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Iran: pandemia fuori controllo, ma il Regime non cambia

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Qualcuno avrá pensato che con l’inizio dell’anno 1399 gli eventi piú funesti del precedente come l’uccisione del Generale Soleimani, le minacce di guerra statunitensi, l’abbattimento dell’aereo ukraino PS752 e le consuete proteste popolari, fossero solo un triste ricordo lontano.

Del tutto inutili sono stati gli auspici per l’anno a venire, ed a poco sono serviti i fumi dell’Esphand, l’incenso aromatico che viene sparso nelle case e nelle strade per allontanare gli spiriti maligni. Le ultime settimane sono state di fatto, le piú drammatiche che l’Iran abbia vissuto negli ultimi 40 anni. Dopo la Cina, l’Iran é stato infatti uno dei primi paesi ad essere contagiato dal Covid19. La pandemia si era diffusa a partire dal 19 febbraio 2020 nella città di Qom dove si era registrato il primo focolaio per poi diffondersi in tutto il Paese, colpendo particolarmente la capitale Teheran e le province di Qom, Gilan, Isfahan, Markazi, Semnan e Alborz. Molte sono le accuse alle istituzioni iraniane, da una parte del popolo, che ancora oggi lamenta negligenze nella gestione dell’emergenza sanitaria, segnata da ritardi che hanno causato la morte di numerose persone ed un altissimo numero di decessi. Sui dati relativi al numero esatto delle persone decedute a causa del Coronavirus c’é ancora molta confusione. Secondo il Ministero della Salute Iraniano sarebbero 80,886 e circa 5,032 i morti. Dati totalmente falsi, secondo altre fonti, che sospettano l’Iran stia nascondendo volutamente, il numero esatto delle vittime. Alla metá marzo il direttore delle operazioni di emergenza per il Mediterraneo orientale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, il dottor Rick Brennan aveva dichiarato a Reuters che i numeri forniti dal regime, giá in quel periodo, avrebbero rappresentato solo un quinto del numero reale dei contagi. Probabilmente le autorità iraniane non hanno preso sin dall’inizio, le necessarie precauzioni per l’isolamento delle città colpite dall’epidemia. Ad esempio sono state chiuse con ritardo le Moschee come come il santuario dell’ottavo Imam sciita Reza a Mashhad e di sua sorella Ma’sumeh a Qom. E malgrado in seguito si sia provveduto ad evitare assembramenti nei luoghi di culto, le immagini provenienti dal paese ci hanno mostrato gruppi di religiosi, intenti a sfondare le porte di accesso di alcune moschee, senza ovviamente tener conto delle catastrofiche conseguenze che questi gesti avrebbero comportato. Domenica 18 aprile il presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, ha dichiarato che le moschee ed i centri religiosi rimarranno chiusi almeno fino al prossimo 4 maggio. Anche le scuole e che le attività ad alto rischio, tra cui teatri, palestre, saune, saloni di bellezza e centri commerciali, rimarranno chiuse fino a nuovo avviso. Oltre alle complicate dinamiche interne l’Iran rischia di essere fonte di contagio per i paesi limitrofi, in particolare per la Siria e l’Afghanistan in cui vi é spesso una mescolanza di iraniani afghani e siriani che potrebbero moltiplicare i contagi e la diffusione del virus nei loro paesi d’origine. In Siria, in particoalre, dopo tanti anni di guerra c’é mancanza di infrastrutture e il servizio sanitario potrebbe non essere in grado di affrontare un’emergenza di questa portata.

Se da una parte l’Iran si ritrova a dover fronteggiare una pandemia ‘fuori controllo’ dall’altra deve necessariamente ed in tempi brevi, trovare valide soluzioni per arginare l’altra grande pandemia: quella della crisi economica, che rischia di mettere in ginocchio l’intero paese.

Durante la pandemia gli Stati Uniti hanno ulteriormente rafforzato le sanzioni che avevano giá imposto nella scorsa estate. “Le sanzioni statunitensi – ha dichiarato il Ministro degli Esteri Javad Zarifstanno prosciugando le risorse tanto necessarie all’Iran per combattere l’epidemia di coronavirus”. A causa delle sanzioni, secondo il Governo Iraniano, sono bloccate le esportazioni di petrolio che sono fondamentali per finanziare l’acquisto delle merci necessarie al paese.Vi sono inoltre restrizione dei canali bancari ed allarmismi nel sistema bancario internazionale allo scopo di non cooperare con l’Iran. Molte delle attrezzature mediche e i farmaci necessari per combattere il virus, si trovano nei paesi occidentali e da quanto dichiarato piú volte dal Governo é difficile per l’Iran procurarsi i medicinali di cui la popolazione necessita.

