Caro Direttore,
mi permetto di inoltrarLe la presente lettera, con la speranza che possa servire a sensibilizzare chi mi deve curare, chi ha in mano le sorti della mia vita.
L’ho scritta utilizzando le poche forze che mi sono rimaste a disposizione e le chiedo scusa se ho commesso qualche errore ortografico. Spero, tuttavia, che il significato del mio messaggio venga compreso.
Mi chiamo Franca e scrivo da Milano. Sono una ammalata di cancro al quarto stadio, quello nel quale vi sono poche speranze di guarigione. Sono in cura presso un ospedale di Milano da quasi un anno.
I medici mi hanno seguita molto bene: mi sono sottoposta ad un ciclo completo di chemioterapia, come previsto dal protocollo. Da più di un mese ho terminato il ciclo e sono in attesa di capire se per me vi sono ancora possibilità di continuare le cure, che mi permetteranno di rimanere ancora in vita.
I medici dell’Ospedale, la scorsa settimana, mi hanno chiamata per comunicarmi che volevano visitarmi, forse perché hanno intravvisto la possibilità di continuare le cure.
Hanno riacceso in me una luce, ridandomi la speranza di poter continuare a vivere.
Purtroppo, per via del Coronavirus, non mi hanno più contattato perché si dà la priorità ai contagiati dal Coronavirus, in quanto essi rischiano la vita. E la mia vita? La mia vita allora non è importante?
Anch’io rischio la vita, al pari dei malati per Corinavirus, ed anch’io non posso attendere, in quanto ho la necessità impellente di curarmi, pena la fine della mia vita.
Chiedo che tale lettera, facendo leva sulla sua sensibilità, sulla sua umanità, venga pubblicata per fare capire che io e tanti altri malati di cancro o di altre malattie gravi, non possiamo essere messi in secondo piano, ma meritiamo attenzioni e cure immediate.
I giorni passano e nessuno mi chiama e prendo atto amaramente di essere stata abbandonata al mio destino, che è la morte.
Certo, lo stadio della mia malattia è molto grave, tuttavia essere posta in disparte a causa del contagio, significa che per me si è decretata la fine.
Mi chiedo e Le chiedo: “E’ giustificato classificare gli ammalati gravi in ammalati di serie A, a cui offrire immediatamente ogni terapia, e in ammalati di serie B, i quali devono attendere che la priorità degli ammalati di serie A venga garantita, non importa se intanto muoiono, come se il valore della vita di ogni essere umano potesse essere assoggettato a logiche classificatorie e non su sole logiche umanitarie, sulle quali, come lei ben sa, è fondato, da sempre, l’operato della medicina”.
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