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Dai millennials ai baby boomers, chi sono i fruitori della comunicazione dal racconto di Will ed Agcom

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L’ultimo rapporto sul consumo di informazione AGCOM analizza un fattore individuale specifico, quello generazionale, per evidenziare le differenze nelle abitudini di consumo dei media in base alla classe di età. Dallo studio si evince come la durata di esposizione alla Tv, per quanto elevata per tutte le fasce di età, sia decisamente maggiore della media per gli individui più anziani (presumibilmente anche in ragione del maggior tempo trascorso in casa) e inferiore alla media per la popolazione fino ai 44 anni. Nel caso di Internet, mentre per le fasce più giovani della popolazione il tempo dedicato alla navigazione è prossimo alle due ore nel giorno medio, per gli individui tra i 45 e i 64 anni scende a 107 minuti e si riduce drasticamente (72 minuti) per gli ultrasessantacinquenni. Tuttavia comparando i dati forniti da questo rapporto con quelli più recenti dell’Osservatorio della stessa Autorità, del Censis e dell’Eurispes, si nota un incremento del minutaggio legato alla fruizione della navigazione e quindi dell’informazione. Il tempo medio dedicato giornalmente all’ascolto della radio, che rispetto ai primi due mezzi presenta una minore variabilità per età, risulta superiore alla media per le fasce centrali della popolazione, ossia quelle in età lavorativa, e si riduce per le fasce estreme (giovani e popolazione matura). Infine, il tempo dedicato nel giorno medio alla lettura dei quotidiani, decisamente più basso rispetto agli altri mezzi, e maggiore della media soltanto per la fascia di età più alta della popolazione.

Come diffusamente riconosciuto dalla letteratura nazionale e internazionale, nonchè a livello legislativo, normativo e regolamentare, i mezzi di comunicazione, rappresentando il veicolo primario di informazione, hanno un ruolo fondamentale nel processo con cui gli individui costruiscono la propria visione della realtà. Essi, infatti, suscitano modi di pensare, stimolano determinati comportamenti (di consumo, investimento, voto, ecc.), favoriscono la creazione di gusti e preferenze, offrono opportunità di far emergere nuove idee e letture su un tema, contribuiscono, in pratica, alla formazione dell’opinione pubblica, alla “negoziazione dei significati e delle opinioni” , “godendo di un’autorità culturale nel rappresentare il mondo[1]. L’accesso ai media, però, costituisce soltanto un prerequisito per accedere all’informazione. Affinchè questa possa raggiungere un individuo, è indispensabile che egli compia la scelta ulteriore di fruire dei contenuti informativi messi a disposizione da Tv, radio, quotidiani e Internet, ossia che acceda ai media allo scopo di informarsi. Al riguardo, per soddisfare l’esigenza informativa, i cittadini possono rivolgersi a un unico mezzo o utilizzare una combinazione di media, transmedialità, per cui ciascun mezzo può assumere una diversa valenza informativa per gli individui e raggiungere pubblici diversi.

L’accesso a scopo informativo, inoltre, può manifestarsi con diverse frequenze temporali: alcuni individui accedono all’informazione in modo continuato, con una frequenza quotidiana (una o più volte nel corso della giornata), altri saltuariamente, con frequenza più diradata nel tempo. In via preliminare, dai dati raccolti con l’indagine realizzata da GfK Italia per AGCOM[2] risulta che, in Italia, circa il 95% della popolazione si informa attivamente su almeno un mezzo di comunicazione tra Tv, radio, quotidiani(cartacei e digitali) e Internet; in altre parole, la quasi totalità degli italiani ricerca, o anche soltanto accede a, notizie su ciò che succede in Italia, nella realtà locale in cui vive (regione, provincia o comune), oppure notizie che travalicano i confini nazionali. Analizzando la frequenza con cui gli Italiani si informano su almeno un mezzo, si rileva che una grossa porzione della popolazione, poco più dell’80%, è alla continua ricerca di contenuti informativi, tanto da dichiarare di cercarli in maniera costante, vale a dire quotidiana.

