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L’arrivo dei medici cubani in aiuto all’Italia è più di un gesto di solidarietà

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L’arrivo dei medici cubani in aiuto all’Italia è più di un gesto di solidarietà: è una benefica provocazione politica. Il messaggio subliminale è chiaro: “benché oppressi da anni di embargo, ristrettezze e sacrifici, vogliamo aiutare anche chi è in un altro continente, perché abbiamo imparato a nostre spese che la solidarietà è il rimedio più efficace per superare i problemi”. Applausi all’aeroporto, riconoscenza nel Paese.

Ma questi medici dovrebbero farci riscoprire il nesso indissolubile tra solidarietà e sanità. Ben presente nel 1978, quando il sistema nazionale è stato introdotto per curare tutti, anche gli indigenti. Poi questo diritto costituzionale è stato annacquato negli anni, a causa della sanità privata speculativa, che ha contagiato quella pubblica fino a indurre la denominazione di “azienda sanitaria” sui presidi medici, senza fermare la corruzione che ha spolpato risorse sempre più ristrette, con tempi di analisi sempre più lunghi.
Il risveglio di attenzione politica a favore della sanità pubblica sarà forse il lascito più prezioso di questa epidemia. Che certo non si sveglierà dal trauma dell’emergenza con gli ideali cubani. Ma forse tornerà a valorizzare la prima lettera della sigla SSN: “Servizio”, non business.

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