Il 9 Maggio 1978 morivano Aldo Moro e Peppino Impastato. Due persone diversissime, ma unite da una comune qualità: il coraggio. Moro lo dimostrò aprendo al PCI di Berlinguer, quando ancora i comunisti erano quelli che mangiavano i bambini; Impastato, denunciando fino a renderlo ridicolo, il potere mafioso che regnava a 100 passi dalla sua casa. Pochi i giornali che si soffermano su questi grandi personaggi che hanno vissuto per elevare la dignità nazionale. Anzi, in alcune importanti testate non c’è neanche un rigo. E questo si spiega con la mancanza di educazione al coraggio, a cui ci siamo adattati da secoli. Perché questa qualità è nutrita da speranza, valori, cultura. Che hanno un prezzo, spesso pesante da pagare, in termini di carriera, solitudine, attacchi dei conformisti. Moro corse il rischio di sdoganare la più grande forza popolare della sinistra italiana ed europea, dopo che Berlinguer , nel ’76, aveva rilasciato la clamorosa intervista in cui dichiarava di preferire la Nato al Patto di Varsavia. Intanto, Impastato nel suo profondo Sud, pur discendendo da una famiglia di cosa nostra, denuncia i mafiosi con Radio Aut, organizza conferenze e proiezioni di film, capisce che la cultura è la fisioterapia che può far raddrizzare la schiena ai suoi compaesani, incurvati da una violenta schiavitù secolare.
Aldo, Peppino, riposate in pace, noi continueremo a batterci per la dignità e la libertà, con tutto il coraggio che ci avete insegnato.