Come l’emergenza da covid-19 abbia cambiato o meno le abitudini di consumo dei media, ce lo dice dettagliatamente l’analisi condotta da Global Web Index e che bene hanno fotografatato, per il segmento di fruitori italiani, i post di Will, la community dell’informazione di qualità che opera su Instagram. Non si può non citare Will, per la scalata repentina al mondo dell’informazione non tradizionale. Will è infatti  l’ultima novità dell’informazione digitale, nata dalla partnership tra l’economista under 30 Imen Boulahrajane e lo startupper Alessandro Tommasi. Will ha al suo attivo, a maggio 2020, 326.000 followers. Questa startup dell’informazione vuole trattare attraverso le Instagram Stories le questioni più importanti dell’economia, della politica e della società, ma secondo un mood unconventional, attraverso testimoni giovani e contingentando un’informazione esaustiva in 100 secondi o comunque in un tempo adeguato a fornire un quadro essenziale.

Molto interessante la recentissima lettura dei dati fornita ai suoi “seguaci” e relativa alla fruizione dei media su base generazionale, sostanzialmente in linea con i dati finora esposti, ma utile per identificare i nomi delle differenti fasce generazionali, confermandone i trend legati all’informazione. Il periodo di riferimento è quello dei mesi scanditi dal coronavirus e la fonte utilizzata, come scritto, è stata Global Web Index[3]. I post pubblicati da Will sulla propria pagina social evidenziano una percentuale significativa, il 51%, di utilizzo dei video online specie per la cosiddetta generazione Z, che contrassegna i fruitori dei media dai 16 ai 23 anni, e la generazione X, che va dai 38 ai 56 anni. Rilavano i dati secondo cui i Millennilas (24-37 anni) per informarsi ricorrono a news online (36%), postcad (20%) e stampa tradizionale (19%) in percentuale maggiore rispetto alle altre categorie individuate. La TV come fonte di notizie resta trasversalmente presente e seguita a tutte le età, ma in particolar modo dai Boomer[4] (57-64 anni) con il 41%. In crisi, rispetto alle voci analizzate, la stampa tradizionale.

 

COME VENGONO PERCEPITI I MEDIA

Nel 32° Rapporto Eurispes si afferma che la tv è sempre il mezzo più credibile anche se in calo. I quotidiani online vengono percepiti come meno attendibili rispetto a quelli cartacei. Debole fiducia anche nei confronti dei social network, credibili solo per il 35% del campione. Mentre per formarsi un’opinione di voto un quarto degli intervistati da Eurispes dichiara di non affidarsi ai mezzi di comunicazione. Sono alcune delle tendenze che emergono dallo studio ‘Italia 2020’, presentato il 30 gennaio all’Università “La Sapienza”.

 

COMUNICAZIONE POLITICA E SOCIAL NETWORK: IL CAMBIO DI PARADIGMA DI CERTA INFORMAZIONE

Il 32° Rapporto spiega ancora che come mezzo per formarsi un’opinione di voto la Tv perde dieci punti in 10 anni e che un quarto degli italiani non si affida ai mezzi di informazione. Quelli che considerano ancora la televisione il mezzo più attendibile sono il 64,6%; seguono giornali radio (59,8%), quotidiani (55,3%), quotidiani online (51,1%), talk televisivi (42,4%), forum o i blog (41,1%) e social network (35,4%). Quasi tre italiani su dieci (28,6%) formano la propria opinione di voto sulla base delle informazioni che apprendono in Tv (anche se nel 2008 il dato era al 38,3%); un quarto (24,6%) non si basa su alcun mezzo, in quanto ha idee proprie. Pochi si affidano a social (12,2%), quotidiani (10,1%), quotidiani online (8,5%), radio e comizi dei candidati (5,2%). Ad influenzare maggiormente le scelte di voto sono i valori e le opinioni personali (32,6%) seguono la propria situazione economica/lavorativa (16,8%), la propria visione del futuro (14,8%), la situazione familiare (10,5%), la tradizione familiare (9,6%) e l’opinione di parenti ed amici (8,8%).

