Di fronte alla pandemia causata dal Covid19 non basta sigillare i confini esterni, o peggio quelli interni, dell’Ue e delle altre aree del pianeta. I virus ignorano i confini tra gli stati, tra le aree geopolitiche e tra le classi sociali. E tutto ciò è noto da tempo. Nel rapporto del settembre 2019 dell’Oms, cioè prima dell’esplosione dell’attuale pandemia, basandosi sulle precedenti crisi, dell’Aids della Sars dell’Ebola, proponeva misure sanitarie ed economiche preventive di contrasto della futura epidemia che sicuramente si sarebbe verificata pur non conoscendone la data. Il rapporto – A world at risk – calcola anche le conseguenze economiche di una pandemia che potrebbe colpire tra i 50 e gli ottanta milioni di persone nel mondo e fare arretrare di 4,5 punti percentuali il Pil mondiale. Una gravissima recessione umana ed economica! Per prevenirla e fronteggiarla l’Oms chiede al FMI e alla Banca Mondiale una politica monetaria ed economica espansiva per sostenere le infrastrutture e le economie dei paesi, un coordinamento dei piani sanitari nazionali e un monitoraggio delle patologie già note alle quali si è aggiunto, subito dopo il rapporto, il Coronavirus. Dopo le iniziali sottovalutazioni, la rapidità della sua diffusione ha indotto un progressivo allarme in tutti paesi compresi quelli retti da uomini di governo superficiali, quali Trump e Johnson, ora costretti a correre ai ripari dopo le loro smargiassate.
I paesi dell’Ue, seppure in ritardo, soprattutto nel coordinamento dei loro interventi sanitari di contenimento del Covid19, stanno adottando le misure rigorose applicate per prima dalla Cina e poi dall’Italia. Date le conoscenze scientifiche attuali del nuovo virus e in attesa di un futuro vaccino, la misura di contenimento prevede il divieto possibile di ogni contatto interpersonale e il rispetto rigoroso delle prescrizioni sanitarie suggerite dagli scienziati e adottate dal governo con decreto legge o addirittura, suscitando legittime perplessità di costituzionalità perché non esaminati dal Parlamento, con decreto del presidente del consiglio dei ministri.
Il mondo e il nostro paese, dopo questa pandemia, non saranno come prima, per il rapporto cittadini-istituzioni, tra gli stati, tra globalizzazione, politica e modello di sviluppo. Certamente andrà rivisto l’attuale modello di capitalismo predatorio che non tutela né la salute umana né quella ambientale che fanno parte dei diritti umani.
La Storia ci insegna che da questo tipo di crisi epocale, non solo sanitaria, ma anche politica ed economica, si è usciti in due modi contrapposti. Dalla crisi dello Stato liberale e dalla prima guerra mondiale accompagnata dalla pandemia della Spagnola, che ha provocato tra i 50 e i 100 milioni di vittime molto più dei 16 milioni della guerra, si è usciti con una svolta reazionaria, in Italia col fascismo in Germania col nazismo. Dalla seconda guerra mondiale, dopo la sconfitta del nazifascismo, l’Italia e la maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale sono uscite con un rafforzamento della democrazia parlamentare, con costituzioni avanzate, come quella italiana che grazie alla Resistenza prevede una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Oggi nel mondo emergono diverse spinte. Una sollecita una governance democratica della globalizzazione con un vero potere decisionale dell’ONU e degli organismi sovranazionali come l’UE, superando le scelte neoliberiste degli ultimi decenni che hanno considerato l’intervento pubblico, salvo a rivendicarlo a favore dei grandi poteri finanziari, come una lesione della libertà del mercato che avrebbe assicurato la felicità a tutti. Il risultato appare chiaro a tutti: crescita della povertà e delle disuguaglianze, guerre e emigrazioni, riduzione dei diritti delle persone, sistema democratico minacciato.
L’altra registra il fallimento delle teorie antiscienza affermatesi nel mondo selvaggiamente globalizzato grazie ai populismi e alle democrazie illiberali. I movimenti no-vax, il dileggio dei professoroni, dei gufi da parte di nostri presuntuosi politici momentaneamente scomparsi senza alcuna autocritica, ma senza aver saputo opporsi alla riduzione della spesa pubblica per la ricerca, l’innovazione, l’istruzione, la sanità pubblica, il lavoro e della tutela dei diritti sociali e politici dei cittadini.
L’altra importante questione riguarda le modalità di decisione da parte del governo delle misure urgenti e necessarie per contenere l’epidemia che potrebbero costituire un precedente di indebolimento dei diritti di libertà sanciti dalla Costituzione. Ogni atto d’urgenza del governo deve rispettarli anche per rafforzare la fiducia dei cittadini verso le istituzioni democratiche. Meglio usare i decreti legge che prevedono l’approvazione del Parlamento e non i decreti del presidente del consiglio dei ministri che non la prevedono. Questo per non scavalcare le Assemblee legislative senza rinunciare all’urgenza delle decisioni imposte da situazioni emergenziali. Siamo dunque perché il Parlamento non chiuda, continui a lavorare, nelle commissioni e in aula, con le misure cautelative adottate e rispettate da tutti i lavoratori e lavoratrici di quelle imprese, uffici, ospedali che lavorano, correndo rischi, per assicurare l’essenziale per la vita quotidiana della nazione. I parlamentari discutano, modifichino, quando lo ritengano necessario, e approvino le proposte del governo o d’iniziative parlamentari mettendo da parte le polemiche e guardando esclusivamente al bene comune e non al proprio. Ciò significa abbandonare l’opposizione preconcetta “quantitativa”, quella del “non basta” “di più” a ogni proposta del governo o della maggioranza senza specificare l’alternativa qualitativa della propria proposta. Ciò contraddice lo spirito di unità nazionale che sale dal paese, dal Nord al Sud. I cittadini non comprendono, preoccupati e allarmati per la salute e per il futuro economico del paese, certi tentativi di ricercare sempre occasioni di polemiche politiche che non affrontano e risolvano i loro problemi. Non osiamo immaginare cosa avrebbero detto questi mostri alfieri di paura se il Covid19 fosse esploso in Sicilia o nel Sud, abitato da terroni selvaggi e sporchi con un servizio sanitario a loro misura.
Per fortuna il paese è molto più avanti della sua classe dirigente e la sua unità di fronte le avversità ci fa ben sperare. Le nuove forme di solidarietà, il nuovo uso della rivoluzione digitale, dalle tele lezioni alle video conferenze (che il Centro studi Pio La Torre usa da ben 13 anni per le sue iniziative con gli studenti delle scuole italiane) possono cambiare in meglio le relazioni umane, potranno dare più fiducia ai giovani terrorizzati per il loro futuro lavorativo.
Tutto ciò deve rafforzare la nostra democrazia, non indebolirla con la riduzione dell’attività parlamentare, dei diritti civili, sociali e politici. Quindi rigorosi comportamenti antivirus e al tempo stesso vigili sul rispetto dei diritti costituzionali. Il paese non ha bisogno dell’uomo forte, ma di una politica forte, inclusiva che possa essere condivisa dalla maggioranza dei cittadini e dei loro rappresentanti sociali e politici. Per questi obiettivi occorre, è ovvio, una classe dirigente all’altezza di una crisi epocale della quale si potrà uscire in avanti con politiche alternative a quelle sinora perseguite.