La nostra terra è spesso attraversata da grandi contraddizioni.
Ad un collegamento con la rete dell’Alta Velocità, atteso da anni come volano indispensabile per rilanciare il futuro della Provincia, corrisponde l’ennesimo ampliamento della discarica di Roccasecca: un deciso passo indietro nel risanamento ambientale della Ciociaria, alla faccia dell’economia circolare.
Con la determinazione e l’orgoglio che è nel DNA dei ciociari, il Sindaco di Roccasecca Giuseppe Sacco ha costretto la Regione Lazio -pressata dalle richieste della Sindaca di Roma- a ricorrere nuovamente al vertice del Governo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per ottenere con un provvedimento d’emergenza l’autorizzazione alla ulteriore sopraelevazione della discarica di Roccasecca: non ci sono precedenti di sorta nella storia della Repubblica.
E sempre per evitare il disastro nella Capitale, che non avendo un sito per lo smaltimento dei suoi rifiuti rischiava ancora una volta di ritrovarsi con migliaia e migliaia di tonnellate di monnezza abbandonate nelle sue strade, per di più nel cuore della tempesta COVID-19.
In realtà, l’emergenza epidemica è stata cinicamente sfruttata per ottenere l’ampliamento dell’invaso poiché già all’inizio del 2020 la Sindaca Virginia Raggi aveva insistito presso la Regione affinché procurasse nuove volumetrie, indicando proprio la discarica del Cassinate.
In via ordinaria, infatti, Regione e Capitale non avrebbero mai ottenuto la sopraelevazione dell’impianto in quanto il Sindaco di Roccasecca, attuando una “tignosa” strategia di contrasto, aveva sbarrato loro il passo su tutte le vie amministrative e tecniche, fregandosene dell’accusa di essere animato dalla sindrome di Nimby “non nel mio giardino”. Accusa frutto dell’arroganza e della protervia di coloro i quali meriterebbero più di una scomunica da Papa Francesco, con la condanna a recitare in pubblico Laudato sì per mille volte.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, obbligata ad una decisione politica, ha dovuto esprimersi su quanto siano realmente tenuti in considerazione sia il nostro territorio che i suoi cittadini, al di là dei proclami, delle promesse e delle dichiarazioni d’intenti.
Ridotti nell’angolo, quelli che se ne dichiaravano difensori si sono rivelati come i nemici della nostra terra: si è scoperto il bluff, e contano solo i fatti e le omissioni, inequivocabili.
La Deliberazione del 20 Aprile 2020, firmata dal Presidente del CdM Giuseppe Conte, ha revocato la precedente decisione del 07 Marzo 2019 ed autorizzato l’ulteriore sopraelevazione del IV° bacino della discarica di Roccasecca dai 10 metri già concessi fino a 16,7 metri, aumentandone la capacità di circa 80.000 tonnellate destinate principalmente allo smaltimento dei rifiuti prodotti da Roma Capitale.
Nello stesso giorno, la Regione Lazio ha diramato un comunicato con il quale dichiarava l’intenzione di autorizzare
nel più breve tempo possibile anche il V° bacino della discarica, per altre 450.000 tonnellate di capacità.
E’ così definitivamente stabilito che il ruolo della Ciociaria è quello di cassonetto per la monnezza di Roma.
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La causa dell’insufficienza impiantistica di Roma è stata ben individuata e descritta dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti della precedente legislatura, nella Relazione Finale del 20 Dicembre 2017: “Nonostante un sito alternativo alla discarica di Malagrotta non sia mai stato trovato, dal 1° ottobre 2013 l’invaso non ha smaltito più rifiuti. Un corretto ciclo dei rifiuti non si attua “semplicemente” chiudendo la discarica di Malagrotta. Infatti una volta chiuso l’invaso sono iniziati i problemi, proprio perché chi negli anni doveva programmare e realizzare un’alternativa non lo ha fatto. Ad un sistema discaricocentrico se ne è sostituito uno rigido e precario. Le responsabilità politiche di coloro che, negli anni, avrebbero dovuto garantire alla Capitale un ciclo dei rifiuti diverso da quello discaricocentrico, sono venute ancora più alla luce dopo la chiusura della discarica di Malagrotta.
