[Traduzione a cura di Massimo Testa dall’articolo originale di Misheck Mutize pubblicato su The Conversation]
Tornano i timori della comunità internazionale sulla sostenibilità del crescente livello di debito di molti Paesi africani, in gran parte contratto in valuta estera attraverso i cosiddetti Eurobond. Nello specifico, si tratta di titoli obbligazionari collocati sui mercati finanziari internazionali. Il valore complessivo degli Eurobond emessi tra il 2018 e il 2019 è stato superiore a quello di tutte le obbligazioni vendute tra il 2003 e il 2016.
I Governi africani emettono e quotano i loro Eurobond sulle piazze internazionali più collaudate – normalmente Londra e la Borsa irlandese. Essi eviterebbero di rivolgersi all’estero se i mercati obbligazionari locali fossero attivi e liquidi.
In realtà, con la sola eccezione del Sudafrica, i mercati mobiliari del continente africano sono generalmente poco evoluti e quelli secondari risultano inattivi e non convertibili in liquidità. Di conseguenza, resta difficile attrarre gli investitori internazionali a livello locale.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ritiene che gli Stati africani abbiano perso il controllo delle emissioni obbligazionarie e che metà di loro sia prossima al collasso. Sostiene, inoltre, che i Governi stiano accumulando debito senza valutare i rischi del tasso di cambio e i costi reali di rimborso.
Un allarme, questo, che forse è esagerato. Il problema, infatti, non è tanto l’eccessivo volume del debito pubblico, quanto piuttosto gli alti interessi che genera e che i Paesi devono pagare. I motivi di questa situazione sono diversi. Tra questi, ci sono le valutazioni delle agenzie di rating, formulate spesso sulla base di informazioni non corrette, e il comportamento degli stessi emittenti.
Le soluzioni non mancano, ma occorre che i Governi africani facciano sentire la loro voce e prendano l’iniziativa.
Alcuni calcoli
Essenzialmente sono due i parametri presi in considerazione per valutare il peso del debito di un Paese. Uno è il livello di indebitamento espresso come rapporto tra debito e prodotto interno lordo (PIL). L’altro è il costo del servizio del debito, cioè il pagamento degli interessi.
Per esempio, nel continente africano, i livelli di indebitamento sono in media ben inferiori alla soglia del 100% del rapporto debito/PIL. Ma l’impressione comune è che siano molto più alti. Questa distorta percezione sulla situazione in Africa fa sì che i Paesi paghino sul debito tassi di interesse più alti, e di molto, rispetto a quelli degli altri Stati, pur non essendo giustificati dal profilo di rischio.
A parte quattro Paesi – Capo Verde, Gibuti, Congo e Mozambico – gli Stati africani hanno un rapporto debito/PIL pari in media al 60%. Quest’ultimo, secondo il FMI e il Programma per la Cooperazione Monetaria Africana, è il valore soglia al disotto del quale il livello di indebitamento può considerarsi sostenibile.
In Africa, l’ammontare dei titoli di debito emessi annualmente è pari solo all’1% dell’intero PIL continentale, che cresce con un tasso annuale medio del 4%. In altri termini, il reddito aumenta più velocemente del debito. Sono questi gli indicatori che misurano la solidità fiscale di un Paese.
Al contrario, la spesa per interessi è sovradimensionata rispetto al rapporto debito/PIL. Alcuni studi mostrano che nelle economie sviluppate, per ogni punto percentuale di crescita nel rapporto debito/PIL si determina un aumento dei tassi d’interessi compreso tra lo 0.02% e lo 0.03%.
I Paesi africani pagano sui titoli di stato decennali interessi compresi tra il 5% e il 16%, mentre i tassi sono prossimi allo zero o negativi in Europa e in America. In media, nel bilancio dei Paesi dell’Africa sub-sahariana, gli interessi costituiscono la quota più grande di spesa e quella che cresce più velocemente.
L’aumento dei tassi di interesse sul debito in Africa dovrebbe suscitare le maggiori preoccupazioni. I Paesi africani si stanno svendendo accettando curve di rendimento troppo alte nelle loro Offerte Pubbliche Iniziali di Eurobond. Questo rafforza l’ingiustificata percezione secondo la quale sarebbero emittenti ad alto rischio.
I fattori determinanti
Gli alti tassi di interesse sono determinati da diversi fattori chiave, che possono essere sintetizzati in almeno tre punti.
Primo: il divario tra la durata a breve termine del debito negoziato dai Governi africani tramite l’emissione di Eurobond e la natura pluriennale dei progetti infrastrutturali che essi intendono finanziare con i fondi raccolti. L’urgenza di attrarre investitori costringe i Governi africani a prendere in prestito a breve termine per finanziare progetti a lungo termine.
Secondo: la fungibilità dei finanziamenti ottenuti con gli Eurobond – cioè la possibilità di impiegare i fondi per scopi diversi da quelli per i quali sono stati raccolti – espone il sistema ai rischi collaterali di appropriazione indebita e spese improduttive.
Terzo: l’inappropriata valutazione del merito creditizio da parte delle agenzie di rating, dalla quale deriva l’attribuzione del giudizio spazzatura a gran parte degli Stati. La valutazione del credito è fondamentale per la determinazione sia dei tassi di interesse che della domanda di obbligazioni.
L’inadeguatezza delle valutazioni di rischio formulate dalle agenzie di rating è stata più volte criticata. Come previsto dalle metodologie di giudizio delle tre grandi agenzie di rating al mondo, la crescita economica è sempre stata un fattore decisivo anche in passato per valutare gli eventi relativi al credito sovrano. C’è una forte correlazione positiva tra la forza dell’economia e l’affidabilità creditizia. Ma in Africa, una crescita economica sostenuta non si è tradotta in un miglioramento dei rating.
Nonostante la crescita dell’economia a ritmo costante, pari in media al 3.6% nei 32 Stati africani oggetto di valutazione, i dati mostrano che il numero dei declassamenti e degli outlook negativi è quasi il doppio delle valutazioni migliorative e delle previsioni positive. Questo ha comportato il peggioramento della posizione dei Paesi africani, nonostante i significativi progressi in termini di governance, crescita economica e sviluppo umano conseguiti dal continente negli anni passati.
L’Etiopia, per esempio, ha una crescita economica che attualmente è pari all’8.5% e si è mantenuta tra l’8% e l’11% per oltre 10 anni. Eppure, nessuna delle tre agenzie internazionali di rating ha mai rivisto al rialzo il relativo giudizio.
Il Senegal, uno dei Paesi più stabili dell’Africa, che dalla conquista dell’indipendenza nel 1960 ha vissuto tre transizioni politiche pacifiche, ha avuto nel corso degli ultimi 10 anni una crescita economica pari in media al 6%. Lo Stato ha ancora un rating di livello spazzatura… Continua su vociglobali