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Coronavirus. Lettera aperta a Boris Johnson (e qualcosa d’altro)

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Carissimo Boris,

nonostante i Suoi natali nobili e illustri Lei attrae tantissimo anche il Common People di tutto il mondo. Potrebbe anche darsi che le Sue trovate giullaresche ne siano la causa e siano pure la testimonianza di qualche attenzione, da parte di qualche Sua antenata, per qualche giullare, magari di Corte, ma non di sangue blu. Sta di fatto che anche i poveri del Regno Unito sono ben felici di delegare Lei al potere. Ma in fondo il popolo ha un notevole buon senso, per cui capisce che, per attuare il capitalismo, bisogna affidarsi ai veri capitalisti, evitando i finti progressisti, che fanno anche peggio. Perché il capitalismo è soltanto una reiterazione e legalizzazione della più antica legge del mondo: la legge della giungla. In quest’ottica la sua decisione di far poco contro il Covid 19 (solo la chiusura tardiva delle scuole e qualche linea del metrò) è in perfetta relazione con la visione filosofica dei conservatori: si salvi chi può!

Ma c’è un aspetto che bisogna considerare, in modo forse positivo, in questa Sua scelta all’inazione. Se, come è prevedibile, le quarantene mondiali si protrarranno per oltre tre mesi, forse si avranno più morti per la quarantena che per l’epidemia. Basta far conto dei casi di cure abbandonate, incremento delle patologie per sedentarietà, nuove obesità e/o diabete (ictus, infarti, blocchi renali, ecc.), suicidi per l’inarrestabile crisi economica, se non omicidi familiari per la convivenza forzata. Forse, letteralmente, il gioco (le quarantene) non vale la candela (la crisi economica mondiale). Quello che certamente andrebbe fatto, in tutto il mondo, è rendere obbligatorio l’uso della mascherina a chiunque lasci la sua abitazione. Questo è l’unico sistema certo per evitare il contagio, metodo ultrasecolare che contiene il virus all’interno della bocca e del naso degli infetti.

Tornando alla unicità della Sua scelta per il “Corona”, molti nel mondo guardano con malcelato interesse agli sviluppi che potrà avere un esperimento in scala, al milione, di umani. Però, rispetto agli USA, in GB avete uno svantaggio: da voi esiste l‘anagrafe, per cui il conto dei morti è facile da riscontrare, per chiunque e per sempre. Nel regno di Trump, invece, il dato sarà sempre aleatorio.

 

La nostra pace malata

La Protezione Civile italiana confessa candidamente che non le è possibile dotare neanche gli ospedali nazionali di valide mascherine, perché in Italia di mascherine non ne fabbrichiamo più, in quanto per le industrie italiane questa produzione non è conveniente dal punto di vista economico, non offrendo margini di utile alle industrie. Pertanto siamo in lista d’attesa con la Cina, che ha certamente più bisogno di noi di questi presìdi.

Ecco che la soluzione più logica, per superare in tempi brevi la crisi del Covid 19, non può applicarsi: dotare tutti gli italiani che escono da casa di idonee mascherine al fine di bloccare indubbiamente tutti i contagi. Altro che la follia di estendere a tutti il costoso tampone! Il clima da guerra, e relativi coprifuoco, che ci costringe in casa è anche causato dalla impossibilità di ovviare ad una esigenza utile e molto sentita da tutti gli italiani: le mascherine suddette.

Per fortuna si tratta soltanto di un “clima” da guerra, perché se dovessimo trovarci nella malaugurata ipotesi bellica emergerebbero tutte le incongruenze di una linea economica di 70 anni di governi che non hanno mai pensato al peggio. La tradizione economica della nostra industria di trasformazione, dettata dalla mancanza di materie prime, si è attualmente aggravata con la delocalizzazione, che, per inseguire utili facili (e relativi valzer valutari), ha spostato la produzione in altri paesi, se non altri continenti. Nella programmazione economica dei prossimi anni, che purtroppo non possono escludere un conflitto armato, bisognerà dare priorità alle produzioni strategiche che abbiano anche un fine non pacifico.

Per intenderci potrebbe diventare una soluzione logica riprendere una gestione pubblica della produzione dell’acciaio in Italia. Come pure non dovrebbe neanche ipotizzarsi una ulteriore delocalizzazione delle industrie di raffinazione.

Tra le incongruenze del “ventennio” i nonni ricordavano che, per ribadire le attitudini bellico- verbali del popolo italico, Mussolini guarniva i suoi discorsi con tre parole conseguenti, aspre e minacciose: guerra, ferro, fuoco. Si andò alla guerra, ma senza che il ferro (armi) ed il fuoco (energia) fossero in quantità sufficienti per vincerla.

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Lettera aperta a Boris Johnson 


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