“Nonostante l’emergenza del coronavirus si puo’ fare comunque “una telefonata per chiedere e pretendere che l’ambasciatore italiano in Egitto il 30 marzo vada alla sede della Procura egiziana” facendo tutto quello che e’ possibile per liberare Patrick Zaki. Questo l’appello lanciato da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, durante il dibattito ‘virtuale’ per approfondire la vicenda di Zaki organizzato da Amnesty Bologna e i collettivi Labas e Saperi Naviganti.
Noury si rivolge direttamente al governo italiano per fare in modo che lo studente egiziano, arrestato il 7 febbraio a Il Cairo, venga scarcerato.
“Vanno bene manifestazioni e flash mob degli attivisti e dei compagni di università in solidarietà per Patrick, ma si tratta di “stimoli”: la decisione sul destino – rimarca il portavoce di Amnesty Italia – deve essere favorita dall’impegno diplomatico e questo si puo’ fare anche in questa situazione (di emergenza coronavirus, ndr)”.
La richiesta di Noury dunque è che l’ambasciatore italiano in Egitto possa prendere parte, almeno, all’udienza fissata per il 30 marzo.
“La detenzione di Zaki può durare fino a due anni o forse piu’, in un periodo fatto di rinvii su rinvii”, avverte Noury. Vicende come quella di Giulio Regeni e Patrick “devono essere l’occasione per fare in modo che l’Italia svolga un ruolo nel Mediterraneo di promotore dei diritti umani” ha sottolineato Erasmo Palazzotto, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. “Ci sono valori e principi da cui non si puo’ retrocedere”.
L’Italia “si deve far carico di chiedere la liberazione di Patrick e, nel suo caso specifico, che vengano prese delle misure per alleggerire le condizioni di sofferenza di tutti i condannati politici nelle carceri egiziane” la conclusione di Palazzotto che Articolo 21 condivide e fa propria come la richiesta di libertà per Patrick.