La comunicazione politica trovava nelle piazze il baricentro di ogni comizio, la transmedialità dell’informazione invece ha catapultato tutti in una campagna elettorale continua e gli addetti ai lavori a costruire personal brand[5] e marketing politici, in cui pubblicità, marketing ed informazione si fondono. A tal proposito, è utile considerare il 52° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, secondo cui i giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica e sui social sono espressi da una percentuale che sfiora la metà degli italiani: complessivamente, il 47,1%. Il 16,8% ritiene che siano preziosi[6], perché così i politici possono esprimersi con immediatezza e senza alterazioni ai cittadini. Il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono interagire, postando direttamente le proprie opinioni ai politici. E’ cambiata insomma la modalità con cui i mass media tradizionali si interfacciano con i destinatari della notizia, così come è cambiato il rapporto della comunicazione. Si è passati infatti dal one-to–many, dai messaggi unidirezionali, in voga fino a non molti anni fa, al doppio, triplo o infinito binario con cui si comunica attraverso il web ed i social. Proseguendo nell’analisi dei dati risulta, invece, che il 23,7% reputi i social inutili, perché le notizie importanti si trovano nei giornali e in tv, il resto è gossip. Infine, il 29,2% è convinto che siano dannosi, perché attraverso le semplificazioni diventino terreno fertile per il populismo e l’hate speech nei confronti dei competitors.

Numeri e percentuali che ricordano a tutti quanto costi e sia necessario monitorare l’andamento di questi consumi per toccare il polso dell’informazione e della società.

 

NUOVE LITURGIE E DIPENDENZE DELLA DIGITAL LIFE

Il 59,4% degli italiani che possiedono uno smartphone dichiara che, invece di telefonare, preferisce inviare messaggi per dire qualcosa. Il 50,9% controlla le notifiche del telefono come prima azione del mattino o come ultima prima di andare a dormire. Il 48,4% controlla le previsioni meteo nel corso della giornata. Il 30,1% inoltra vocali invece di messaggi digitati sulla tastiera. Un’altra abitudine/ossessione quotidiana riguarda il rapporto con la memoria. Il cellulare diventa una «protesi» utile ai nostri ricordi e alle nostre conoscenze, al punto che il 37,9% degli utenti, quando non ricorda un nome, una data o un evento, si affida alle risposte della rete per fugare ogni dubbio. E il 25,8% non esce di casa senza portare con sé il caricabatteria del cellulare[7] [8].

[1] Migrazioni ed integrazioni nell’Italia di oggi a cura di Corrado Bonifazi cit. a pag. 337

[2] https://www.agcom.it/documents/10179/9629936/Studio-Ricerca+19-02-2018/72cf58fc-77fc-44ae-b0a6-1d174ac2054f?version=1.0

[3] https://blog.globalwebindex.com/trends/how-the-outbreak-is-changing-entertainment-habits/

[4] Con il termine “baby boomer” viene comunemente indicata una persona, di sesso sia maschile che femminile, nata in Nordamerica o in Europa tra il 1946 e il 1964, ovvero durante il periodo del notevole aumento demografico avvenuto in quegli anni, noto con il termine inglese di baby boom, che proseguì parallelo al boom economico registrato in questi paesi nel secondo dopoguerra. La generazione successiva a quella del baby boom, ovvero quella dei nati dal 1965 al 1980, viene definita, più in ambito giornalistico e mediatico che altrove, “generazione X”; quella antecedente ai baby boomers è invece la generazione nota come generazione silenziosa.

[5] Con l’espressione personal branding si fa riferimento a quel complesso di strategie messe in atto per promuovere se stessi, le proprie competenze ed esperienze, la propria carriera alla stregua appunto di un brand. Sfruttato in praticamente qualsiasi settore, ha molto a che vedere con il marketing personale. Non è un caso del resto che, anche a rischio di semplificare molto, ci si riferisca spesso al personal branding come a una forma sui generis di marketing applicato alla persona. https://www.insidemarketing.it/glossario/definizione/personal-branding/

[6] https://www.primaonline.it/2018/12/07/281964/censis-luso-politico-dei-social-network-divide-gli-italiani-a-meta-ecco-quali-sono-i-nuovi-riti-imposti-dalla-smartphone/

[7] https://www.lastampa.it/tecnologia/news/2018/12/09/news/dal-meteo-web-ai-messaggi-vocali-ossessioni-e-tabu-degli-italiani-nell-era-digitale-1.34066130

[8] Tienilo acceso di Vera Gheno e Bruno Mastroianni edito Longanesi.


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