In piena emergenza Covid, quando la famosa filiera agricola dell’agro pontino, continuava ad andare avanti come un treno, lui, un bracciante indiano di 33 anni, aveva “osato” chiedere al datore di lavoro e altri dispositivi di protezione ritenuti necessari da tutti i decreti di marzo. La risposta è stata una reazione violentissima del “padrone” e del figlio che ieri mattina sono stati raggiunti da misure restrittive su ordinanza cautelare del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina. I fatti sono avvenuti all’inizio di marzo a Terracina. L’imprenditore, 52enne, e il figlio sono accusati a diverso titolo di estorsione, rapina e lesioni aggravate. Le indagini della polizia sono partite il giorno in cui il bracciante si è presentato al pronto soccorso con ferite alla testa provocate da un corpo contundente, fratture e lesioni in varie parti del corpo. Il lavoratore era stato pestato dai due solo per aver chiesto le mascherine e i guanti di protezione. Oltre al diniego è arrivato il licenziamento e quando il dipendente ha chiesto la liquidazione è stato preso a calci e trascinato in un canale di scolo. Questa storia drammatica ha inoltre consentito di scoprire che nella stessa azienda agricola, che si trova a Borgo Hermada, un quartiere della città ad elevatissima concentrazione di famiglie indiane, c’erano anche molti altri braccianti stranieri, tutti vittime di un sistematico sfruttamento economico, costretti a lavorare 12 ore al giorno compresi i festivi e nessuno di loro aveva dispositivi di sicurezza anti Covid. Appena un mese fa a Latina erano finiti in manette due imprenditori che gestivano un’azienda agricola con 400 braccianti, tutti in nero.