Lo abbiamo incrociato per le strade di Torino, per le strade d’Italia e del mondo; qualcuno l’ha fermato per salutarlo e per fargli i complimenti. Altri, più timidi non lo hanno fatto, per questo oggi sono dispiaciuti. Molti l’hanno ascoltato in teatri, o in piccoli pub, altri invece l’hanno conosciuto in tv.
La malattia l’ha reso noto al grande pubblico e di questo lui non era contento. La sua musica, la sua passione e la sua forza espressa sul palco quella malattia la sopprimevano, la sovrastavano, la annientavano. Sul palco.
Lui se la dimenticava e il pubblico non la vedeva più.
Una malattia che però c’era, degenerativa, e che l’ha portato via.
È morto all’età di soli 48 anni il musicista e compositore e direttore d’orchestra Ezio Bosso.
In questi ultimi tempi giravano sul web i suoi video. Anche lui già affaticato dalla vita era come tutti noi costretto a vivere in casa, a non poter fare più concerti, una costrizione che l’ha certamente condizionato, seppur la sua forza in tutti questi anni sia stata la resilienza. Il suo insegnamento: la libertà, che è la musica, vince sulla malattia.
In un’intervista rilasciata a Fanpage Bosso diceva: «Dal mondo della musica classica ho subito tanti schiaffoni, ingiustizie, insulti, come quello di esistere artisticamente solo perché avevo una malattia: è evidente, non posso negarlo, è ovvio. Dunque la prima reazione porta alla rabbia, l’altra invece è quella di guardarmi le ruote… ho messo delle ruote bellissime. La mia è stata una vita dedicata alla lotta al pregiudizio. Sin da bambino ho dovuto lottare per il fatto che un povero non può fare il direttore d’orchestra perché il figlio di un operaio deve fare l’operaio, così fu detto a mio padre».
Invece, Bosso è riuscito a coronare il suo sogno e lo ha regalato anche a chi crede di non potercela fare: le tante persone che sperano di poter soddisfare le loro aspirazioni.
Mancherà Bosso. Mancheranno la sua presenza, la sua vivacità, il suo sorriso, la sua forza. Resterà la sua musica. Vivrà il suo insegnamento.
Ciao Ezio!