Nel tempo delle gabbie, della distanza, si compie il settimo anno di pontificato di Jorge Mario Bergoglio, il papa della Chiesa in uscita. Anche qui, in questo semplice fatto oggettivo, c’è un tratto speciale del suo pontificato.
Il cardinale Jorge Mario Bergoglio, dal giorno in cui è stato eletto Papa dai suoi “colleghi cardinali” non è stato tanto o soltanto il papa della Chiesa povera e per i poveri. E’ stato questo, certamente, ma è stato anche il Papa della prossimità. Quella della prossimità è probabilmente la chiave interpretativa più semplice ma anche più ampia, autentica, del suo settennato. La prossimità la troviamo infatti al centro della sua enciclica, la cosiddetta enciclica verde, “Laudato si’”. Prossimità con il creato, da proteggere per proteggere noi stessi in modo globale, quindi proteggendo anche la natura, l’ambiente. La prossimità la troviamo al centro del suo più sorprendente apostolato: i viaggi a Lampedusa, Lesbo, Banguì, la visita ai campi profughi dei Rohynghia, la celebrazione eucaristica al confine tra Stati Uniti e Messico, a quello venezuelano, sono i più noti viaggi di prossimità. Prossimità con l’umanità scartata.
Il Papa della Chiesa in uscita, il Papa della prossimità, ha imposto la vicinanza anche ai nuclei familiari che venivano detti “irregolari”, sebbene già Giovanni Paolo II avesse fatto cadere lo stigma nei confronti dei divorziati risposati cattolici, dichiarandoli parte della comunione spirituale. Non erano più “pubblici infami”: ma la prossimità cristiana verso molti di loro e con loro stentava ad affermarsi. Ci sono voluti due sinodi per arrivarci.
Il Papa della prossimità poi è diventato per via naturale e al contempo straordinaria a diventare il Papa della fratellanza. Il 4 febbraio dello scorso anno ha naturalmente firmato il documento sulla fratellanza umana. Una firma naturale per chi, come lui, è figlio del Concilio Vaticano II, ma una firma straordinaria perché la sua prossimità umana ha creato le condizioni perché quella firma fosse congiunta con quella dell’imam dell’università islamica di al-Azhar. L’Islam, la religione che crede in tutte le religione ma che si è trasformato nella religione che da secoli si separa da tutti gli altri, ha trovato in Francesco l’interlocutore capace di riportarlo alla sua teologia d’origine, riconoscendo a tutti i credenti e ai non credenti la pari cittadinanza, nella comunità nazionale, dove tutti siamo fratelli.
Questo cammino di prossimità e fratellanza, dalla cattedra di una Chiesa divenuta davvero in uscita, un Chiesa prossima, si è quindi avventurato anche verso l’Amazzonia, verso gli stili di vita e di fede amazzonici, per rendere universale il cristianesimo. Il sinodo per l’Amazzonia non è stato un evento locale, è stato un evento che ha trasmesso un sogno, o quattro sogni secondo la modalità di stesura di Querida Amazonia; quello pluralista.
Il sogno pluralista di Querida Amazonia è inseparabile dal sogno pluralista del documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi, e la Chiesa in uscita di Francesco è diventata così la grande frontiera sulla quale corre la salvaguardia, la visione e la difesa di un mondo plurale, dove le differenze vengono accettate e tutelate nella consapevolezza che solo la dialettica inclusiva ci proteggerà uguali davanti a Dio e diversi tra di noi.
Ambiente, famiglia, fratellanza umana sono state le tre grandi autostrade di prossimità sulla quale la Chiesa in uscita di Francesco ha consentito di riannodare il tessuto umano con fili diversi. I nostalgici di una Chiesa contro, contro gli ebrei o contro i musulmani, o contro gli omosessuali o contro i laici hanno faticato a capire. Ma ad un mondo tentato di chiudere le porte e sbarrare i confini, contrapponendo le identità in una guerra ontologica, o tribale, il pontificato di Francesco ha finito col rappresentare l’ ossigeno necessario per respirare insieme, in ogni diversa identità.
Ecco il Papa per qualcuno amato più fuori casa che in casa: certo, le verità di comodo, quelle che ci rasserenano in virtù di una supposta superiorità tribale, di clan, rendono difficile ad alcuni accostarsi allo spirito pienamente evangelico e pienamente da III millennio della Chiesa di Francesco. Questo ha generato qualche resistenza ma anche tante passioni, nuovi fermenti cattolici, nuove vitalità. E anche fuori dal mondo cattolico è emersa sempre più evidente un’area diffusa che ritiene il Papa, questo Papa, la vera autorità morale globale.
I nuovi rapporti con tante Chiese cristiane, nel travagliato mondo ortodosso ma anche in quello protestante, testimoniano un cammino poco notato ma certamente aiutato dalle scelte coraggiose e innovative di questo pontificato, a cominciare dal viaggio a Lund per l’anniversario della riforma. Chiesa in uscita chiama altre Chiese ad uscire da rigidità e preconcetti anti-cattolici.
Ora il Papa della Chiesa in uscita arriva alla sfida più inattesa: quella di rimanere tale davanti al nemico invisibile, quello che obbliga a chiudere porte e finestre. Francesco ha trovato nella vicinanza ai malati la più naturale chiave interpretativa del ruolo della Chiesa in uscita in questo frangente. La sua omelia delle ore trascorse lo ha detto in modo vibrante. Ma accanto a quei malati ci sono tanti altri malati: malati di abbandono, malati di marginalità, malati di rimozione. L’indispensabile vicinanza ai primi aprirà i nostri occhi anche sugli altri?
Francesco così è oggi alla sfida che riguarda ciascuno di noi. La sua Chiesa in uscita oggi più che mai riguarda ogni cittadino del mondo. Mica poco… Soprattutto perché in queste ore sembra evidente che a fronteggiarla non bastino le cure fisiche, ma servano anche anche morali e spirituali. Come sempre, ma anche oggi.