Oscurate dalla spaventosa avanzata del coronavirus, si consumano nel mondo tragedie umanitarie di enorme portata che, per collocazione geografica e geopolitica minori, non godono di minimale attenzione.
Una di questa è l’imponente invasione di locuste che sta interessando una vasta area che va dall’Africa orientale fino alla Penisola Arabica e oltre. Secondo i più recenti calcoli, sarebbero oltre 200 miliardi le cavallette del deserto al momento in azione. Partite dallo Yemen – travolto da ormai 5 anni da una sanguinosissima quanto negletta guerra – si sono spostate verso occidente ‘conquistando’ sempre maggiori territori. Eritrea, Etiopia, Gibuti, Somalia, Sud Sudan, Kenya, Uganda, Tanzania sono state finora gravemente toccate dal fenomeno, Stati in gran parte già provati da conflitti, dittature, carestie e problemi economici e che, con grande fatica, stavano provando a rialzarsi.
L’impatto sulle coltivazioni e quindi sulle popolazioni, è impressionante: uno sciame normale varia tra i 40 a 80 milioni di unità e può arrivare fino a 150 milioni se non contenuto. Un milione di locuste pesano due tonnellate circa e consumano in un giorno il cibo che serve a 5000 persone. Come riporta la FAO, uno sciame di 2.400 chilometri quadrati – equivalente a quanto registrato in Kenya – mangia la stessa quantità di cibo di 85 milioni di persone. L’invasione, ovviamente, va a creare grossi problemi anche sul piano politico. Il Sud Sudan, ad esempio, che dalla fine di febbraio vive in una delicatissima fase di implementazione dell’accordo di pace e formazione di un governo di unità nazionale tra le due fazioni guidate da Salva Kiir e Riek Machar in guerra atroce fino a un anno e mezzo fa, è stato investito di un’ulteriore, grave minaccia e deve farvi fronte.
«Dobbiamo immediatamente aumentare il livello degli interventi – ha dichiarato di recente il direttore generale della Fao Qu Dongyu – e salvaguardare i mezzi di sussistenza rurali. Bisogna subito sostenere gli agricoltori e le loro famiglie. Non c’è tempo da perdere». L’organismo dell’ONU in gennaio valutava in almeno 76 milioni di dollari la portata dell’intervento di aiuti. Ora si è giunti a 138. Al momento sono arrivate 52 milioni di dollari di donazioni. In una visita in Etiopia di un mese fa, il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha assicurato l’aggiunta di 8 milioni di dollari al circa uno erogato in precedenza, la UE ne ha donati 10, la fondazione Melinda e Bill Gates altri 10. La cifra va raccolta subito perché entro l’estate le locuste potrebbero divenire 500 miliardi.
La risposta dei singoli Paesi e delle organizzazioni trasversali, per quanto faticosa, sta arrivando. Le migliore strategie sono lo spargimento di insetticidi dagli aerei appositi. L’Etiopia ne sta usando 5, il Kenya 6. Ma come ha dichiarato alla BBC il responsabile del Desert Locust Control Organization for Eastern Africa, Stephen Njoka, ne servono molti di più. Una potente risorsa potrebbe essere rappresentata dalle papere. A differenza delle galline che mangiano 70 locuste al giorno, loro arrivano a divorarne oltre 200. La Cina ne ha mandate oltre 100mila in Pakistan – altro Stato colpito dal problema – e si valuta l’opportunità di inviarne anche in Africa e Medio Oriente. La comunità internazionale è ora chiamata a rivolgersi anche a questa allarme. La speranza è che alla crescita di allarme per le tante emergenze del mondo, corrispondano solidarietà e visione.