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Il Governo  Orban ha minato in questi anni la libertà di stampa

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E’ dal 2010 che Viktor Orban, primo ministro ungherese, attacca la democrazia liberale e cerca di distruggerne le fondamenta, a partire dalla libertà di stampa. E oggi approfitta dell’emergenza Coronavirus per annientare  quello che ne resta e instaurare una vera e propria dittatura, indegna dell’Unione Europea.
La Federazione Europa dei giornalisti (EFJ) da tempo denuncia questa situazione. Lo scorso novembre, una delegazione  composta da rappresentanti della EFJ, dall’European Centre for Press and Media Freedom, oltre che da alcune ONG, si è recata in Ungheria per una missione internazionale e ha incontrato decine di giornalisti sia nella capitale Budapest che in altre zone del Paese. È emerso molto chiaramente che, pur senza usare i metodi dichiaratamente violenti, come quelli di incarcerare i giornalisti , il Governo  Orban ha minato in questi anni la libertà di stampa manovrando il mercato dei media in modo da isolare completamente e togliere ossigeno alle testate critiche e di opposizione e costruendo un sistema di informazione pro-governativa utile alla macchina propagandistica del regime.I giornalisti che esercitavano il diritto di critica sono stati delegittimati e bollati  come haters, agenti stranieri o traditori. I nostri colleghi intervistati dalla delegazione hanno parlato di una censura e di un controllo sui contenuti che non si era mai più visto dai tempi del regime comunista. I giornalisti indipendenti vengono sistematicamente esclusi dalle informazioni gestite dal governo, dagli eventi ufficiali e diffidati dal comunicare con le istituzioni o i rappresentanti di pubblici uffici . Alle poche – e piccole – testate indipendenti rimaste sono state tagliate in tutti i modi le risorse finanziarie. Inoltre questi media devono fronteggiare una narrazione totalmente parziale e propagandistica diffusa dai media di regime, che pervade tutti i canali dell’informazione. Durante la missione di novembre, la delegazione internazionale ha parlato col portavoce del Governo, che ha semplicemente negato l’esistenza del problema. Per Orban e i suoi uomini, chi fa informazione libera è un attivista sinistrorso che mette in discussione l’autorità e le istituzioni.

Invano la Federazione Europea dei giornalisti, la Federazione internazionale e la Federazione nazionale della Stampa italiana hanno denunciato a più riprese il silenzio e l’inerzia dell’Unione europea nei confronti di un paese divenuto totalmente illiberale. Con l’emergenza Covid, Orban ha dato il colpo di grazia alle libertà democratiche, prime fra tutte quella di espressione. Ha chiesto e ottenuto i pieni poteri senza limite temporale e potrà abrogare le leggi approvate dal parlamento. Può anche limitare non solo il diritto di spostamento ma anche quello di criticare e giudicare chi decide. È previsto il carcere  per chi diffonde fake news, cioè notizie non gradite al regime.
La EFJ  ha incontrato venerdì scorso Vera Jourova -vice presidente  della Commissione europea che coordina  le politiche sui valori e la trasparenza – cui ha espresso la propria preoccupazione per i colleghi ungheresi. La Federazione europea sostiene inoltre la petizione “Nessuna quarantena per la democrazia!”, iniziativa sviluppata con numerosi parlamentari  europei, che richiama gli Stati membri a rafforzare in questa difficile emergenza la protezione dei giornalisti.

Una grande iniziativa è stata lanciata anche dalla Fnsi, alcune settimane fa, nel corso del convegno “Parole, non pietre”: quella di dedicare alla situazione Ungherese un flash mob durante la giornata mondiale della libertà di stampa, il 3 maggio prossimo. Purtroppo l’emergenza Covid non consentirà, verosimilmente, di organizzare una vera manifestazione davanti all’ambasciata ungherese, come avremmo voluto, ma questo non ci impedirà un’azione online, nella speranza di “svegliare” la Commissione e i veri poteri dell’Unione Europea. Come ha sottolineato il Segretario generale, Raffaele Lorusso, non è più tempo di burocratiche prese di distanza. La Ue deve intervenire” .


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