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Egitto, arrestato e rilasciato dopo 24 ore Wael Abbas, blogger e attivista simbolo anti regime

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Mentre un giudice a Il Cairo si apprestava a rinviare per l’ennesima volta l’udienza per la scarcerazione di Patrick Zaki, prolungando la tortura psicologica a cui lo studente dell’Università di Bologna è sottoposto da mesi, la facciata dell’ambasciata dell’Egitto a Roma si illuminava con il tricolore per manifestare vicinanza all’Italia per il pesante tributo di vite pagato per la pandemia del Coronavirus. Un atto osceno, quasi oltraggioso, una presa in giro da un Paese che continua a negare verità e giustizia per un giovane italiano, Giulio Regeni,  barbaramente ucciso dai servizi di sicurezza egiziani, che continua a tenere in carcere un innocente e che utilizza i servizi di sicurezza per reprimere il dissenso e ogni forma di libertà di pensiero e di espressione. Gli stessi che vessano e perseguitano attivisti e blogger come Wael Abbas, uno dei volti storici della primavera araba egiziana, un baluardo della difesa dei diritti in Egitto. Oggi, dopo l’ennesimo arresto avvenuto lunedì mattina, è tornato a casa ma resta nel mirino degli uomini dell’apparato di polizia e di intelligence del presidente Abdel Fattah al Sisi, pronti a contestargli qualsiasi irregolarità pur di riportarlo in carcere. È bastato che ieri andasse a Wady Degla, una riserva naturale a Il Cairo in una giornata di festa per gli egiziani, il Sham El Nessim. Nonostante i divieti per l’emergenza Coronavirus, che ha portato alla chiusura di tutti gli spazi pubblici e i giardini, tanta gente si era ritrovata a Wady Degla. Abbas questa volta è stato trattenuto  solo 24 ore ma, come ha scritto lui stesso sul suo profilo Facebook, è stato maltrattato e umiliato. Era lì semplicemente per fare delle foto per realizzare un tour virtuale. Ma la polizia gli ha  perquisito la macchina e ha sequestrato la sua macchina fotografica Abbas, uno dei principali attivisti del mondo arabo, è considerato una spina nel fianco del regime di al Sisi anche se lui si definisce ormai un ex attivista. Dopo una lunga serie di brevi fermi, è stato arrestato è trattenuto per oltre 7 mesi per aver denunciato abusi e violenze da parte delle forze di sicurezza. Rilasciato il 1° dicembre, un tribunale ne aveva disposto la libertà vigilata. Abbas non ha risparmiato nessuno dei governi autoritari che si sono alternati in Egitto, da Mubarak in poi, svelandone gli abusi e i crimini attraverso il suo blog, “Risveglio egiziano”. Vincitore di vari premi giornalistici internazionali, è stato accusato di aver diffuso notizie false con l’intento di “sovvertire l’ordine dello Stato”. I suoi racconti sono stati fondamentali nel portare alla luce le violazioni dei diritti umani da parte del governo. È stato uno dei padri della rivoluzione egiziana del 2011, non solo uno dei più famosi blogger del Paese e della Rete araba. Con il suo lavoro da anni, denuncia violenze, soprusi e torture da parte della polizia sui civili. Proprio per questo e per aver costruito quel network di profili, personalità e capacità che ha poi animato Piazza Tahrir nel 2011, è ormai considerato un’icona dei diritti. Abbas è da tempo nel mirino del governo del presidente al Sisi, come lo era stato nell’era di Mubarak: i suoi account Twitter, Facebook e Youtube sono stati a più riprese sospesi o hackerati. Ma il suo messaggio, il suo spirito, non sono mai stati imprigionati.


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