I primi abitatori della Sicilia approdarono nella parte orientale dell’isola, sospinti dallo scirocco di primavera. Trovarono un vero paradiso terrestre, una ricca pianura incontaminata che aveva da sfondo il vulcano imbiancato, circondato da una fitta foresta di querce. Come i turisti di oggi, quei nostri progenitori ebbero la bella sensazione del “deja-vu”, un paesaggio che ricordava la terra primigenia da dove tutti gli umani proveniamo: l’Africa equatoriale. Forse anche per questo motivo gli antichi siciliani costruirono le stupende piramidi di lava, con probabili funzioni rituali ed astronomiche. Ecco che l’Etna, topos riconosciuto dall’UNESCO, potrebbe definirsi un “Patrimonio ancestrale dell’umanità”.Sia l’immagine che il nome del nostro vulcano sono un trend ben conosciuto in tutto il mondo.
Nella urgente necessità di salvare il pianeta dai tremendi cambiamenti climatici, una soluzione mette d’accorso ambientalisti e negazionisti: l’aumento delle aree verdi. Un progetto vuole contribuire al benessere del pianeta assieme alla rinascita dell’area etnea che, sino a soli pochi decenni or sono, era simile al paradiso terrestre trovato dai primi abitatori. Tale progetto è quello del “Recupero dell’area pedemontana etnea”. Ricostruire un “unicum” che potrebbe offrire motivi di nuova occupazione, sia col turismo sia recuperando anche le colture e le attività legate al territorio. Ed ottenere la Coesione Territoriale in un’area socialmente modificata dalle immigrazioni interne degli ultimi quarant’anni.
Unire il futuro al passato è la via più proficua per salvare l’ambiente ed il pianeta.
*Associazione Liberi Ingegneri