Il Bosco di Robin Hood si trova ai margini della cittadina di West Memphis, in Arkansas. La topografia e l’antropologia del centro urbano sono quelle consuete: le congregazioni religiose fondamentaliste, le solide famiglie entro le quali strisciano violenza latente e psicopatologie segrete, i diners lucidi e semivuoti, la polizia ottusa, le casette con giardino piene di segreti, il controllo sociale e la riprovazione del diverso non dissimili da quelli che troviamo in The Scarlet Letter. Temi non nuovi, ma che Egoyan esamina con l’elusività e la capacità di fascinazione visiva che gli sono proprie.
L’accesso al Bosco, aspro e insidioso, è interdetto da una barriera, corredata da un segnale di stop, facilmente aggirabile dai piccoli gruppi di bambini in bicicletta – simili alle bande infantili in cerca di prove iniziatiche descritte tante volte da Stephen King – e dagli adolescenti dilaniati da un grado di realtà intollerabile, da una vita basica e concentrazionaria che li induce a cercare dei punti di fuga e di contrapposizione nel look dark, nella musica heavy metal e nei libri di stregoneria svenduti dalla biblioteca locale a 10 centesimi l’uno. Dentro il Bosco esiste una zona franca, un luogo di incontro privilegiato e arcano, simbolo dell’inviolabilità dell’immaginario infantile: Devil’s Knot. Niente di speciale, un fiumiciattolo e un groviglio inestricabile di alberi muscosi, ma anche il simbolo di tutte le avventure e insidie e fantasie possibili, limine oltre il quale il tempo e le regole perdono ogni potere.
Un giorno capita che tre di questi bambini non rientrino a casa e che i loro corpi nudi e straziati vengano ritrovati sul fondo del fiume. Ed è da questo momento, a circa un terzo del film, che l’occhio da notomista dell’ambiguità di Egoyan inizia a muoversi nel labirinto costruito dalle verità troppo facili e inficiate dal pregiudizio. Del crimine vengono accusati Damien, Jason e Jessie, tre sedicenni infelici e ribelli “cultori di pratiche e letture sataniche”. Il processo si svolge in mezzo alle urla infoiate di una comunità diventata corpo unico, testuggine inscalfibile, muta di cani inselvatichiti, e condotto verso l’unica conclusione socialmente accettabile da un giudice ostile e reazionario.
Gli andirivieni della storia fra piani temporali diversi e verità inaspettate che tuttavia sfuggono alla presa, si compongono in un montaggio perfetto, concentrato a seguire l’indagine raziocinante del detective umanista Ron Lax (Colin Firth) e l’insorgere progressivo del dubbio nell’animo di Pam Hobbs, madre di uno dei bambini uccisi (Reese Witherspoon). E’ stordente la quantità di azioni volutamente mancate di cui veniamo a conoscenza nel corso delle loro ricerche parallele: mentre già si sospetta un crimine non viene cercato un uomo coperto di sangue e in stato confusionale segnalato da alcune persone, un agente addirittura smarrisce il campione ematico grattato dalle pareti, alcuni interrogatori si svolgono in Tribunale a porte chiuse, le prove a discarico vengono rifiutate, gli imputati scherniti in aula, crocifissi da chi prende la testimonianza come un gioco di accettazione sociale.
Proprio intorno all’evoluzione di Pam ruota la parte più originale di Devil’s Knot. Non c’è pace possibile per chi ha perso qualcuno, un figlio di otto anni che continua a correrti incontro mentre sei in strada, sorridendo felice. Ti alzi troppo presto e guardi i suoi disegni incollati al frigo, senti l’impronta del suo corpo, porti l’ultimo compito di matematica a scuola per farlo correggere, per sentirti dire ancora una volta che era un bravo bambino, per ricevere l’abbraccio muto dei suoi compagni di classe. E scopri a poco a poco la natura perversa dell’ostracismo, del braccio levato ad accusare, dei volti deformati dall’ira. Scopri che le risposte interiori non si trovano nel manicheismo apodittico della religione, bensì in una forma diversa di spiritualità. Allora accade, piano piano, mentre rifletti in silenzio. La piccola Ombra comincia a guardarti di notte dal giardino, in mezzo all’erba di un verde brillante, onirico, ti entra nei sogni mostrandoti degli oggetti, guidandoti nei luoghi che amava, fino in soffitta, dove una scatola di latta brunita nasconde il coltellino da cui il bimbo non si separava mai e che non era stato ritrovato nel fiume. Si apre faticosamente il varco una versione diversa del delitto, ancora più atroce.
Forse a uccidere sono stati degli adulti, dei rispettati membri della cittadinanza e della Chiesa.
Forse.
La ricerca delle prove per Ron e Pam durerà per decenni, o forse per sempre.
DEVIL’S KNOT
- Regia: Atom Egoyan
- Distribuzione: Notorious Pictures
- Produzione: Elizabeth Fowler, Richard Saperstein, Clark Peterson, Christopher Woodrow, Paul Harris Boardman
- Data di uscita al cinema: 8 maggio 2014
- Durata: 115′
- Sceneggiatura: Paul Harris Boardman, Scott Derrickson
- Direttore della Fotografia: Paul Sarossy
- Montaggio: Susan Shipton
- Scenografia: Phillip Barker
- Costumi: Kari Perkins
- Attori: Reese Witherspoon, Colin Firth, James Hamrick, Set Meriwether