A distanza di quasi tre anni dalla fine dello smaltimento presso la discarica di Roma, il presidente pro tempore del consiglio di amministrazione di AMA S.p.A., Daniele Fortini, in audizione presso la Commissione il 2 agosto 2016, ha dichiarato: “il ciclo integrato dei rifiuti urbani di Roma Capitale non c’è, non esiste, non è un ciclo e meno che mai è integrato. Rispetto alle previsioni delle norme, dobbiamo dire che questo è un punto di vulnerabilità molto forte rispetto alla possibilità di garantire la messa in sicurezza igienica, sanitaria e, nella gestione di un comparto così importante come quello dei rifiuti, della Capitale del nostro Paese […] Le capitali europee garantiscono, mediamente, nel perimetro della città metropolitana, tutto il ciclo integrato dei rifiuti, ovvero accoglimento, trattamento e smaltimento, al 98 per cento. La città di Roma, invece, è soltanto al 36 per cento. Per il restante 64 per cento dipende da 62 impianti, 10 regioni e 3 Paesi stranieri. Ecco: nel futuro della nostra Capitale dovremmo cominciare a evitare questo.”
E’, infatti, dal 2014-2015 che iniziano i massici conferimenti di rifiuti nella discarica di Roccasecca provenienti dalla Capitale, con una crescita esponenziale fino alle attuali 800 ton/giorno, per un totale complessivo di oltre 500.000 tonnellate, esaurendo anche le volumetrie spettanti alla Provincia di Frosinone e così compromettendo gli smaltimenti di quest’ultima e dei suoi Comuni.
In questi ultimi quattro anni il Campidoglio non ha risolto le gravissime inadempienze nella gestione del ciclo dei rifiuti di Roma, ma ha pensato bene di continuare a scaricarne le conseguenze ambientali e socio-economiche sulle province del Lazio e soprattutto su Frosinone che aveva invece realizzato da tempo gli impianti necessari al suo ciclo integrato.
Nello stesso periodo, la Regione e la Capitale hanno messo in scena il balletto del reciproco addebito di responsabilità e competenze; è stato costituito presso il Ministero dell’Ambiente un tavolo tecnico, il quale ha lavorato durante tutto il 2019 per l’individuazione di una serie di siti per la discarica, ma la scelta è stata contraddittoriamente contestata dai rappresentanti politici del Campidoglio che pure avevano avallato l’operato del tavolo tecnico. Fatto sta che all’attualità Roma non dispone di un sito di smaltimento.
Se la Giunta della Sindaca Raggi avesse adempiuto ai suoi obblighi, oggi non saremmo occupati dagli ampliamenti della discarica di Roccasecca e dal provvedimento del Presidente Conte.
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E’ vero che la Regione Lazio ha richiesto l’ulteriore sopraelevazione della discarica di Roccasecca all’uso romano e su sollecito della Capitale, ma è ugualmente vero che il provvedimento che la concede è stato firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Avv. Prof. Conte.
Era nei suoi poteri e facoltà dire di no, o porre condizioni a Roma ed alla Regione per il sì, ad esempio la realizzazione in un dato tempo della discarica a servizio della Capitale, oppure la chiusura definitiva dell’intero impianto dopo il 31 Dicembre 2020.
Invece, la scelta -tutta politica- è stata dettata esclusivamente dalla necessità di evitare il commissariamento del Campidoglio ed i contraccolpi sul piano politico regionale e nazionale.
Nessuna considerazione o valutazione sulla tutela del nostro territorio, ma la mera imposizione della funzione di cassonetto: prendetevi la monnezza e non protestate!
In realtà, la ratio della decisione politica è stata quella di considerare “di serie B” gli elettori dei Comuni della Provincia di Frosinone perché non assicurano un sufficiente consenso elettorale: sono inferiori per numero a quelli di un solo quartiere di Roma e quindi non contano, possono essere sacrificati.
La disparità di trattamento appare ancor più evidente se si considera che esisteva un’alternativa all’ampliamento di Roccasecca: la discarica di Colleferro (nell’ATO di Roma) dispone di almeno 150.000 tonnellate di capacità residua, ma è stata chiusa per volontà politica; evidentemente, nella valutazione della Presidenza del CdM, i voti ed il consenso assicurato dai cittadini di quel territorio contano più di quelli dei ciociari e dei roccaseccani.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri sappia che anche i ciociari, nel loro piccolo, a volte s’incazzano.
Firmando la Deliberazione del 20 Aprile u.s., il Prof. Conte si è assunto una grave responsabilità per diversi motivi.
In primo luogo, disattendendo il parere e l’opposizione del Ministero dei Beni Culturali si è creato un pericoloso precedente per il quale l’interesse alla tutela dei beni culturali e del paesaggio è degradato a livello inferiore, rispetto alle necessità di gestione del ciclo dei rifiuti e degli impianti correlati.
