Viviamo nella società più produttiva e prospera della storia umana, ma per qualche motivo perseveriamo in un modello di produzione e consumo che prevede lo sfruttamento fino allo sfinimento di tutte le risorse: naturali e umane. Molte persone vedono un aumento e un’intensificazione dei tempi di lavoro, troppe altre l’esclusione dal lavoro e, spesso, dall’accesso alla società. Aznar la definisce la «società duale, in cui la metà degli individui lavora troppo e l’altra metà non lavora affatto». È necessario spalmare gli aspetti negativi del lavoro su un numero maggiore di persone e condividerne gli effetti positivi. Ridurre gli orari, e quindi redistribuire il lavoro, significa liberare tempo di vita. L’obiettivo è quello di lasciare spazio anche ad aspetti che non siano dominati dall’economico, spazio cioè a tutto ciò che non risponde alle logiche del mercato e del denaro. La questione del tempo è un tema unificante. Permette di entrare in relazione con chi è preoccupato dell’ambiente e con chi chiede più giustizia sociale, con chi vuole più tempo per la famiglia e con chi è stremato da un lavoro che odia.
È l’occasione di aprire una riflessione sui nostri bisogni, su ciò che ci serve e cosa no, su quello che è importante e quello che non lo è, su cosa ci rende felici e cosa invece è fonte di infelicità. Ridurre l’orario di lavoro a parità di salario, È giusto, perché riequilibra i rapporti di forza nell’economia e nella società, e sottrae potere alla logica secondo la quale il tempo è denaro. È desiderabile perché apre alla possibilità di ricalibrare il centro della società al di fuori e a lato dell’attività economica e allo stesso tempo di permettere l’accesso al lavoro di un numero maggiore di persone. Ci consente di cercare forme di realizzazione che passino da un modello di vita più lento e più dolce, che pensi meno ai soldi e più alle relazioni umane, alla cultura e alla politica. Con il tempo liberato fioriscono nel campo accanto interessi, ambiti, emozioni dimensioni della vita diverse da quelle inscritte nel campo economico.
È possibile perché l’immensa capacità produttiva raggiunta dalla nostra società va indirizzata a vantaggio del maggior numero di persone possibile e non della tutela dei privilegi di pochi. Possiamo ridurre l’orario di lavoro perché la soddisfazione dei nostri bisogni non passa più direttamente da un aumento dell’orario di lavoro. È urgente perché il cambiamento climatico richiede interventi immediati prima che i danni siano catastrofici e irreversibili. Titolo : Il tempo non è denaro Sottotitolo : Perché la settimana di 4 giorni è urgente e necessaria Autore : Giorgio Maran Editore: Altrimedia Edizioni Collana : Tempi moderni Anno : 2020 Pagine : 168