PAOLO: Non ho però ancora ben capito da cosa lei tragga ispirazione, cosa la spinge a scrivere così?
ALDA: Non le scrivo, le trovo.
PAOLO: Le trova?
ALDA: Sì!
PAOLO: Aspetti, ho capito: c’entra il Parnaso e il discorso che il poeta trova la sua poesia nel canto delle Muse?
ALDA: Osteria (sorride)… magari, il Parnaso, sì… una scampagnata con le muse e via, non è così ragazzo mio.
PAOLO: E com’è?
ALDA (Lo guarda a lungo, sorride delicatamente) Cerca sempre di inclinarti: non al più facile, ma al più difficile; non al più saporoso, ma al più insipido; non a quanto più piace, ma invece a quanto meno piace; non al riposo, ma alla fatica; non al consolante, ma invece allo sconsolante; non al più ma al meno; non a ciò che è più alto e prezioso, ma a ciò che è più basso e spregiato; non a desiderare qualcosa, ma a non desiderare nulla; non alla ricerca del meglio delle cose temporali, ma del peggio, e a desiderare d’entrare per amore folle in ogni nudità e vuoto e povertà di tutto quanto c’è nel mondo; sta in quei nudi, è tra quei vuoti che troverai la bellezza, troverai la poesia.
Milano, Spazio Teatro 89 – Giunto ormai alla seconda stagione, Dio arriverà all’alba è uno spettacolo teatrale scritto e diretto da Antonio Nobili e prodotto da TeatroSenzaTempo Produzione di Spettacoli Teatrali per omaggiare Alda Merini nel decennale della scomparsa della poetessa dei Navigli. Trattasi di una pièce imbevuta di poesia, di verità, di carnalità spirituale, capace di parlare a chiunque sia disposto a fermarsi e non solo vedere ma guardare, non solo sentire ma ascoltare. Nel torvo oceano di cinismo e indifferenza imperanti nel quale la nave dell’umanità sta ormai calando a picco, chi potrebbe sperare di potere salvare ancora la propria anima? L’uomo è antiquato, scriveva Günther Anders ma lei, l’anima – la vera protagonista di questo spettacolo – non potrà e non dovrà invecchiare mai. L’anima è la candida bambina che salva il poeta e potrebbe salvare il mondo intero se solo le permettessimo di fare capolino più spesso dalle stanze del nostro castello interiore. Il mondo è impermeabilizzato alla bellezza: proprio quella che avrebbe dovuto salvarlo (secondo il Principe Myškin, immortale personaggio dostoevskijano). Giunti sull’orlo dell’abisso, comprendiamo che l’anima è l’unica possibilità di riscatto che ci rimane. L’anima bambina ci insegna a stare al mondo, ci insegna a guardare noi stessi e il mondo:
Ogni cosa ha bisogno di essere vista, anche una vecchia conca piena di terra, una piccola catasta di legna davanti alla porta, un cane zoppo. Quando guardiamo con passione, le cose che guardiamo fanno piccole feste silenziose, come se fosse il compleanno di un balcone o l’onomastico di una rosa.
Ma andiamo con ordine. La trama prende l’avvio nella casa di Alda Merini, lei seduta di spalle, immobile e quasi impassibile ai rumori e al movimento che pian piano prende vita tutto intorno, sulla quale la luce si alza lentamente. Una giovane donna si muove con grande sollecitudine in uno spazio dove regna sovrano il disordine: sedie, tavoli ingombri di oggetti, un pavimento pieno di mozziconi di sigaretta. È Anna, la vicina che abita sul suo stesso pianerottolo e che si prende cura della poetessa, le fa la spesa, l’accudisce con grande tenerezza e l’aiuta a ricordarsi gli appuntamenti segnati con il rossetto sul muro. Tra le mura crepate di questa modesta casa popolare, situata nel cuore pulsante dei Navigli, vive e fa poesia (ma è già una tautologia questa) una donna capricciosa, dall’umore cangiante, piena di dolcezza e di tagliente ironia. Squilla il telefono: è il ‘professore’ che le annuncia l’arrivo di un giovane studioso, Paolo, da lui incaricato di intervistarla per un progetto accademico. La ricerca − sarà lo stesso Paolo a puntualizzare − riguarda l’evoluzione storica del verso e della metrica nella poesia contemporanea. Questi concetti estemporanei non fanno la minima impressione su Alda che taglia corto: «Lei lo fa l’amore?»
