Il C.Re.S.Co. – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea – con i suoi oltre 150 soci, rappresenta un arcipelago di imprese e lavoratori dello spettacolo dal vivo che fa dell’eterogeneità la sua forza.
Sin dall’inizio dell’emergenza Covid_19 C.Re.S.Co ha lavorato, di concerto con altre sigle del settore, all’elaborazione di proposte concrete che in numerose occasioni sono state presentate al ministro Dario Franceschini e al Governo.
Il coordinamento, facendosi portavoce dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, esprime una profonda preoccupazione in merito al silenzio assoluto su qualsiasi ipotesi concreta di ripresa delle attività teatrali.
Gli spazi teatrali non sono teatri centri commerciali e “consumifici” di massa, sono presidi culturali e civici di prossimità sui territori, pronti ad attrezzarsi per rispondere, nel rispetto di ogni vincolo imposto, alla “domanda di comunità” che oggi si leva dalle cittadine e dai cittadini di questo Paese.
Coscienti che la fase 2 è scaturita dall’urgenza di non aggravare il presente portando al collasso l’intero Paese, C.Re.S.Co chiede che sia riconosciuto come l’aggravarsi delle condizioni di imprese e lavoratori dello spettacolo, giorno dopo giorno- senza un piano di breve, medio e lungo periodo di ripresa delle attività- sia tale da poter comportare il fallimento di moltissime realtà medio piccole che contribuiscono al grande fermento artistico del nostro Paese.
Per tutti i lavoratori dello spettacolo, ogni giorno senza lavoro è un giorno senza reddito, nonostante le misure di tutela previste dal Decreto Cura Italia: non esistono ancora certezze, ad esempio, sull’indennità di aprile sia per i lavoratori dello spettacolo sia per gli autonomi, che non potranno sopravvivere a lungo con 600 euro al mese.
Consapevole che sarà necessario attendere le prossime settimane per una ragionevole tempistica sulla ripartenza delle attività aperte al pubblico in spazi chiusi, C.Re.S.Co richiama l’attenzione del ministro Franceschini sulla ripresa delle attività che si svolgono in assenza di pubblico, in primis il lavoro negli uffici – al fine di tornare a progettare il futuro dello spettacolo dal vivo; sulle prove delle compagnie per la realizzazione di nuove produzioni; sulle attività per cui le misure di contenimento del virus risulterebbero di facile gestione, come le attività formative laboratoriali; sulle attività di spettacolo all’aperto, di fondamentale e prioritaria importanza sia per permettere ai lavoratori dello spettacolo (durante la lunga estate mediterranea) di tornare al lavoro, sia per invitare gli spettatori/cittadini a superare la paura che l’isolamento protratto ha determinato, ricreando così le comunità.
In merito alla riapertura dei teatri al pubblico C.Re.S.Co chiede al Ministro di dedicare particolare attenzione agli spazi con capienza inferiore a 200 posti, che non saranno nelle condizioni di riaprire a meno che non siano garantite misure che possano compensare i mancati incassi da botteghino.
E’ necessario comprendere che non è immaginabile un futuro per il sistema dello spettacolo dal vivo in Italia che non si occupi di sostenere i soggetti più fragili e spesso più fertili e innovativi. In questo senso, probabilmente, è stata immaginata la dotazione di 20 milioni di euro destinati ai i soggetti extra Fondo Unico per lo Spettacolo), le cui misure hanno tutto l’aspetto di un’azione finalmente rivoluzionaria, ma rimasta intentata fino in fondo: quella di mappare organicamente il comparto pur stando fuori dal Sistema, paradossalmente, lo sostiene.
La proposta di C.Re.S.Co prevede l’individuazione di fasce o di scaglioni oggettivi all’interno dei quali assegnare un medesimo contributo, affinchè si operi attribuendo parti eguali a soggetti eguali. Così da far corrispondere a ogni segmento un indennizzo quanto più adeguato e rispettoso delle differenze.