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Ucraina: dalla libertà di stampa a rischi di censura

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Lo scorso gennaio il ministero della Cultura, della Gioventù e dello Sport ucraino ha presentato al parlamento un disegno di legge al fine di cambiare la legislazione sui media e la disinformazione. Una proposta, però, che solleva le critiche dell’opposizione, dei giornalisti e degli esperti mediatici, i quali vedono minacciati i loro diritti alla libertà di opinione

Come previsto dalla Costituzione, in Ucraina vige la libertà di parola e di stampa. I media sono – teoricamente – liberi di esprimere la propria opinione su ciò che sta accadendo nel paese e all’estero. Ma la situazione attuale, secondo quanto riportato dall’organizzazione internazionale per i diritti umani Reporters Without Borders, non è così democratica e trasparente come dichiarato su carta: l’Ucraina si situa solo al 102° posto nella classifica sulla libertà di stampa del 2019.

Oggi, i media ucraini appartengono per lo più ai maggiori oligarchi del paese. Viktor Pinčuk, Ihor Kolomoyskyi, Petro Porošenko, Rinat Achmetov e Dmytro Firtaš detengono i principali i canali televisivi ucraini che, inevitabilmente, rispecchiano gli interessi individuali dei loro proprietari. La corruzione, la mancanza di trasparenza finanziaria e i giochi di potere influiscono più che mai su questa realtà, da cui si distinguono a malapena alcuni settori della stampa e dei media online, che offrono una possibilità di scelta più ampia grazie alla libertà della rete.

Nei rapporti annuali sulla libertà di stampa dal 1991 a oggi, il rating dell’Ucraina mostra alti e bassi, comprensibili alla luce dei diversi cambi di potere. Dopo alcuni anni difficili sotto la presidenza di Leonid Kučma (1994-2004), quando numerosi uffici stampa furono chiusi con la forza ed era diffusa l’autocensura, la Rivoluzione arancione del 2004 ha riportato in vita la pluralità dei media indipendenti e la stampa ucraina è stata considerata, seppur per un breve periodo di tempo, tra le più libere di tutti i paesi dell’ex blocco sovietico.

Nel 2010, l’organizzazione non-governativa di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani, Freedom House, ha registrato un’ulteriore tendenza negativa: restrizioni alla libertà di stampa, intimidazioni della società civile e significativa influenza del governo sulla magistratura. La censura è tornata, infatti, galoppante con Viktor Janukovyč, che si è insediato alla presidenza nel febbraio 2010 dichiarando comunque il suo apprezzamento per i “media liberi e indipendenti”. Nonostante le numerose denunce dei giornalisti per le violazioni in merito, il governo di Mykola Azarov negò allora la censura dei media e nel maggio del 2010 venne approvata dal parlamento una legge sul rafforzamento della protezione dei diritti di proprietà nei media, negli uffici, nelle case editrici, nelle librerie, nonché nei relativi sindacati. Un lieve miglioramento si ebbe solo nel 2013-2014 con gli eventi di Maidan e dello scoppio del conflitto armato nei territori orientali, grazie ai quali sono nati diversi media online indipendenti, tra cui Hromadske.ua, registrato come organizzazione non-governativa.

Una maggiore libertà e la nascita di nuovi organismi mediatici hanno seguito l’ondata rivoluzionaria di Maidan, ma il controllo dell’informazione e la diffusione di fake news e di propaganda non sono mancati. Numerose sono state le minacce alla libertà di stampa e alcuni giornalisti hanno perso la vita senza trovare giustizia (Pavlo Šeremet e Katerina Handzjuk tra i casi più noti). Nel corso del 2019, l’Istituto dei mass media (IMI – Institut masovoi informacii) ha segnalato 243 casi di violazioni della libertà di parola in Ucraina, di cui 172 riguardavano aggressioni fisiche contro i giornalisti. Una cifra più elevata rispetto a quella dell’anno precedente (235). Le principali forme di violazione sono costituite da: ostruzione all’attività giornalistica, minacce, percosse, rifiuto di accesso alle informazioni, attacchi informatici e pressioni legali.

La nuova proposta di legge su media e disinformazione

Secondo gli esperti di Freedom House, la situazione attuale dei media in Ucraina è stabile. Nel paese la libertà di espressione, di parola e di stampa è tutelata dalla legge e la censura non è contemplata dalla Costituzione. Eppure, il rispetto di questi diritti potrebbe ben presto scomparire se il mese prossimo la Verchovna Rada approverà alcune modifiche legislative sui media e, in particolare, sulla disinformazione.

Lo scorso gennaio il ministro della Cultura ucraino Volodymyr Borodyansky ha infatti sottoposto al parlamento un progetto di legge sulla disinformazione che dovrebbe “garantire la sicurezza delle informazioni nazionali e il diritto di accedere a fonti e notizie affidabili”. Secondo il ministero, il testo mira a garantire ai cittadini l’accesso a informazioni verificate attraverso l’introduzione di meccanismi per combattere la disinformazione e aumentare il livello di alfabetizzazione mediatica della popolazione, imprigionata in una guerra ibrida con la Russia. Il progetto di legge vuole, inoltre, introdurre una responsabilità civile e penale per i trasgressori, con punizioni che vanno da multe salatissime alla reclusione fino a 7 anni.

