Non manca, in queste settimane di necessaria sospensione della cosiddetta normalità, chi paventa un futuro catastrofico per le sorti della democrazia. Il prevalere di sovranismi e dittature porterebbe alla sconfitta definitiva dell’ideale europeo e al trionfo ovunque dei populismi di destra. E invocano come sempre il “pessimismo della ragione”.
Eppure soltanto qualche settimana fa ci rallegravamo per le piazze affollate di popolo che dimostravano la volontà di una democrazia rinnovata dalla partecipazione dei cittadini. Eppure anche i sondaggi danno in calo il consenso popolare a chi chiedeva in Italia i “pieni poteri”.Io credo allora che questa interruzione senza precedenti di un vecchio modo di vivere e di governare offra anche l’occasione per ripensarlo e correggerlo. Credo, anzi voglio credere che il mondo potrebbe essere decisamente migliore, perché nessuna crisi mondiale come questa sta dimostrando il fallimento completo del capitalismo neoliberista.
Anche i meno preparati hanno potuto toccare con mano come il benessere individuale sia dipendente dal bene comune e la libertà individuale dalla solidarietà. Con maggiori investimenti pubblici nella sanità e nella scuola, nell’economia digitale come nelle energie alternative, il vantaggio comune non dovrà contare meno del profitto dell’impresa privata.
Le conseguenze dei tagli alla sanità dovrebbero aver chiarito a tutti che tocca alla politica guidare l’economia e non viceversa. E un po’ più di fiducia nel senso di responsabilità dei lavoratori aiuterebbe la sinistra a recuperare il consenso perduto.
Perciò, cominciando da subito, se di fronte alle maglie “troppo larghe” del decreto governativo i sindacati chiedono di avere voce in capitolo su che cosa va ritenuto o non ritenuto essenziale delle produzioni e delle attività in cui sono impegnati, diamo loro la nostra solidarietà.