Gli incontri più belli con Gianni erano in alcuni “ covi” milanesi dove soleva andare.
Se c’era lui vuol dire che si mangiava e si beveva bene, non si doveva avere fretta perché a tavola voleva rimanerci a lungo, in particolare se la conversazione lo interessava.
A me, a noi, la conversazione con lui non poteva che interessare . Mai ti annoiavi, gli argomenti erano i più disparati: libri, calcio, cucina, vino, ciclismo, musica,politica.
Una volta, dal comune amico Gianni, ristoratore sardo di Milano, mi intrattenne non so quanto per raccontarmi di un pastore sardo, produttore di un pecorino incredibile che mi fece assaggiare.
Più del gusto del formaggio fui attratto dalla sua narrazione. Mentre parlava mi tornava alla mente un altro Gianni, Gianni Brera col quale ho avuto l’onore di trascorrere decine di lunedì per due anni quando curavo con lui i collegamenti col “ Processo” biscardiano per il quale Gianni Brera collaborò dai mondiali di Italia 90 in poi.
Entrambi questi geniali Gianni avevano una facilità nello scrivere e nel raccontare che ti lasciava incantato nel leggerli ed ascoltarli.
Avevano molti interessi in comune e riuscivano ad inserirli magicamente nei loro testi, nelle loro conversazioni.
Le pagine sportive di Repubblica erano addirittura “strette” per Gianni Mura come per Gianni Brera.
I “ Sette giorni di cattivi pensieri”, la sua storica rubrica, erano l’appuntamento da non perdere per capire cosa stava accadendo nel mondo dello sport ma non solo.
Dalle sue righe arrivavano messaggi chiari e forti, ricchi di etica, di deontologia, di denuncia contro il mal costume, i vizi della società.
Gianni Mura ti raccontava una partita di calcio ma anche una tappa del Tour con profonda conoscenza dello sport ma non si limitava alla sola analisi tecnica, che pur descriveva con grande preparazione.
Il giornalismo , sportivo ma non solo, perde una delle sue più grandi firme, un autore prezioso anche per chi ha seguito le sue orme, i suoi insegnamenti, il suo stile.
Il mio pensiero va a tutti quei colleghi de La Repubblica nati e cresciuti sotto la sua scuola.
Grazie a Gianni Mura le pagine sportive del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari hanno inventato un nuovo stile, del tutto rivoluzionario che ha stravolto il modo di interpretare il racconto sportivo andando oltre il nozionismo, le tecniche, le tattiche.
Ha trasferito la sua narrazione anche nei libri gialli legati allo sport dove entrava tutta la sua cultura enogastronomica, politica…
Uno stile vicino a quello di Vasquez Montalban e nella musica di Vinicio Capossela.
Mancherà e non poco Gianni Mura, mancherà anche la sua autorevolezza, il suo non essere mai prono ai poteri forti. Grandi allenatori di club o della nazionale avevano nei suoi confronti un rispetto dovuto anche alla sua onestà intellettuale. Riusciva a scrivere critiche talvolta anche impietose, se così si può dire, ma nessuno osava mettere in dubbio la correttezza del giornalista.
Il mio personale augurio è che da lassù, ovunque sia, continui a lanciare quei messaggi di valori dei quali la nostra categoria ha un gran bisogno.
Ciao Gianni, è sin troppo facile immaginarti assieme al tuo omonimo, con le carte in mano, davanti ad un gran bel bicchiere, qualche cicchetto , una scorta di sigari e sigarette a discutere di una partita, delle scelte di un allenatore o della prestazione di un calciatore. Quando questo incubo che viviamo sulla Terra finirà e potremo tornare a parlare di cose amene.
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