Di Mina quasi non si ricorda il cognome, anche perché non ce n’è bisogno. Nata a Cremona la bellezza di ottant’anni fa, alla vigilia di una guerra devastante, la “Tigre”, come è stata soprannominata, deve la sua fortuna al dilagare della voglia di vivere nell’Italia del boom, quando gli sforzi dell’intero Paese per giungere alla ripresa cominciavano a dare i primi frutti e l’ottimismo regnava sovrano. Un ottimismo smisurato, forse persino eccessivo, di cui Mina è stata un’icona, al pari della sua arte, della sua voce potente e ricca di virtuosismi nonché della sua bravura nell’accompagnare i cambiamenti epocali dell’Italia che sognava, scegliendo di svanire nel nulla nell’ora del crepuscolo. Si è poco riflettuto, infatti, sulla data in cui la cantante ha detto addio alle scene e alle esibizioni in pubblico: il 23 agosto 1978, a Bussoladomani, con il sangue del delitto Moro ancora caldo e sullo sfondo un Paese fragile e avviato verso un inesorabile declino.
Mina è stata la voce, il volto e il simbolo dell’Italia felice, in quegli anni Sessanta colmi di splendore in cui Studio Uno incollava davanti al televisore milioni di cittadini e trasformava, per dirla con Gigi Proietti, “la cerchia familiare in un semicerchio”.
Da “Il cielo in una stanza” a “E se domani”, senza dimenticare brani più scanzonati come “Le mille bolle blu”, Mina ha capito meglio di chiunque altro che quella era la sua stagione, la sua età dell’oro, della gioia e della massima popolarità. Poi si sono fatte avanti altre sonorità, altri protagonisti, altri gusti, è cambiata la tv e siamo cambiati noi, al pari dei costumi, delle tradizioni, del modo di vivere e di essere. Anche Mina è cambiata, pur mantenendo la propria freschezza, la propria genuinità, il proprio spirito garibaldino e quell’aria da diva che la caratterizza fin da giovane, quando era l’idolo di tutte le ragazze che sognavano di sfondare nel mondo dello spettacolo e il punto di riferimento di una Nazione che aveva iniziato a correre.
Si è ritirata al momento giusto, continuando ovviamente a distillare il suo talento purissimo benché nascosta in quel di Lugano, facendo parlare unicamente la sua voce e legando la sua immagine ai ricordi più belli della nostra storia.
La apprezziamo ancora di più, ora che siamo circondati dal silenzio, dal vuoto, dall’assenza. Mina ci manca ma, in realtà, è sempre con noi. Per questo la festeggiamo, la acclamiamo, le vogliamo bene e, in fondo, ci rendiamo conto che la sua scelta di scomparire è stata la miglior forma di presenza. Nella stagione della sovraesposizione dilagante, improvvisamente, ci siamo accorti di amare una protagonista che ha scelto di non esserci. Nemesi storica, cambiamento d’epoca o, più semplicemente, Mina.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21