Da questa incolmabile incrinatura tra un universo formale, privo di anima e dunque di verità e quello poetico, vivo, carnale nascerà un dialogo incredibilmente ricco tra i due. L’indomabile Alda non è certo donna che si lasci suggestionare dalle pretese di un mondo convenzionale e anchilosato come quello accademico: «Un poeta teme un professore universitario quanto un elefante teme una mosca poggiata sul suo culo!»; Le sue parole incendiarie e semplici sono come un bagno di fuoco per l’anima di Paolo, che sarà costretto a rivedere completamente le sue coordinate esistenziali da asciutto studioso classicista. Ne uscirà trasfigurato, resuscitato e iniziato a nuova vita.
I temi del dialogo avviato da queste anime entrate in sacra comunione, abbandonatesi alla sorpresa del denudamento, sono intrisi di passione, di sale che brucia le ferite, di dolore che squarcia le fibre dell’essere − in una sola parola: di umanità.
Tutto con Alda si fa presenza. Prima di tutto, naturalmente, l’amore a cui si ispirarono i sublimi carmi dei poeti del quattrocento studiati (ma non capiti) dai classicisti come Paolo e dal suo illustre coordinatore. L’amore di Alda per la sua città, il suo quartiere, la sua casa popolare immersa nel degrado assoluto: una «casa piena di muffa sulle pareti, con le crepe sul soffitto» che fa semplicemente inorridire il giovane studioso romano: «Una persona così elegante, delicata come lei, con questa puzza insopportabile di fiume, spacciatori; di notte qua intorno girano solamente puttane e tassisti!». Ma Alda ama quel caos: la crepa è lo squarcio che fa entrare la luce (come cantava Leonard Cohen). Sulle crepe, di notte, lei fa scivolare i ricordi, i dolori, le ferite poiché «le notti dei poeti sono strane». Di notte Alda è lupa, guaisce alla luna e raffina l’arte della sofferenza. La dignità, o meglio, l’orgoglio della lacrima versata in silenzio è chiave che apre lo scrigno magico della poesia, l’unica in grado di lenire il tormento della solitudine alla quale il poeta è da sempre inchiodato. C’è poi il manicomio, una discesa agli inferi che ha marchiato a fuoco la vita e la poetica della Merini, un’esperienza fondante, un’iniziazione all’orrore che però, baudelarianamente, si accompagna sempre all’estasi della vita: «Avevo paura, ma mi sono detta: “Fatti forza Alda, ora ti fa paura ma un domani saranno i manicomi ad aver paura di te!” e come vede ho vinto io».
Infine, la maternità, banco di prova e spartiacque nella vita di ogni donna. La scissione tra il sentimento di grazia, di onnipotenza quasi che si prova nel sentire una nuova vita scalciare dentro il proprio ventre e l’inevitabile caduta negli abissi dei sensi di colpa, dell’inadeguatezza: «La maternità è una sofferenza, una gioia molto sofferta, da un amante ci si può staccare, ma da un figlio non riesci». Il pensiero delle figlie date in affidamento aggroviglia le budella ad Alda che sa di non essere stata una brava madre perché la poesia «distoglie da tutto il resto».
