ROMA – Ripartire sì, ma come? Anche il mondo del terzo settore si chiede come sarà la fase 2, ma ci arriva con una spaccatura dettata dalle attuali misure adottate dal governo per far fronte all’emergenza. Tuttavia, le proposte non mancano, così come alcune soluzioni possibili per affrontare al meglio la ripresa delle attività. Redattore Sociale ne ha parlato con Gianfranco Marocchi, che dopo l’esperienza (ora conclusa) come direttore della rivista Welfare Oggi, da poco (oltre che vicedirettore di welforum.it) è nel gruppo di direzione della rivista Impresa sociale, che proprio in questi giorni ha rilanciato il periodico con nuovi contenuti e il nuovo sito.
Le richieste avanzate dal Forum nazionale del terzo settore non sembrano essere cadute del vuoto. Sono diversi gli emendamenti al Decreto Cura Italia avanzati nei giorni scorsi che hanno tenuto conto delle necessità del terzo settore, tuttavia l’aver dimenticato la complessità di un mondo che nel suo insieme ha oltre 800 mila lavoratori, mette a nudo ancora una volta la poca conoscenza del settore da parte decisore politico. “In questo momento ci sono diversi fronti aperti – spiega Marocchi – e non sempre coincidenti tra la generalità del terzo settore e la specificità dell’impresa sociale. Tutte le misure del Cura Italia e del cosiddetto decreto liquidità sono fruibili dal terzo settore che ha natura imprenditoriale, ma da realtà altre no. Perché avviene? Perché nel legislatore c’è ancora poca consapevolezza dell’unitarietà del terzo settore e quindi i provvedimenti possono avere un carattere settoriale. Quello che noi avremmo voluto evitare”.
Quel che occorre fare, ora, secondo Marocchi, è innanzitutto rimettere mano ai testi delle misure e “riscriverli bene”, ma non solo. È necessario che gli enti territoriali abbiamo le risorse necessarie per sostenere il mondo dei servizi alla persona. “Una parte del lavoro da fare consiste nel riscrivere bene i testi affinché non restino fuori delle attività. L’altro aspetto, però, non è secondario: se i comuni non saranno dotati di risorse sufficienti, faranno resistenza attiva e passiva. Se un comune ha le tasche vuote, tenderà il più possibile a dire: ‘se il disabile o l’anziano sta a casa, se ne occuperà la famiglia e io quei soldi non li spendo per la cooperativa ma li terrò per altre necessità’. È necessario, quindi, scrivere un po’ meglio cose che nella fretta sono state scritte male, ma occorre anche che i comuni abbiano nelle proprie casse le risorse” per far fronte a quanto chiede proprio l’art. 48 del decreto Cura Italia.
Quel che deve essere chiaro, aggiunge Marocchi, è che non si tratta di una crisi simile a quella del 2008, soprattutto per il mondo del terzo settore. “È diversa per tanti motivi, ma ce n’è uno che riguarda direttamente il terzo settore – spiega Marocchi – che ha come azioni centrali quelle relazionali. Curare, educare, assistere, animare: sono tutte azioni dove c’è una persona che incontra un’altra persona. E questo non riguarda solo il settore socioassistenziale, ma anche quello culturale”. Nella crisi di dodici anni fa, il mondo del sociale ha avuto un ruolo fondamentale, ma stavolta le cose sono diverse. “Mentre tutti i dati ci dicono che il terzo settore e in particolare l’impresa sociale nella crisi 2008-2011 hanno resistito molto bene perché erano coinvolte altre dimensioni, in questa crisi, invece, no”. Difficile, al momento, fare stime accurate su quanti lavoratori siano stati colpiti direttamente dalla crisi e quanti siano in difficoltà, ma secondo Marocchi il colpo è stato avvertito anche più di altri settori. “Non ho dati numerici, ma penso sia ragionevole pensarlo – spiega Marocchi – e si continuerà a fare fatica anche perché questa crisi non andrà via il 4 maggio. Continuerà nella fase 2 e peserà su tante attività su cui rimane un grosso punto interrogativo. Per questo è assolutamente importante pensare già alla fase 2”.
Cosa servirebbe? Marocchi ha le idee chiare: proroghe, stop a gare al ribasso e coprogettazione. “Con buona pace degli amanti della concorrenza, bisognerà dirci che per un periodo congruo debbano essere sospesi i meccanismi concorrenziali – spiega Marocchi -. Questo secondo me è un punto centrale. Innescare meccanismi concorrenziali tra chi è alla canna del gas è pericolosissimo. Tutte le cooperative mezze morte arriveranno a fare ribassi continui per mantenere dei lavori. Non muore nessuno se non facciamo appalti per due anni e così diamo stabilità di commesse di lavoro, fiato per riprendersi, il tutto coprogettando approcci diversi. Serve una proroga che consenta, a parità di importo, di riprogettare il servizio a seconda delle mutate esigenze”. Per Marocchi, è tempo di cambiare il modo di pensare. “Abbiamo una situazione che non immaginavamo – spiega -. Questo è veramente il momento in cui essere tutti dalla stessa parte del tavolo e non essere clienti e fornitori”. Terzo ingrediente fondamentale, aggiunge Marocchi, “rimuovere il vincolo alla rotazione” per quanto riguarda i servizi alle persone. “Si tratta di un meccanismo che dice che, sugli affidamenti sotto soglia, salvo casi motivati ed eccezionali, non può presentare l’offerta chi ha attualmente in gestione un servizio per favorire la rotazione. Su certe forniture potrebbe anche aver senso – spiega -, ma sui servizi alla persona no”.
Temi, quelli della ripresa e della fase 2, che saranno affrontati nei prossimi numeri di Impresa sociale, una rivista nata ben prima della riforma del terzo settore, ma anche della 381 sulle cooperative sociali. Quest’anno, infatti, Impresa Sociale compie 30 anni e guarda al futuro con un sito internet rinnovato e nuovi contenuti. “La nostra è una rivista scientifica e continuerà ad esserlo- spiega Marocchi -. Di nuovo c’è che alla rivista si aggiunge una spazio Forum dedicato ai commenti di attualità e alle esperienze e i Dossier, che propongono percorsi tematici basati sul materiale pubblicato in questi anni dalla rivista”. L’accesso a tutte le aree del sito è gratuito e tutti i materiali sono rilasciati sotto licenza creative commons e sono quindi riutilizzabili e riproducibili citando la fonte. Per quanto riguarda i temi, conclude Marocchi, tra quelli trattati ci sarà anche quello delle “collaborazioni tra istituzioni e terzo settore” e “ci sarà un’attenzione su come sarà la ripresa per le imprese sociali”. La sfida lanciata dalla nuova rivista, tuttavia, è anche quella di allargare il dibattito e la riflessione sul mondo dell’impresa sociale. “Negli ultimi anni ne hanno parlato giuristi, economisti, aziendalisti, ma a parte qualche sparuto intervento, non abbiamo avuto politologi che abbiano riflettuto su cosa abbia a che fare l’impresa sociale con la nostra democrazia. L’obiettivo è non limitarsi al dibattito tecnico, ma avere il coraggio di proporre al lettore visioni nuove e diverse”.(ga)