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Il valore del 3 maggio. Inaccettabili gli attacchi ai media in Europa

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Ci sono giornate che non sono semplici ricorrenze. Ci sono date che non sono solo da celebrare. È il caso del 3 maggio, scelto ventisette anni fa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite come Giornata mondiale della libertà di stampa. Per ricordare i giornalisti che hanno perso la vita facendo il proprio lavoro, per accendere i riflettori su quanti per questa loro professione vengono minacciati o imprigionati, per ribadire quanto la libertà d’informazione sia la pietra angolare su cui poggia ogni democrazia e come sia un impegno da rinnovare costantemente quello di garantire l’esistenza di una stampa indipendente e pluralista.
Questo 3 maggio, lo sappiamo, è diverso da quelli che l’hanno preceduto. Cade in un momento particolarmente difficile, mai vissuto prima dalla nostra generazione, in piena emergenza per la pandemia generata dal Covid-19. Ciò non vuol dire, però, che la data odierna abbia un significato minore rispetto al passato o che l’importanza di quella pietra angolare in qualche modo venga meno. Al contrario.
Ne abbiamo continui esempi positivi, perché proprio di fronte all’emergenza sanitaria l’informazione libera e professionale si sta dimostrando decisiva per formare un’opinione pubblica consapevole: il giornalismo di qualità e le notizie verificate, affidabili e imparziali sono un prezioso incentivo ai comportamenti responsabili dei cittadini.
Ne abbiamo però purtroppo, del significato che questa giornata mantiene, anche esempi negativi, perché proprio la drammatica diffusione del Coronavirus ha fornito il pretesto in diverse realtà per colpire cronisti che con le loro inchieste rivelavano verità non gradite e per ottenere pieni poteri da utilizzare per mortificare diritti e libertà, a cominciare proprio da quella di stampa. Il caso più evidente è quello dell’Ungheria di Orbán, sul quale bene ha fatto “Articolo 21” a sollevare immediatamente allarme e proteste.
E d’altra parte non è da oggi, ma da ormai diversi anni, che i media anche in Europa sono oggetto di un numero crescente di inaccettabili attacchi. Daphne Caruana Galizia e Jàn Kuciak, assassinati mentre lavoravano ad inchieste su casi di corruzione e attività del crimine organizzato, sono il tragico simbolo di aggressioni a cronisti investigativi, di impunità diffusa per i colpevoli di atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, di continue ingerenze e pressioni politiche ed economiche per limitare la normale e doverosa attività della stampa.
Altrettanto doverosa, di fronte a ciò, è la solidarietà di tutti, a cominciare dalle istituzioni. E però non basta. Chi, governando, ha la responsabilità di prendere decisioni, deve fare ogni sforzo per proteggere il diritto di espressione e garantire la sicurezza e la libertà dei giornalisti, che mai come in questo momento sono un presidio fondamentale per la tenuta delle istituzioni democratiche. Anche per rispondere al meglio ad una complessa e inevitabile crisi economica che, purtroppo lo sappiamo, avrà conseguenze sul piano sociale tanto più pesanti quanto più non si riuscirà a rispondere con uno spirito di unità e responsabilità, in nome dell’interesse comune.
La stampa libera e autorevole è e sarà un’arma decisiva, per sperare di vincere questa sfida. Il Governo ne è consapevole. Una delle ragioni per cui fin dall’inizio dell’emergenza abbiamo voluto evitare che le attività della filiera editoriale si fermassero è esattamente questa: assicurare il diritto costituzionale di informare e di essere informati. Ed è evidente come le minacce alla libertà di stampa siano minacce proprio a questo diritto.
Ecco perché la riattivazione del Centro di coordinamento dell’attività di analisi e scambio di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, per rafforzare la rete di protezione e le tutele per chi si trova a combattere in una prima linea ostile e pericolosa. Ed ecco anche il perché della decisione di istituire una Commissione per l’equo compenso: i giornalisti per far bene il proprio lavoro e per essere davvero liberi devono veder riconosciuti i propri diritti ed essere retribuiti come meritano.
Garantire la libertà e la forza dell’informazione è, a ben vedere, il senso di tutte le scelte fatte sin qui, che porteranno alla riforma complessiva del sistema “Editoria 5.0”.
Celebrare nel modo migliore questa giornata significa portare avanti un’azione concreta seguendo principi irrinunciabili: libertà dei giornalisti di informare, libertà dei cittadini di essere informati, libertà per chi ha scelto un mestiere che è una missione di svolgerlo senza il peso delle minacce o della precarietà, libertà di mettere la propria professionalità al servizio delle notizie e della comunità.
Ricordando sempre, per usare alcune parole di Jacques Prévert, che “quando la verità non è libera, la verità non è vera”.

*Andrea Martella è sottosegretario all’Editoria


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