Si avvicina il 3 maggio, Giornata mondiale per la libertà di stampa, ed è inutile sottolineare che quest’anno non sarà una ricorrenza come le altre. Nulla, del resto, è normale in questo periodo, nulla può esserlo, ma ciò non significa abbassare la guardia sulle tante ingiustizie che pervadono la nostra società né sui rivolgimenti che stanno caratterizzando alcune importantissime testate.
Ci avviciniamo al 3 maggio con la gioia per i novant’anni del grande Bernardo Valli, autore di reportage e corrispondenze memorabili, e con il dolore per la perdita, a settantanove anni, di un amico come Giulietto Chiesa, punto di riferimento per tutti coloro che ancora credono nel giornalismo a schiena dritta e testa alta, contro ogni luogo comune, conformismo e presa in giro dei cittadini.
Ci avviciniamo a questa data con la certezza che alcuni stati europei si stanno progressivamente allontanando dalla democrazia: di alcuni ce ne siamo occupati per mesi, di altri ce ne occuperemo in futuro. Certo è che se anche una firma del calibro di Ezio Mauro ha avvertito il bisogno di far sentire la propria voce sulla prima pagina di Repubblica, denunciando il rischio che gli autocrati approfittino della pandemia per infliggere il colpo di grazia allo stato di diritto, la situazione è, evidentemente, più grave del previsto. Del resto,anche da noi si respira una bruttissima aria. Non entriamo nel merito delle decisioni assunte dal governo per gestire una fase storica senza precedenti. Ci limitiamo a sottolineare che alcune incertezze, palesatesi negli ultimi giorni, rischiano di minare l’autorevolezza di Conte e dei suoi ministri, trascinando l’esecutivo nel gorgo di una crisi che auspicano soprattutto coloro che non vedono l’ora di approfittare di questa catastrofe per un bel cambio di governo che riporterebbe al potere la destra più pericolosa che si sia mai vista da tanti anni a questa parte. Anche per questo avvertiamo il dovere di esserci. In una piazza virtuale, ovviamente, sul nostro sito, con i nostri articoli e le nostre riflessioni, con il coraggio civile di chi non si è mai piegato e non si piegherà mai ad alcuna imposizione, di chi si ostinerà a porre domande scomode, di chi non smetterai di battersi in nome di quei valori di giustizia libertà che hanno segnato l’esperienza della Resistenza e della ricostruzione di un Paese che il fascismo aveva ridotto in macerie.
Prima del 3, c’è il 1° maggio: da tanti anni la Festa del (non) lavoro, dei troppi precari, dei troppi sfruttati, dei troppi discriminati, dei troppi giovani senza speranze e senza futuro, delle troppe imprese che chiudono e della concezione disumana dello sviluppo economico, sempre a scapito dei diritti e della dignità umana.
Ci avviciniamo a queste date essenziali del nostro stare insieme con l’auspicio che da questa crisi possa emergere un’Italia migliore, anche se le premesse non sono buone e la classe politica, senza populismi né generalizzazioni di sorta, è quella che è.
Giulietto Chiesa avrebbe continuato a lottare per cambiarla o, quantomeno, per provare a renderla più giusta, più pulita, più conforme ai princìpi costituzionali che molti celebrano, altrettanti insultano di continuo e pochi, pochissimi attuano davvero.
Bernardo Valli continua a regalarci pagine di grande giornalismo, costituendo un punto di riferimento e una memoria storica essenziale, una bussola per orientarci in un mare sempre più in tempesta.
È inutile sottolineare che nulla sarà più come prima: lo sappiamo già. Molto più importante, invece, è preoccuparsi di come sarà il nostro futuro, in un tempo imprevedibile, incattivito, volgare, violento, pericoloso, in cui davvero sono a rischio le conquiste democratiche maturate in decenni di progresso e di democrazia se non compiuta quanto meno stabile.
Il pericolo che dal Coronavirus emerga un mondo assai peggiore è elevato, e l’informazione, come sempre, è la cartina al tornasole di questo malessere sociale. Danno fastidio i controlli, danno fastidio le opinioni scomode, dà fastidio chi non si confonde col coro e sostiene che il buon giornalismo debba spesso costituire una stecca fra le troppe voci che intonano la stessa pessima canzone. Dà fastidio il concetto stesso di politica, intesa come confronto di opinioni e dialettica parlamentare. Sia chiaro che non mi riferisco al presidente Conte, sulla cui passione democratica non nutro alcun dubbio, ma ai tanti che, anche alle nostre latitudini, vorrebbero condurre il pianeta verso una sorta di distopia orwelliana, un Grande Fratello in cui l’unico controllo ammesso è quello, sotto forma di app, spiate e delazioni, che di fatto rende impossibile ogni socialità e fa venir meno la coesione fra le persone.
Per tutte queste ragioni, proprio come il 25 aprile, il 1° e il 3 maggio saranno date ancora più importanti, prendendo esempio dai novant’anni esemplari di Bernardo Valli e pensando a ciò che avrebbe detto in questa situazione Giulietto Chiesa, lui che, per dirla con Vauro, era “ancora capace di piangere per l’orrore della guerra”.
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