Il primo passo sarà la creazione di un nuovo organo: un “difensore civico in materia di informazione” che risulterebbe responsabile sia della verifica delle segnalazioni di fake news, sia della rimozione delle stesse. I poteri preposti a quest’ultimo sono tra i motivi per cui organizzazioni come l’IMI rimangono critiche a queste modifiche. Ciò andrebbe a creare, infatti, un meccanismo di interferenza statale nella sfera dell’informazione e violerebbe gli impegni dell’Ucraina ai sensi della Costituzione, della Convenzione europea sui diritti umani e della Corte europea per i diritti dell’uomo.

In secondo luogo, il ministero propone di creare un organo speciale chiamato “Associazione dei giornalisti professionisti dell’Ucraina”. Un albo che riconosce come giornalisti solo quelli “professionisti” che ne saranno membri – previo rispetto dei requisiti d’accesso – e che potranno di conseguenza usufruire dei servizi di protezione statale.

Un giornalista professionista, infatti, sarà in grado di raccogliere informazioni nelle zone di emergenza e lavorare sul campo, monitorando manifestazioni, operazioni antiterroristiche e interventi militari. Verrà tutelato in caso di diffamazione, le ferie gli saranno pagate e potrà aspettarsi un risarcimento per infortunio/decesso nel lavoro. Gli altri giornalisti non appartenenti all’associazione saranno, invece, semplici “divulgatori”, giornalisti ordinari privi di protezione e di qualsiasi accreditamento da parte delle autorità pubbliche. Anche i giornalisti stranieri dovranno ottenere nuovamente l’accreditamento agli enti statali, una pratica che era stata abolita nel 2005.

Per quanto riguarda i media nel loro insieme, vigerà un “indice di fiducia”. L’ottenimento di questo indice, che racchiude un punteggio e viene azzerato annualmente, dovrà andare a soddisfare i seguenti criteri: diffusione di informazioni verificate; adesione alle regole di etica professionale; trasparenza; rispetto del diritto di obiettare o rifiutare informazioni false.

La presa di posizione degli esperti

L’iniziativa ha già sollevato numerose critiche da parte di giornalisti e cittadini ucraini ed europei, i quali hanno subito accusato il governo di voler violare il diritto alla libertà di parola e alla libertà di stampa. Gli esperti mediatici temono una vera e propria interferenza da parte degli organismi governativi nelle attività giornalistiche, con una conseguente restrizione alla libertà di espressione. Sebbene non venga messo in dubbio il fatto che ci sia un reale bisogno di contrastare in modo efficiente la disinformazione e lottare contro le fake news e la propaganda filorussa, galoppante in un paese in guerra, è necessario farlo senza imporre restrizioni inaccettabili in un paese democratico.

Le prime critiche espresse ai cambiamenti proposti, sia da parte dei media stessi che dall’opposizione del governo di Volodymyr Zelensky, sono profondamente negative, tanto che il progetto di legge sulla disinformazione viene paragonato alle “leggi dittatoriali” del 16 gennaio 2014 volute dall’ex-presidente Viktor Janukovič. Viktorija Sjumar, ex-giornalista e deputata parlamentare del partito Evropejs’ka Solidarnist’ di Petro Porošenko è convinta che questo disegno di legge si riveli uno strumento ideale per la censura e concorda con le idee del collega Mykola Knjažyc’ky. Il deputato ritiene che questa legge sospinga il paese in un regime totalitario e osserva come alcune delle norme contenute nel nuovo documento siano state prese in prestito dalla Russia (come il tentativo di assumere il controllo dei social network) e dalla Cina (l’introduzione dell’”indice di fiducia”). Aggiunge anche che “è vergognoso imporre una responsabilità penale per la diffusione di informazioni false. Ricordo che tutti si rallegravano quando veniva abolita la responsabilità penale per diffamazione. È noto che in epoca sovietica in molti finirono nei campi di lavoro sulla base di questo articolo”. Con una punta di sarcasmo, il politologo Kirill Sazonov commenta: “Orwell non è stato all’altezza di un tale piano per ricreare la sua realtà nel ministero della Verità”.

L’Unione nazionale dei giornalisti dell’Ucraina (NUJU) sembra essere dello stesso avviso e avverte che la legge legalizzerebbe l’interferenza statale nella professione giornalistica e limiterebbe i diritti dei lavoratori dei media: “L’EFJ respinge fermamente qualsiasi proposta in cui lo stato vada a regolare l’attività giornalistica e imponga restrizioni ai giornalisti”, ha reagito Ricardo Gutiérrez, segretario generale della Federazione europea dei giornalisti (EFJ). Anche la missione di monitoraggio delle Nazioni Unite si è indignata di fronte alle autorità ucraine, in quanto il nuovo disegno di legge non soddisfa minimamente gli standard internazionali sui diritti umani ed è una minaccia che potrebbe portare all’autocensura e, nei casi più gravi, alla persecuzione dei giornalisti “per aver fatto il loro lavoro”.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky appoggia, invece, il progetto di Borodyansky. Sebbene il capo di stato si ritenga un liberale nei confronti della televisione e del giornalismo (la sua ex-professione ne è in qualche modo legata) e non abbia alcun desiderio di interferire con l’onesto lavoro dei giornalisti, egli ritiene necessario stanziare dei fondi statali per combattere la disinformazione, “un problema che contribuisce alla scissione del paese”.

La disinformazione è sicuramente un problema comune, soprattutto in un paese in guerra, e la legislazione sui media in Ucraina, che risale agli anni ’90, ha bisogno di un aggiornamento. Ma questo progetto di legge sembra avere un’altra ragion d’essere, lontana dal rispettare qualsiasi tipo di libertà.

Fonte: BalcaniCaucaso


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