinamento provinciale Libera Lecce spiegherà perché “Impastato è vivo, anche nel Salento” e dunque perché la sua lezione resta attuale; alle 19, “La mafia si fa più subdola”, il focus sulla criminalità organizzata oggi, con Giacomo Conte, magistrato, già componente del pool antimafia di Palermo negli anni ’80. Alle 20, “Radio Aut: l’informazione come arma contro i soprusi” è il titolo dell’intervento di Giuseppe Giulietti, presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi). Alle 21, “Cisco” Stefano Bellotti, voce storica del gruppo Modena City Ramblers, racconta come è nato il loro brano “I cento passi”, eseguendolo con un tamburo. Si riprende domenica mattina, 10 maggio, alle ore 9, con “La mafia spiegata ai bambini, l’invasione degli scarafaggi”: videolettura del libro di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso. Alle 10, “Invece lui decise di restare”, interpretazione al femminile de “I cento passi” nel Mulino di Comunità. Si chiude alle ore 11 con “Giustizia sociale, giustizia per la terra”, dialogo in diretta Fb con Giovanni Impastato, fratello di Peppino.
Figura unica nella storia dell’antimafia italiana, Impastato non ebbe il timore di rompere non solo con la “mafia di prossimità” (“I cento passi”, nella sintesi cinematografica e musicale), ma soprattutto con la “mafia in casa”. Il coraggio della denuncia, l’uso dell’informazione e della satira con Radio Aut per creare coscienza civica, l’attenzione ai più deboli sono un monito, ancora, soprattutto per i più giovani. Insegnano, tuttora, a coniugare la lotta per gli ultimi “con la salvaguardia del territorio, il diritto al lavoro dei disoccupati con il diritto a un ambiente non saccheggiato dalla speculazione” (cit. Umberto Santino).
“Fare memoria – dice Giuseppe Giulietti, presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana – significa costruire un futuro più degno per le comunità. Peppino Impastato è stato ammazzato perché non si è piegato alla mafia, perché con il suo collettivo, ai microfoni di Radio Aut, invece di far finta di non vedere e sentire, ha urlato ogni giorno i nomi dei mafiosi e di coloro che erano collusi con i mafiosi. Ha fatto il giornalista, anche se allora non molti lo capivano, nemmeno i giornalisti. E lo ha fatto da giornalista precario, rischiando più degli altri e non scappando mai, rendendosi conto che bisognava urlare, perché quando nessuno ti ascolta, quando c’è il muro del silenzio, per forza devi urlare. Qualcuno può cercare di farti passare per matto e invece Peppino Impastato ha avuto ragione e vive ancora oggi. Lui ci parla anche ora e ci dice che chi vuol fare il giornalista deve tentare di illuminare tutti i covi del malaffare e soprattutto non deve lasciare mai solo chi denuncia. Ricordare Peppino, inoltre, significa non dimenticare gli errori e orrori compiuti anche dallo Stato, perché quel 9 maggio – giorno in cui venne ritrovato anche il corpo di Aldo Moro – qualcuno iniziò a depistare, dicendo che Impastato era il boia, che voleva piazzare una bomba e ci vollero anni e anni di fatica di familiari, compagni, altri giornalisti e cittadini per arrivare finalmente a verità e giustizia. Il ricordo di Peppino Impastato, quindi, parla ad oggi della necessità di non fidarsi mai di nessuna verità preconfezionata, di nessuna velina, della necessità di indagare e di tentare di non lasciare mai nessuno senza verità e giustizia”.