L’immagine mediale che si è impiantata nel nostro immaginario nel tempo del Covid-19, quasi a diventarne la copertina, è la trasmissione dello scorso venerdì 27 marzo: la preghiera Urbi et Orbi del Papa di Roma Francesco in una piazza S .Pietro deserta e piovosa. L’Assenza, in luogo di della più tradizionale partecipazione di massa, evoca ciò che sfugge alla fisicità, credenti o meno che si sia. Non si spiegherebbe, altrimenti, il clamoroso successo negli ascolti ottenuto dall’evento: oltre diciassette milioni di utenti medi, vale a dire circa il doppio dei contatti (coloro che si sono sintonizzati solo per un po’). Siamo nei pressi delle partite finali dei campionati di calcio e ci si avvicina all’ingordigia del rito pagano del festival di Sanremo.
E neppure sarà un caso se la televisione di impronta religiosa “Tv 2000” ha aumentato tra il 9 marzo e il 12 aprile il suo seguito del 107% rispetto all’omologo periodo del 2019 (dati “prima online”).
E’ il video nel complesso, dai canali generalisti a quelli specializzati o di nicchia, a vedersi lanciato ad altezze imprevedibili. In linea di massima un +30% rispetto all’anno precedente.
Anzi. La lettura delle cifre percentuali fornite dall’Auditel ci dicono che dalla metà di febbraio ad oggi il trend settimanale dell’ascolto medio è passato da 10.845.000 a 13.765.000 persone, toccando il picco di 15.062.000 proprio nell’ultima parte di marzo: +32,7% sul 2019. La prima serata, ovviamente, cresce di meno in valore percentuale, essendo la quantità assoluta già elevata: da 25.530.000 a 30.383.000: +21%.
Se, poi, passiamo ai contatti medi arriviamo ad una parabola che va da 43.826.000 a 46.614.000, passando per i 47.403.000 della metà di marzo: +6,4% nelle 24 ore, +15,4% in prima serata. Insomma, oltre sette ore di esposizione alla scatola nera.
Ovviamente, l’aumento riguarda anche i telegiornali, la cui platea si è alzata anche di un paio di milioni.
E’ solo l’effetto della costrizione casalinga imposta dal contagio? Certamente le misure di cautela hanno avuto un ruolo essenziale. C’è, però, un evidente desiderio di avere maggiore informazione. E tutto questo –però- ha visto, proprio nel momento del massimo successo della televisione, la vittoria ai punti della rete e dei social. Da questi ultimi, infatti, è venuta quella che i mediologi chiamano la domestication, l’egemonia sui modelli informativi del consumo. News non stop, utilizzo massivo delle dirette via Facebook, rottura e superamento della liturgia del palinsesto. Le conferenze stampa del presidente del consiglio Conte sono, al riguardo, un caso di scuola e certamente rappresentano l’anticipazione di uno stile che andrà oltre il coronavirus. Parliamo di forma, non di sostanza. Il premier ha tutto il diritto di criticare le opposizioni, che non gli hanno risparmiato del resto attacchi spesso ai limiti della trivialità. E male fece, per rimanere in tema, il direttore de “la7” a manifestare tentazioni censorie, quando almeno il diritto alla conoscenza in una società martoriata deve essere garantito. Senza se e senza ma.