Standard & Poor’s (S&P in sigla) e Moody’s sembravano intoccabili. Le due agenzie di rating internazionale, assieme alle due “sorelle” minori Fitch e Dbrs, per decenni sono state il terrore di tanti paesi come l’Italia. Erano potentissime. Bastava una loro “pagella” sulla solvibilità del debito pubblico di una nazione per decretare tempo bello o brutto per milioni di persone.
L’Italia ne sa qualcosa. Dopo vari declassamenti lo spread tra i Btp e i bund tedeschi nel novembre 2011 arrivò a livelli di collasso finanziario sfiorando 540 punti. Le conseguenze furono pesantissime: il tecnico Monti sostituì Berlusconi come presidente del Consiglio, sul Belpaese piovve un diluvio di tasse e di tagli alle spese, il deficit pubblico fu ridotto ma una mega recessione causò disoccupazione e povertà di massa. E oggi l’emergenza è ben peggiore. Il Coronavirus ha flagellato la Penisola causando quasi 26 mila morti e demolendo circa il 10% della ricchezza nazionale di quest’anno (200 miliardi di euro bruciati).
Venerdì 24 aprile S&P non ha declassato il debito italiano anche per gli aiuti finanziari promessi dal Consiglio europeo del 23 aprile, ma se pure lo avesse fatto non avrebbe causato disastri come un tempo.
La Bce ha tagliato gli “artigli” alle “quattro sorelle” della valutazione dei debiti di Stati ed aziende. La Banca centrale europea il 22 aprile ha deciso di continuare a comprare i titoli del debito pubblico dei paesi più deboli di Eurolandia «anche se il loro rating scenderà sotto l’attuale richiesta di qualità di credito minima dell’eurosistema». È una svolta: la Bce proseguirà negli acquisti anche se le agenzie di rating bocciassero i titoli come “junk”, ovvero “spazzatura”. È una decisione che aiuta soprattutto Italia, Spagna e Francia alle prese con quasi 70 mila morti da Covid-19, bilanci pubblici in profondo rosso e l’economia devastata dalla pandemia. Sono proprio gli acquisti della Bce a tenere basso lo spread e i tassi d’interessi pagati dalle tre nazioni latine.
Christine Lagarde, dopo le prime incertezze, ha deciso di seguire le indicazioni di Mario Draghi. L’ex presidente della Bce un mese fa ha sollecitato l’aumento del debito pubblico per affrontare la guerra contro il Covid-19 che ha devastato sul piano umano, sociale ed economico l’Europa. Draghi nel 2012 fece un salto da tecnico a politico inventando il “quantitative easing” (appunto l’acquisto massiccio di titoli del debito pubblico dei vari paesi europei) per combattere la crisi post fallimento di Lehman Brothers.
Adesso Christine Lagarde ha fatto un analogo salto politico eliminando il divieto all’acquisto dei “titoli spazzatura” in caso di un declassamento da parte di S&P o delle altre tre agenzie di rating. Lagarde, come Mario Draghi nel 2012, da tecnica ha riempito un vuoto politico. Anche otto anni fa i governi di Eurolandia e la commissione europea non trovavano un accordo su come affrontare la crisi e Draghi con coraggio tirò fuori dalla sua «cassetta degli attrezzi» il “quantitative easing”, non preoccupandosi per gli attacchi della Germania e delle altre nazioni del Nord. Salvò l’Italia, i paesi più deboli dell’Europa del Sud, l’euro e la stessa Unione europea.
Anche ora Angela Merkel e le nazioni “frugali” del Nord (Olanda, Austria, Finlandia) hanno bocciato i Coronabond chiesti da Giuseppe Conte e da altri otto paesi più in difficoltà. La cancelliera tedesca ha respinto la messa in comune del debito proposta dal presidente del Consiglio italiano ma, di fatto, ha dato il disco verde alla svolta della presidente della Bce. E la Banca centrale europea con i massicci acquisti per oltre mille miliardi di euro di fatto mutualizza i debiti degli Stati. La cancelliera in questo modo ha voluto dare gambe al promesso «spirito di solidarietà» verso l’Italia e i paesi più in difficoltà per l’emergenza Covid-19. Non a caso la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, in grande sintonia con la Merkel, aveva annunciato la necessità di porgere concretamente «le scuse» all’Italia, all’inizio lasciata sola a combattere contro la pandemia. L’Europa ha ripreso le chiavi della porta di casa prima affidate a S&P e alle sue tre “sorelle”.