In futuro sarà più facile ottenere, sia nel Lazio che in tutta Italia, l’autorizzazione all’esercizio di una discarica o di un altro impianto in aree vincolate e tutelate: basterà rappresentare il rischio dell’emergenza.
Una modalità d’intervento da Prima Repubblica.
In secondo luogo, la decisione del Presidente del CdM ha di fatto avallato le intenzioni di Roma Capitale e della Regione di continuare ad utilizzare la discarica di Roccasecca anche dopo l’approvazione del nuovo Piano di Gestione dei Rifiuti del Lazio: la Valutazione Integrata Ambientale del V° bacino resa del Dicembre 2019 stabilisce che fino a quando il Piano non andrà a regime e l’ATO di Roma non sarà autosufficiente (ci vorranno almeno quattro anni, forse ), la Capitale potrà continuare ad esportare i suoi rifiuti in Ciociaria.
Infine, si colpisce la volontà di attuare un modello di sviluppo volto al risanamento e rilancio e del nostro territorio attraverso l’economia circolare.
Infatti, gli amministratori locali, le associazioni di categoria, gli imprenditori, come potranno promuovere ed investire sull’economia circolare se il Governo della Repubblica si ostina ad applicare in Ciociaria i principi della vecchia ed inquinante economia lineare?
La Commissione Europea, allorché esaminerà le richieste di finanziamento di progetti dell’economia circolare nella nostra terra, come valuterà il rischio che siano inutiliter dati visto che si continuano a perseguire strategie del tutto contrastanti?
La dirigenza dell’Ufficio Contratti di Fiume della Regione Lazio, come potrà giustificare -in sede Comunitaria- la contraddizione di aver approvato e finanziato la tutela ed il risanamento ambientale del Melfa, rimanendo invece silente sull’ampliamento della discarica sullo stesso fiume?
Viene meno la fiducia che i cittadini ciociari riponevano in una stagione di riscatto; passata l’emergenza COVID- 19, la loro attenzione -ora tutta concentrata sulla sanità- si rivolgerà alle promesse che sono state rinnegate, alle intenzioni disattese, alle proposte ignorate e che avrebbero potuto mettere il pane sulla tavola di tante famiglie e nello stesso tempo attuare il risanamento ambientale.
L’auspicio era, visto che siamo tutti sulla stessa barca, di remare nella stessa direzione. Invece no, manco a parlarne, anzi qualcuno ha tolto il tappo dal fondo.
Inoltre, ci sono da mettere in conto i danni ambientali ed economici che nessuno vuole ristorare.
Basti pensare alle emissioni prodotte dal transito dei 25.000 TIR che trasporteranno 500.000 ton di rifiuti: PM10, O3 e benzene come se piovesse.
Qualche settimana fa scrivemmo: “Se proprio dobbiamo sopportare il peso della ventennale inefficienza romana
nella gestione del ciclo dei rifiuti, che il nostro territorio venga adeguatamente risarcito: almeno, pagateci”.
Da quest’orecchio pare che nessuno ci senta fra Roma Capitale, Regione, Ministero dell’Ambiente e la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri che già una volta -negli anni scorsi- fu condannata a risarcire un gruppo di cittadini residenti in prossimità dell’impianto per i danni causati dalle emissioni odorigene nell’area.
Chissà come la Corte dei Conti potrebbe valutare i mancati risarcimenti alla nostra terra: glielo chiederemo.
E come reagirà la Commissione Europea di fronte alla richiesta di apertura di una nuova procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per un provvedimento che porta la firma del suo Presidente del Consiglio?
Commissione UE che già aveva nel mirino la gestione del ciclo dei rifiuti nella Regione Lazio.
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“Non sono responsabile, vedetevela voi”, disse Pilato mentre si lavava le mani.
L’atteggiamento del Ministro dell’Ambiente, Generale Sergio Costa, nella vicenda della sopraelevazione della discarica di Roccasecca, costituisce una grandissima delusione.
Il Ministero dell’Ambiente in merito all’ampliamento ha formalmente dichiarato “di non poter esprimere alcuna considerazione o valutazione non avendo alcuna competenza riguardo la discarica di Roccasecca, che rientra invece tra le attribuzioni della Regione Lazio, discarica della quale comunque conosce la situazione”.
Ora, è vero che la competenza sull’autorizzazione all’esercizio dell’impianto di discarica è della Regione Lazio, ma dinanzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri omettere finanche una mera dichiarazione sulla questione nell’ambito del ruolo e delle funzioni del Ministero -tra l’altro ammettendo di ben conoscere la situazione- non è scusabile.