Di Alda alla fine di una vita amata e consumata fino all’osso, divisa in parti uguali tra abiezione ed elevazione, restano le sigarette, il caffè, la coca cola, il rossetto, la tv color, il vino rosso − «i poeti bevono solo vino rosso» −, i quattro tulipani, ma soprattutto le resta lei, l’anima, eterna candida bambina:
Mi chiedo di che tempra il mio cuore sia fatto, quale il suo spessore. Mai lo hanno ferito le lame dello squallore, né mai mi hanno ucciso le punte acute del dolore, perché ancora m’emozionano le carezze di queste dita tra i petali di fiore.
Lo spettacolo tocca livelli di grande lirismo grazie anche alla magistrale interpretazione di Antonella Petrone, impeccabile nel ruolo di Alda Merini. L’attrice stupisce ed emoziona per la grazia e la naturalezza della sua immedesimazione totale con la poetessa e per il lavoro straordinario sul corpo: la gestualità, la voce scaturita dalla fusione perfetta tra il suo mondo interiore e quello della Merini.
Valerio Villa si cala con grande sensibilità nel ruolo di Paolo; Alberto Albertino è perfetto nei panni del simpatico e burbero dottor Gandini; Alessio Chiodini è un esilarante Arnoldo Mondadori che si ribella all’«etica della normalità» della sua famiglia borghese in nome dell’amore; Sara Morassut incarna la timida e amorevole Anna mentre Sharon Orlandini è l’anima bambina che incanta con il suo vestitino bianco e i battibecchi con Alda: «non sei felice, bugiarda, hai detto una bugia».
La travolgente epifania dell’incertezza che chiude il dialogo tra Alda e Paolo, lascia aperto l’interrogativo di cosa sia la poesia e quale la verità del poeta, e non potrebbe essere altrimenti perché la ricerca non deve terminare. Alda Merini insegna una disciplina del peggio, dell’ostacolo, dello sconsolante, della penuria e del singhiozzo, poiché «soffrire è un dovere […] da quando esistono i poeti» e «nessuno rinuncia al proprio destino, anche se è fatto di sole pietre».
* tutte le citazioni sono tratte dal testo dello spettacolo
Dopo il successo al Teatro OutOff e al Teatro alle Colonne, lo spettacolo Dio arriverà all’alba–Omaggio ad Alda Merini è andato in scena per la terza volta a Milano al Teatro Spazio 89.
con Antonella Petrone nel ruolo di Alda Merini
e con
Valerio Villa – Paolo
Alessio Chiodini – Arnoldo Mondadori
Alberto Albertino – Dott. Gandini
Sara Morassut – Anna
Sharon Orlandini – Bambina
Aiuto-regia: Margherita Caravello
Musiche di: Paolo Marzo
Scenografie di: Fabio Pesaro per Skenograph Italia
Ufficio Stampa: Mary Ferrara
LIBRO: il libro DIO ARRIVERA’ ALL’ALBA scritto da Antonio Nobili, dal quale è tratto lo spettacolo attualmente in tournée nei teatri italiani, è in vendita su Amazon.it. I proventi vengono dati in beneficenza al PROGETTO ITACA, una associazione che si occupa delle famiglie con la presenza di un membro affetto da patologie psichiatriche.
*Le rimanenti date del tour di DIO ARRIVERA’ ALL’ALBA in continuo aggiornamento
– 12 Febbraio 2020: Colleferro (RM) – Teatro Comunale Vittorio Veneto
– 18 Febbraio 2020: Milano (MI) – Spazio Teatro 89
– 28/29 Febbraio 2020 : Livorno (LI) – Teatro Vertigo
– 6 Marzo 2020 : Bologna (BO) – Teatro Dehon
– 7 Marzo 2020 : Vittuone (MI) – Teatro Comunale
– 11 Marzo 2020 : Torino (TO) – Teatro Astra
– 21 Marzo 2020 : Gubbio (PG) – Teatro Comunale Luca Ronconi
– 17 Aprile 2020: Brescia (BS) – Teatro Santa Giulia
– 24 Aprile 2020: Lanciano (CH) – Teatro Comunale Fenaroli