Mentre una gran parte della popolazione italiana si interroga sul come ripartire con la fine del lockdown ansiosa di lasciare la clausura forzata e riprendere una parvenza di normalità, c’è chi si vedrà costretto a casa ancora e con danni incalcolabili in termini umani.
Si tratta dei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico. In Italia il numero oscilla tra le 400 e le 500 mila persone, in gran parte bambini. Questi piccoli dagli occhi che dicono tutto quanto la loro bocca non riesce ad esprimere, sono a casa da mesi e in tanti casi son passati da una routine frenetica fatta di scuola-terapia-sport a fini terapeutici-casa all’azzeramento totale dei loro impegni.
E se per un bambino considerato ‘normodotato’ è possibile capire, ma nemmeno poi tanto, che bisogna stare a casa e non si può uscire a giocare per paura di eventuali contagi, nel caso dei piccoli affetti da una sindrome dello spettro autistico è inimmaginabile provare a capire il perché dei troppi “no”.
E di certo non per colpa loro.
Enza, mamma e insegnante di Giugliano in Campania, ha provato a spiegare le difficoltà di questo momento. Lei, madre di quattro figli di cui uno affetto da disturbi dello spettro autistico, si barcamena nelle sue giornate tra video-lezioni ai suoi alunni, video-lezioni cui far assistere i suoi figli (dietro un bimbo delle elementari in didattica a distanza c’è di necessità una mamma che lo aiuti con la connessione), la casa, la spesa, i bisogni di tutti, e “l’assenza di uno Stato- spiega- che ha abbandonato tutti i bimbi come mio figlio, affetti dai più disparati disturbi, privandoli da un giorno all’altro di scuola (intesa come istruzione e socializzazione), terapia al centro, terapia a casa, piscina. Sono tanti i bimbi come lui che soffrono a stare in casa, con problemi del neuro sviluppo, sindromi rare, disturbi pervasivi dello sviluppo”.
L’assenza totale della terapia è quella che pesa di più perché “è grazie alla terapia- continua Enza- costante e senza mai soluzione di continuità che noi possiamo sperare che i nostri figli oggi etichettati come diversi possano avere un futuro sereno, normale”.
E lo Stato cosa avrebbe potuto fare e non ha fatto? Enza, ma come lei le tante mamme del centro che frequenta con suo figlio da qualche anno, ribadisce come a loro tutte servano poco “gli aiuti economici. Noi vogliamo che si inizi a parlare dei bambini affetti da autismo. A noi serve la terapia,non certo a distanza, perché i nostri figli non sono in grado di sostenere una terapia attraverso uno schermo. E’ difficile per tutti, per loro di più”. “Mio figlio in questa quarantena – continua Enza- ha ripreso le stereotipie che avevamo dimenticato già da tempo e chissà per quanto ancora sarà abbandonato a se stesso”. Si perché la fine del lockdown non porta certo speranza “non è possibile pensare che riapriranno i centri e che un bambino affetto da disturbi dello spettro autistico indossi una mascherina per più ore per poter fare terapia”.