Nell’art.1 della Legge 349/1986 istitutiva del Ministero dell’Ambiente si legge che “E’ compito del Ministero assicurare, in un quadro organico, la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita”.
Perché il Ministero dell’Ambiente non esercita i poteri d’intervento previsti dall’Art.8 della Legge 349/1986 nei confronti di Roma Capitale (e della Regione Lazio) per obbligare l’ente a chiudere il ciclo dei rifiuti nell’ambito del suo territorio?
Perché non rileva l’evidente violazione delle Direttive UE sui rifiuti 2006/12/CE, 2008/98/CE, 2018/850 e 2018/851 che obbligano al rispetto dei principi di prossimità ed autosufficienza (ogni territorio si gestisce e smaltisce la sua monnezza) e dell’economia circolare (limitare il ricorso allo smaltimento in discarica)?
Un silenzio eloquente quello del Ministero dell’Ambiente che stride con le ripetute espressioni e dichiarazioni circa gli intenti di tutela della Valle del Sacco e della Provincia di Frosinone che nel corso dell’ultimo anno il Gen. Costa ha rilasciato a mezzo stampa o in pubbliche riunioni. I fatti rappresentano una realtà ben diversa, ovvero al dunque prevale la volontà di tutelare le posizioni politiche della Giunta Capitolina e non l’interesse alla salvaguardia della nostra terra e dei suoi cittadini, interesse ridotto a mero slogan privo di contenuti.
Con grande rammarico, a noi sembra che la credibilità del Ministro Costa nella nostra Provincia sia seriamente compromessa; ne auspichiamo il rapido recupero, con atti e fatti concreti, però.
Irreparabilmente compromessa è, invece, la credibilità di chi scrive queste parole:
“Con mio rammarico, purtroppo ieri il Consiglio dei Ministri, vista l’assenza di alcuna valida proposta alternativa, ha deliberato per una nuova autorizzazione all’innalzamento del capping di chiusura del bacino, sino alla quota di 16,70 metri lordi, consentendo la prosecuzione nell’esercizio dello stesso fino al 31 dicembre 2020, in risposta alle richieste formulate dalla Regione in via emergenziale.
Farò ricorso a tutte le mie prerogative di parlamentare e portavoce per pretendere dalle Istituzioni il coraggio di far fronte a questi problemi con maggiore serietà, rispetto, visione, lungimiranza, è necessario cambiare assolutamente marcia, occorre proporre alternative all’attuale assetto di gestione regionale dei rifiuti secondo principi praticabili e sostenibili, non potremo continuare a lasciare che l’inerzia ed i tempi farraginosi delle amministrazioni del territorio ci lascino in balia di impianti e siti già completamente sfruttati per spingerci nel baratro dell’inquinamento”.
In sostanza:
Cari cittadini, mi duole comunicare che vi hanno crocifisso.
Mi dispiace, ma io non posso farci nulla. Lavorerò alacremente, pretenderò con forza, promuoverò il cambiamento, non deve più accadere, bla, bla, bla.
Qualcuno con alle spalle mezzo secolo di primavere, potrebbe attribuire le dichiarazioni ad un esponente politico degli anni ’80; invece sono dell’Onorevole Ilaria Fontana, eletta Deputata nella nostra Provincia nel 2018 nelle fila del Movimento Cinque Stelle, la stessa formazione politica della Sindaca Raggi che non vuole discariche nella Capitale ed invia i suoi rifiuti a Roccasecca.
Post Scriptum n.1:
A scanso di equivoci e per evitare strumentalizzazioni politiche, il testo dell’articolo sarebbe stato lo stesso, parola per parola, se la firma in calce alla Deliberazione del Presidente del CdM fosse stata del Senatore Renzi, del Presidente Zingaretti, del Senatore Salvini, dell’Onorevole Meloni, del Presidente Berlusconi o di un altro qualsiasi degli esponenti dei Partiti rappresentati in Parlamento.
Ugualmente, laddove il Ministero dell’Ambiente fosse stato rappresentato da qualsiasi altro rappresentante politico diverso dal Gen. Costa.
Idem, nel caso le dichiarazioni rese dall’On.le Fontana fossero invece state espresse da diverso esponente proveniente da un altro Partito.
Post Scriptum n.2:
Civis non è un’organizzazione politica; nei suoi organi direttivi e fra i soci non militano rappresentanti di Partiti o forze politiche. Haters, insulti, minacce o provocazioni non ci preoccupano né ci spaventano.
Ferentino, 26 Aprile 2020 Associazione CIVIS