Eppure in questo momento cosí buio in cui il dolore diffuso, è l’unico vincitore, l’Iran non intende cedere sulle questioni relative ai Diritti Umani. .

Le Nazioni Unite hanno dato il loro plauso, quando l’Iran in piena pandemia, ha rilasciato temporanemente 85.000 detenuti in particolare dopo che si sono riscontrati disordini all’interno delle carceri, per paura di diffusione del virus.

Nonostante la liberazione temporanea di migliaia di detenuti, un team di esperti sui Diritti Umani delegati dalle Nazioni Unite hanno inviato il 17 aprile scorso una lettera alla Repubblica Islamica dell’Iran in cui hanno chiesto di estendere, la liberazione temporanea anche ai prigionieri di coscienza, ai cittadini di doppia nazionalitá, ai difensori dei diritti umani, agli ambientalisti che sono ancora a grave rischio di contagio del Covid19 a causa della loro età o delle condizioni pregresse di salute.

(https://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=25803&LangID=E)

L’estensione del periodo temporaneo di rilascio é stato prorogato fino alla metá di Maggio, ma per quanto riguarda la richiesta delle Nazioni Unite sembra non vi sia possibilitá alcuna di compromesso. Attraverso il portavoce della magistratura Gholamhossein Esmaili, il Governo iraniano come riportato dalla Reuters, ha dichiarato che sono stati liberati solo coloro che stavano scontando condanne a meno di cinque anni, mentre i prigionieri politici e quelli accusati di condanne più pesanti, legate alla partecipazione a proteste antigovernative, sono rimasti in prigione. Si tratta, secondo l’Iran, di quei  prigionieri politici considerati “terroristi” e “spie straniere” e per questo definiti dallo stesso Esmaili “criminali contro la sicurezza” e “tristi esempi”. “Hanno agito contro la nostra sicurezza nazionale e sono stati condannati a più di cinque anni, – ha detto – per questo non possiamo concedere la licenza temporanea per lasciare il carcere”.

Gli esperti UN hanno messo in evidenza i casi dell’avvocatessa per i diritti umani Nasrin Sotoudeh e dei difensori Narges Mohammadi e Arash Sadeghi, nonché di cittadini doppi Ahmadreza Djalali (cittadino iraniano-svedese), Morad Tahbaz (cittadino iraniano-britannico-americano), Kamran Ghaderi e Massud Mossaheb (Cittadini iraniano-austriaci). Tutti e sette hanno richiesto di essere rilasciati temporaneamente, ma la loro richiesta é stata respinta o in taluni casi non ha ricevuto risposta.

Molti di questi detenuti hanno gravi problemi di salute e qualora dovessero venire contagiati potrebbero mettere a rischio le loro vite. Due di loro Tahbaz e Mossaheb hanno condiviso la cella con persone affette da comuni sintomi di Coronavirus, come febbre e tosse. All’interno delle carceri i prodotti per l’igiene sono inesistenti o limitati e non viene applicata alcuna misura di distanziamento sociale. Sia Narges Mohammadi che Ahmadreza Djalali sono tenuti in detenzione in piccole celle in cui vi sono rispettivamente 12 e 16 persone. L’ Avvocatessa Nasrin Sotoudeh infine é in sciopero della fame dallo scorso 16 marzo in segno di protesta per il mancato rilascio temporaneo dei prigionieri di coscienza. Gli esperti UN hanno dunque esortato nella lettera le autorità iraniane ad attuare misure coerenti con i loro obblighi ai sensi del Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici, compreso il diritto delle persone private della libertà di essere trattate con umanità e nel rispetto della loro dignità intrinseca e del diritto alla vita.

Ma, il diritto alla vita in Iran é un concetto complesso, a volte incomprensibile. A noi resta l’obbligo di raccontare e divulgare quanto avviene in quel paese in cui oggi qualcuno muore di coronavirus, domani qualche altro non avrá cibo a sufficenza, ricordando sempre quanti ci hanno lasciato in questi ultimi 40 anni per una libertá ancora troppo assente.


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