80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

La nostalgia anteriore di Maria Attanasio: “Lo splendore del nulla e altre storie”, da Sellerio

0 0

Si può esseri scrittori fedeli a se stessi – scriveva il nostro Antonio Russello mezzo secolo fa – solo quando “l’ispirazione ci riporti sempre alla stessa terra, ci schiacci sempre sotto quell’urgere di terra cielo e sangue i quali come destino, vogliono essere placati come spiriti cattivi, con l’evocarli.” Già: scrivere è un consumare sangue e Maria Attanasio di questo sangue invisibile ne ha versato tanto dentro le sue pagine. Parole e sangue dunque. Un sangue tellurico il suo, fatto di tempo di quell’infinito materiale di cui parlava Michelet. Per uno scrittore – si chiede allora Attanasio nel suo “Correva l’anno 1648…” – niente altro esiste se non il tempo e la parola: un tempo attraversato soprattutto dalle presenze che la sua città, Calacte-Caltagirone, ha saputo evocare. “La vita – fa dire infatti al suo concittadino Giacomo Polizzi nel lungo racconto che apre “Lo splendore del nulla e altre storie”, appena pubblicato da Sellerio – è bella solo se raccontata.” “Dentro le parole non c’è freddo, né carestia, né paura: gli uomini possono soffrire senza dolore, mangiare senza pane, morire senza morte”.

Questo scarto tra letteratura e realtà in fondo manifesta il tema del fantasma che Maria Attanasio lascia consapevolmente aggirare tra le sue pagine: del vissuto personale e delle storie individuali che la spingono “nel cuore della storia”; meglio nei suoi sotterranei. La sua infatti è una storia di militanza nella quale è prima di ogni altra cosa il linguaggio a riscattare la marginalità delle protagoniste: la scrittrice è soprattutto i suoi personaggi. Racconta storie esemplari attraverso microstorie e scaglia frammenti di vite femminili, dopo averle decifrate, contro l’oblio. Donne che la storia ufficiale non ha mai registrato, poi condensate nell’exemplum per eccellenza: la Rosalia Montmasson de “La ragazza di Marsiglia” (Sellerio 2018): una narrazione metaforica, in cui la memoria si fa presente.

Ora, anche il questo ultimo libro (che raccoglie i racconti variamente editi tra il 1994 e il 2014), la storia è affrontata da altre angolazioni: dalla historia speculum iniquitatis a quella che restituisce il vero: “perché – ha detto Maria Attanasio – anche se la scrittura si fa arte, seppur nella finzione, diventa necessaria per ricostruire le inaccessibili crepe del vissuto e diventa così esperienza di verità e parola di libertà.” E così tra storia privata e storia collettiva vive questa sua scrittura: quella degli attori, quella europea e anche della stessa Calacte: una città dove avvampano e si consumano incendi, rivoluzione, repressioni, carestia, colera, morte. E non c’è nessuna “linea siciliana”, nessuna sicilitudine della e nella letteratura dell’Attanasio: perché se quella si muove al di fuori della storia e costeggia l’isola mitica, l’eden meraviglioso (e quindi storicamente luogo impossibile, regione di quiete e di accettazione) in questa c’è solo fortissima appartenenza alla Storia, seppure nella forma della letteratura. Non solo: le sue femminili “genti meccaniche” si connotano nella diversità dell’essere e dell’agire ma soprattutto esistono e consistono nella narrazione della sua città. Ecco: senza questa profondità reale Maria Attanasio non potrebbe raccontare le vite degli altri; non riuscirebbe ad andare incontro alla finzione letteraria, né all’utopia poetica: quelle vite ricostruendo “colmando i silenzi, dando voce all’immemorabile e al possibile di essa”. Anche la scelta del “punto di vista”, di un terzo occhio al femminile finisce per indicare – come ha scritto Christa Wolf – quel “bisogno di scrivere in modo nuovo che segue un nuovo modo di essere nel mondo”: e Maria Attanasio è scrittrice in questo senso e in questo modo.

Ma la finzione è solo strumento, “prassi” per illuminare la Storia, che diventa nel libro stratificazione temporale e sedimentazione ideologica, prosa elegantissima, e potente e poetica: dall’immensa rovina del terremoto del 1693 del racconto dell’incipit – “Delle fiamme, dell’amore” – a Francisca di “Correva l’anno 1698…”; da Annarcangela, de “La donna pittora” a Ignazia Perremuto (il cui racconto offre il titolo al libro) che in un altro spazio-tempo, non quello in cui la vita di una donna è costretta tra “famiglia e convento, tra chiacchiere e pratiche devote”, sarebbe stata una delle femmes-filosofes francesi; da Giovanna Bonanno, la vecchia dell’aceto e del suo celeberrimo processo a quella Levia in cui sfocia idealmente il libro: la cavalletta nella cui leggerezza felice l’Attanasio pare immedesimarsi per attraversare la Storia; insetto nel quale incarnare la figura della libertà “rispetto alla condizione umana, dolorosamente compressa da responsabilità e pregiudizi”, culminando il suo volo in quella modernità che la Rivoluzione francese spalanca e nella quale il muto accadere di vite negate e neglette, di intelligenze altissime e comuni – soffocate negli atti ma non certo nella loro intrinseca vitalità – splende e rifiorisce eterno nel “bosco metamorfico” della scrittura fatta memoria.

Maria AttanasioLo splendore del nulla e altre storie, Sellerio, Palermo 2020 euro 14,00


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21

Articolo21
Panoramica privacy

Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.